Settembre 2009

LETTERATURA DELLA RECESSIONE

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I settecento giorni
che sconvolsero il mondo

George Mahler

 
 
 

In libreria,
accanto ai saggi sulla crisi,
spuntano i primi romanzi che
raccontano lo
sbalordimento
di un Paese che
si sente derubato del proprio futuro.

 

 

La crisi che continua a devastare, sia pure con minore intensità, l’economia mondiale deflagra il 9 agosto 2007, quando a Francoforte la Banca centrale europea inietta improvvisamente 100 miliardi di euro nei mercati per evitare una crisi di liquidità e un fulmineo prosciugamento del credito. Gli istituti dell’Unione europea, infatti, sono sull’orlo di una crisi di nervi: il collasso di due hedge fund americani incorporati nella banca Bear Stearns, che sembrava essere stato contenuto dalle autorità statunitensi, sparge invece le sue onde d’urto sull’altra sponda dell’Atlantico.
Scricchiolano gloriose istituzioni finanziarie in Germania, in Olanda, in Lussemburgo. Ma l’8 agosto è la francese Bnp Paribas la prima banca a rischiare il crac per il buco di 2,2 miliardi di dollari che emerge nei suoi fondi obbligazionari, fortemente esposti sul mercato americano dei mutui subprime. Quella della Banca europea è una ciambella di salvataggio che l’Istituto, subito imitato negli Stati Uniti dalla Federal Reserve, getta ai mercati creditizi. Ma l’effetto è quello di portare in superficie il panico che già si era diffuso tra i capi di molte banche. L’onda monta rapidamente, costringendo le Banche centrali a una serie infinita di interventi d’emergenza: gigantesche immissioni di liquidità e ripetute riduzioni dei tassi di interesse che in America arrivano, alla fine, a quota zero.
Neanche questo è sufficiente ad evitare il crollo del castello di carta costruito da una finanza che nel corso degli ultimi anni si era abituata a moltiplicare senza fine esposizione finanziaria e rischi. E che, riempiendosi di titoli derivati basati su obbligazioni immobiliari, aveva scommesso su un mercato della casa in perenne crescita.

Passa qualche mese, nel corso del quale la Borsa di Wall Street trova anche il modo di recuperare e segnare il record assoluto (14.164 punti dell’Indice Dow Jones il 9 ottobre 2007), ma poi il crollo finale di Bear Stearns nel marzo 2008, e successivamente lo tsunami finanziario seguito, a settembre, al fallimento di Lehman Brothers, gettano il mondo nel caos finanziario.
La crisi esplode in Europa, ma nasce in America: è qui che all’inizio di questo decennio – l’era del “denaro facile” inaugurata dalla Federal Reserve per far crescere l’economia statunitense – il volume dei prestiti alle famiglie, dei mutui-casa e dell’esposizione delle banche crescono tutti rapidamente e simultaneamente.
I mutui subprime, quelli concessi a famiglie non in grado di fornire adeguate garanzie finanziarie e, spesso, con redditi da lavoro precari, raddoppiano, passando in pochi anni dal 10 al 21 per cento del totale: a marzo 2007 i prestiti di questo tipo in essere sono ben 7 milioni, per un importo complessivo di 1.300 miliardi di dollari, pari al 10 per cento del reddito nazionale americano.
Ma intanto, con i tassi che hanno ricominciato a crescere e i prezzi degli immobili che per la prima volta calano, chi ha scommesso sulla finanza derivata basata su “pacchetti” di mutui soffre: nel febbraio 2007 il gruppo bancario multinazionale Hsbc è costretto a cancellare dai suoi bilanci 10 miliardi e mezzo di dollari in titoli basati sui mutui subprime. A giugno fallisce il gigante dei mutui American Home Mortgage: è il primo di una lunga serie.

Licenziati.
Impiegati lasciano la sede della Lehman Brothers dopo il tracollo in Borsa di un anno fa. Al Congresso si parlò di “armageddon”, mentre Bernanke definì
un’autentica tragedia il collasso catastrofico della finanza mondiale. - Archivio BPP

Licenziati. Impiegati lasciano la sede della Lehman Brothers dopo il tracollo in Borsa di un anno fa. Al Congresso si parlò di “armageddon”, mentre Bernanke definì un’autentica tragedia il collasso catastrofico della finanza mondiale. - Archivio BPP

Gli Stati Uniti stanno entrando in una tempesta che, dalla metà del 2007 fino alla fine del 2008, spazzerà via oltre un quarto del patrimonio degli americani. Una distruzione di ricchezza senza precedenti nella storia dell’umanità, trasformatasi ben presto in un fenomeno globale e che, secondo le stime del Fondo monetario internazionale, ha costretto i governi di tutto il mondo ad attivare interventi di salvataggio, oppure volti ad attutire gli effetti della crisi per un volume complessivo di 10.000 miliardi di dollari.
A fine giugno 2009, le perdite accumulate dalle sole banche e finanziarie occidentali venivano calcolate dal Fondo monetario in oltre 4 trilioni di dollari: 2.700 miliardi negli Stati Uniti, 1.200 in Europa, 150 in Giappone.
Ma all’inizio della crisi, la Federal Reserve non si era mostrata più allarmata di tanto, tardando a intervenire sul costo del denaro. Il 3 agosto 2007 Jim Cramer – commentatore di Borsa della Cnbc dallo stile “scamiciato” e sempre sopra le righe, che è però un ex trader molto competente – aggredisce Bernanke: «Sul mercato del reddito fisso sta scoppiando l’Apocalisse. Che cosa aspetta la Federal Reserve a intervenire?». Il capo della Banca centrale americana tace, ma pochi giorni dopo è costretto a cominciare a correre. Sono trascorsi due anni, e non si è ancora fermato.

L’economia? È la “scienza triste”. Questo eravamo abituati a sentir dire, quando si trattava l’argomento. Come se scienze economiche e scienze umanistiche si escludessero reciprocamente, senza possibilità di essere mai orchestrate. Ma è proprio così?
«Ho scoperto la letteratura della recessione quando, all’improvviso, la mia buca della posta si è riempita di manoscritti: storie della crisi e degli eccessi finanziari che l’hanno preceduta». Jonathan Franzen, autore de Le correzioni, si dice colpito dalla preveggenza di alcuni suoi giovani colleghi. «Un romanzo richiede anni di lavoro e il crollo della finanza è, tutto sommato, un fenomeno recente. Eppure in autunno Adam Haslett pubblica Union Atlantic, uno straordinario racconto costruito attorno alla corsa verso il disastro di una banca del Massachusetts. È un testo bellissimo, che ho divorato. Adam ha cominciato a lavorarci sei anni fa. Anche Jonathan Dee, che sta per pubblicare The Privileges, un racconto basato sugli eccessi della finanza di Wall Street, lavora su questo filone da sei anni. Nella loro solitudine, questi romanzieri hanno visto più lontano di economisti ed esperti di finanza. O, forse, hanno semplicemente parlato più liberamente. Oggi descrivono la corruzione morale alla base del boom finanziario; è importante che rimanga la testimonianza artistica di un’era in cui troppi hanno scelto di divorziare dalla realtà».
Le sofferenze dell’America sprofondata nella Grande Depressione furono raccontate, alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, da una nuova generazione di scrittori. Soprattutto lo Steinbeck di Furore e Uomini e topi, romanzi che gli valsero il Nobel. Gli eccessi finanziari degli anni Ottanta rimangono incorniciati nel Falò delle vanità di Tom Wolfe e furono portati sullo schermo da Oliver Stone con Wall Street.
Ora, ventidue anni dopo, Michael Douglas si rimette nei panni dell’avido finanziere Gordon Gekko in Money Never Sleeps. E in libreria, accanto ai saggi sulla crisi e a racconti come The ex-Mrs Hedgefund di Jill Kargman, una storia di mogli di finanzieri andati in rovina col sapore della soap opera, spuntano i primi romanzi che raccontano lo sbalordimento di un Paese che si sente derubato del suo futuro.
Philip Meyer, che ha ambientato American Rust in una città siderurgica della Pennsylvania ormai zeppa di ruggine e di disperazione, ha avuto dall’editore un anticipo di circa mezzo milione di dollari: un record, per un esordiente. Il romanzo è stato già acquistato da editori di quindici Paesi. E Michael Connolly, che ha immerso The Scarecrow, il romanzo noir che ha pubblicato qualche mese fa, nella crisi dell’industria della carta stampata, è stato costretto a recuperare il suo manoscritto quando era già in tipografia della Little Brown: il giornale in difficoltà che fa da sfondo a una parte della storia, il Rocky Mountain News, aveva infatti cessato di esistere. È uno di quei casi in cui la realtà supera la fantasia: Connolly ha frettolosamente trasferito il suo protagonista dal giornale di Denver al Los Angeles Times.
Il disastro del mercato immobiliare e l’odissea dei mutui sono arrivati in libreria con Rocket Man, di William Elliot Hazelgrove, storia di un uomo che cerca di salvare casa e famiglia dalla recessione.
Molto probabilmente questi libri sono soltanto un’avanguardia: «Stiamo esaminando parecchi progetti che riflettono la grave crisi economica e sociale attraversata dall’America», conferma Jonathan Galassi, celebre editor della Farrar, Straus and Giroux. Che tuttavia non entra in dettagli: «La costruzione di un romanzo matura in tempi lunghi, viviamo in un’era in cui le ondate si susseguono».
Per Tom Wolfe il romanzo a sfondo sociale è sparito di scena da troppo tempo, l’America non può più permettersi di ignorare quel che le sta capitando; mentre Morris Dickstein, docente della City University di New York, e autore di una storia culturale della Grande Depressione, è convinto che, come negli anni Trenta, anche questa volta toccherà agli scrittori raccontare le storie della “recession generation”: i giovani che stanno crescendo in un mondo caratterizzato da un’improvvisa frugalità in cui tutto – dai livelli di benessere ai modelli di consumo, al mercato del lavoro – cambia sotto i loro occhi.
Ma ci sarà un nuovo Steinbeck? «Io ancora non lo vedo», confessa Nan Talese, moglie dello scrittore Gay, e dirigente della casa editrice Doubleday. Non è comunque convinta che la recessione segnerà la letteratura americana nei prossimi anni. Per via della crisi, ma anche di altre minacce che gravano sul futuro: «Abbiamo pubblicato di recente The Year of the Flood, il nuovo romanzo di Margaret Atwood sul collasso dell’ambiente».
Ma, a sorpresa, c’è un altro autore rilanciato dalla recessione: Ayn Rand, la scrittrice anarco-capitalista, scomparsa nel 1982, la cui ideologia iperliberista ha influenzato personaggi come l’ex capo della Federal Reserve, Alan Greenspan, spingendoli ad avere una fiducia cieca nel mercato. I salvataggi di banche e industrie, il neostatalismo, alimentano le nostalgie dei mercatisti: le vendite della Rivolta di Atlante – il romanzo dell’individualismo radicale, un inno al laissez faire economico pubblicato dalla Rand negli anni Cinquanta – sono in forte crescita. Conferma Nan Talese: «Stiamo per pubblicare una biografia della Rand, scritta da Anne Heller».
Ma per Franzen nella nuova America devastata dalla crisi quella degli iperliberisti resterà una voce flebile: «Non so se avremo un altro Steinbeck: lui raccontava sofferenze di cui la gente, allora, sapeva poco. Oggi vediamo tutto in tempo reale. Questa volta avrà più peso il cinema. Il romanzo sociale dovrà scegliere angolature diverse. Ma la letteratura farà la sua parte, a cominciare proprio dal viaggio nella mente di questi pacati uomini di finanza che ci hanno portato al disastro». Altro che “scienza triste”. È scienza che informa di sé, oltre alla storia, anche l’arte dello scrivere!

Cronologia

9 agosto 2007. Il gruppo Bnp Paribas congela tre fondi: non è più possibile valorizzarli. In risposta, la Bce immette circa 100 miliardi di euro sul mercato.

14 settembre 2007. È il momento delle file agli sportelli: i clienti della Northern Rock, quinto istituto creditizio inglese, specializzato in mutui immobiliari, chiedono di estinguere i depositi. Il governo britannico promette di garantirli tutti.

16-17 marzo 2008. Dalla Gran Bretagna la crisi torna a farsi sentire in modo pesante negli Stati Uniti. Jp Morgan acquista Bear Stearns, che fino al 2005 vantava utili regolarmente superiori al miliardo di dollari, pagando ogni azione 2 dollari.

15 settembre 2008. È il D-day: fallisce Lehman Brothers, la Merrill Lynch è rilevata da Bank of America. Aig sarà nazionalizzata il giorno seguente. In precedenza erano stati nazionalizzati Fannie Mae e Freddie Mac.

6 ottobre 2008. Lunedì nero per tutte quante le Borse: Milano (Ftse Mib) -8,24%; Parigi (Cac 40) -9,04%; Londra (Ftse 100) -7,85%; Francoforte (Dax 30) -7,07%. È l’inizio di una settimana di crolli che travolgono i principali listini.

8 ottobre 2008. Sei Banche centrali riducono insieme il costo del denaro di mezzo punto: sono Banca centrale europea, Federal Reserve, Banca d’Inghilterra, Banca centrale svizzera, Riksbank svedese e Banca centrale canadese.

12 ottobre 2008. I Paesi dell’Eurogruppo trovano l’accordo sulla ricapitalizzazione delle banche in difficoltà.

9 marzo 2009. È il momento più buio dei mercati finanziari: gli indici toccano i minimi dagli anni Novanta. Dal giorno seguente inizia però un rimbalzo che fa salire, fino ad oggi, il Dow Jones di oltre il 40%.

31 luglio 2009. Dal credito all’immobiliare, pervengono alcuni segnali di ripresa. Il presidente americano Barack Obama commenta: «L’economia sta andando nella direzione giusta».

30 settembre 2009. Gli Istituti economici e finanziari internazionali vedono una luce in fondo al tunnel. La storia continua...

   
   
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