Giugno 2010

il deficit dell’italia

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Flessibilità
e nuovi business

Gary Becker

Premio Nobel per l’Economia
 
 

Sono anni che combatto l’idea che aumentando le tasse si possano risolvere i problemi.
Semmai, crescono e si complicano quelli futuri.

 

 

Il governo italiano subordina un calo futuro delle tasse alla ripresa economica. Ma gli indicatori del Paese ristagnano, e parecchi economisti prevedono che la Penisola uscirà abbastanza più lentamente dalla crisi. Io sono un monetarista liberista che le tasse non le ha mai amate: né quelle sulle persone né quelle sulle imprese. E coerentemente osteggio anche le rivincite fiscali, al modo di quelle sulle banche americane, tentate dal presidente Obama.
L’Italia crescerà, ma vischiosamente, soprattutto perché è penalizzata dalla sua rigidità. Nel 2010 prevedo che il Prodotto interno lordo mondiale salirà del 4,6 per cento, quello americano del 3,1 per cento; l’Europa registrerà una crescita del 2 per cento, mentre l’Italia ne segnerà una, nella migliore delle ipotesi, dell’1,8 per cento.
Il fattore-chiave è la flessibilità del mondo del lavoro e dell’impresa, per incoraggiare le ripartenze e i nuovi business. In Italia, come in Francia, c’è poca flessibilità, e di conseguenza le nuove iniziative fanno una gran fatica a sorgere. Si pensi a Microsoft, a Google, a Wal-Mart e agli altri numerosi colossi statunitensi, che soltanto fino a qualche anno fa neppure esistevano. Mi si citi, adesso, anche un solo marchio globale nato di recente all’ombra delle Alpi! Quella italiana è un’economia che sta di giorno in giorno invecchiando.
Per quanto riguarda l’evoluzione dell’economia planetaria, quest’anno vedrà una decente ripresa, ma è escluso che possa essere così rapida e spettacolare come ci si poteva aspettare dopo diciotto mesi di frenata. Sono più ottimista sul lungo periodo, ma vedremo molti cambiamenti, anche o soprattutto perché l’asse dell’economia si sposterà in modo sempre più evidente in direzione dell’Asia.
Ma torniamo al discorso iniziale, alla mia idiosincrasia nei confronti delle tasse. Sono anni che combatto l’idea che aumentando le tasse si possano risolvere i problemi. Semmai, crescono e si complicano quelli futuri. In altre parole: non credo che sia il momento giusto per tassare le banche, mettendo a rischio la ripresa del settore finanziario americano. Cioè proprio quello che ha fatto esplodere la crisi, ma anche quello che è stato più rapido a rimettersi in piedi: oggi banche come Goldman Sachs, Morgan Stanley e Jp Morgan sono tornate a ottimi profitti e fanno da volano all’economia.
È vero, non si può ignorare che il settore ha ricevuto 225 miliardi di dollari di aiuti pubblici. Negli ultimi anni ci sono stati eccessi, soprattutto nel trading delle banche. Molto probabilmente allo stato attuale servono più regole in materia, ma non avrebbe alcun senso vietare il trading, come qualcuno ipotizza. Si tratta di una forma di circolazione dei capitali molto importante per il finanziamento dei mercati. Senza il trading, diminuirebbe sensibilmente la capacità di fornire crediti e capitali alle aziende. Sia americane che di qualsiasi altro Paese del mondo.

   
   
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