Marzo 2009

RICORDANDO IL 1959

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L’Italia del boom

Bartolomeo De Santis

 

 
 

L’Italia del miracolo era fatta di operai che si costruivano la casa con le proprie mani, e si compravano anche la Seicento o la Cinquecento firmando cambiali.

 

Correva l’Anno Uno (sui cinque complessivi) del Grande Balzo italiano. Un anno che si era aperto con l’occupazione dell’Avana da parte delle truppe di Fidel Castro, il 2 gennaio; ed era proseguito con la convocazione del Concilio Vaticano II da parte di Papa Giovanni, il 25 dello stesso mese. Altri avvenimenti avevano arricchito le cronache del pianeta: il 29 marzo era uscito il film di Billy Wilder “A qualcuno piace caldo”, con la splendida Marilyn Monroe; il 2 giugno Charly Gaul vinceva il Giro d’Italia; il 21 agosto le Isole Hawaii diventavano il 50° Stato degli Usa; il 13 settembre la sonda sovietica Lunik 2 era il primo oggetto volante a raggiungere il nostro satellite; due giorni dopo il presidente sovietico Nikita Kruscev compiva la prima visita negli Stati Uniti; il 21 ottobre a New York si inaugurava il Solomon R. Guggenheim Museum; il 29 dello stesso mese nasceva sulla rivista francese Pilote il fumetto“Asterix il gallo”, il 10 dicembre, a Salvatore Quasimodo veniva assegnato il Nobel per la Letteratura.

Milano.Una Seicento Saloon del 1958. - Archivio BPP
Milano.Una Seicento Saloon del 1958. - Archivio BPP


Era il 1959. Esattamente cinquant’anni fa, quando in Italia esplose il “boom”. Il quotidiano inglese Daily Mail pubblicò una corrispondenza da Roma in cui registrava con sorpresa la crescita e i successi dell’economia italiana: «Il livello di efficienza e di prosperità del potenziale produttivo dell’Italia – si leggeva nell’articolo – costituisce uno dei miracoli economici del Continente europeo».
Era il 25 maggio, e veniva in questo modo ufficialmente sancita e simbolicamente proclamata una svolta nella storia del nostro Paese: dopo la fase della ricostruzione postbellica (1946-1948) e il decennio dell’accumulazione di capitale (1948-1958), gli italiani conoscevano il benessere e il consumismo, la forza delle esportazioni, il fiorire della piccola impresa, le trasmigrazioni dal Sud verso il Nord, approdando al neo-capitalismo. Si trattava appunto del boom, dal lessico inglese della Borsa, detto anche più familiarmente “miracolo economico”. Perché in un Paese stremato dalla Seconda guerra mondiale facevano ritorno modernità e ricchezza. Durò fino al 1963.
La svolta veniva percepita e commentata anche su tutta la stampa italiana, in concomitanza con la favorevole Relazione annuale del Governatore Domenico Menichella
all’assemblea della Banca d’Italia, e di un piano di Vittorio Valletta, numero uno della Fiat, per la formazione nelle aree del Sud di operai specializzati da inserire nelle fabbriche del Nord. «Di anno in anno migliora il tenore di vita dei cittadini – scriveva Nicola Adelfi, di origini pugliesi, in un articolo di fondo sulla Stampa del 2 giugno – e ci lamentiamo di cose che neppure si sognavano tredici anni fa». E ancora: «La maggioranza dei cittadini ha il necessario, anche l’utile e talvolta perfino il superfluo». L’Espresso parlerà in seguito di “grande balzo in avanti”, grazie al consolidamento di potenti gruppi: Fiat, Eni, Olivetti, Pirelli, Falck, Italsider, Snia, Montecatini, Edison, Borletti. Cifre impressionanti: dal 1955 al 1958 il reddito nazionale era aumentato in media del 7,5 per cento all’anno, l’industria privata marciava al ritmo del 6,8 per cento, i titoli di Stato rendevano attorno al 5,5 per cento.

Alcune cartoline
commemorative della Vespa, un altro simbolo dell’italian style e del boom economico degli anni Sessanta
Alcune cartoline commemorative della Vespa, un altro simbolo dell’italian style e del boom economico degli anni Sessanta


Ma ciò che più contava, il vero significato del boom, anche a confronto con le drammatiche ristrettezze della crisi di questi nostri giorni, era la ricaduta sui consumi privati: nel quadriennio del “miracolo”, vale a dire dal 1959 al 1963, le famiglie in possesso di un frigorifero passarono dal 13 al 55 per cento, quelle provviste di apparecchi televisivi dal 12 al 49 per cento, con il leader marxista Giorgio Amendola che non mancava di gridare ai quattro venti: «Noi non ci faremo incantare dalla civiltà dei frigoriferi e dei televisori».
L’Italia del miracolo era fatta di operai che si costruivano la casa con le proprie mani, ma che si compravano anche la Seicento o la Cinquecento firmando cambiali, diventando protagonisti di un’esplosiva motorizzazione. Fatta la scelta di fondo (costruire l’Autostrada del Sole, trascurando l’ammodernamento dei trasporti ferroviario e marittimo), si triplicò il numero di automobili in circolazione: da 1.392.525 nel 1958, si passò a 3.912.597 nel 1963. Per auto, in rapporto al numero di abitanti, si passò perciò da una ogni 24 italiani a una ogni 11 italiani. E girava più denaro, con aumenti dei salari nel periodo 1959-1963 che sfioravano il 5-6 per cento.
Le dinamiche economiche spinsero processi culturali destinati a diventare la vera faccia del boom. Luciano Bianciardi, l’aguzzo scrittore della Vita agra, bersagliò sul quotidiano socialista l’Avanti! «l’epidemia del sabato» che contagiava le donne milanesi, manifestandosi con «il tic del borsellino», cioè con la mania di comprare di tutto, svuotando i negozi e i supermercati. Giancarlo Fusco, altro giornalista e scrittore satirico, raccontava a suo modo,nella colonna che firmava sul Giorno, il Festival di Sanremo, con Modugno da una parte e gli “urlatori” dall’altra, visto da un bar della semi-periferia milanese. Gadda si confessava frastornato dai cambiamenti:«Scrivere, camminare, viaggiare, ciarlare per necessità e avere gli inevitabili rapporti umani con la folla di questo ineffabile manicomio - festival che è l’Italia e un po’ tutto il mondo, mi riesce penoso: e a momenti impossibile». Dopo aver descritto le premesse del boom nella Speculazione edilizia, nel 1959 Italo Calvino dava alle stampe Il cavaliere inesistente, terzo titolo della trilogia degli antenati, critica iperletteraria del ruolo degli intellettuali nella società di massa prodotta dal boom.
Le icone della svolta storica attraversavano ogni campo. Innanzitutto Salvatore Quasimodo ed Emilio Segré, Nobel 1959 per la Letteratura e per la Fisica; poi il Premio Strega al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, che raccontava proprio il sorgere di una nuova classe sociale: poi ancora l’elaboratore elettronico Elea 9003, disegnato da Sottsass per gli stabilimenti Olivetti; mentre in ambito Euratom, a Ispra, cominciavano i lavori del primo reattore italiano: tutte immagini del prestigio internazionale della nostra cultura.
Ma fu un’icona del boom anche Adriano Celentano, che dopo gli inizi in sordina con Ciao ti dirò (1957), ancora sulla scia di Elvis Presley, esplose al Festival rock di Ancona e dominò le classifiche con “Il tuo bacio è come un rock”. Né si può dimenticare che il 1959 fu anche l’anno della mitica “Canzonissima” condotta dall’insuperabile terzetto Manfredi-Scala-Panelli; l’anno del primo“Zecchino d’oro”, il festival canoro per bambini inventato da Cino Tortorella (il Mago Zurlì); l’anno del 45 giri, che segnò l’esordio della stralunata coppia Giorgio Gaber-Enzo Jannacci…

“Dammi una vespa
e ti porto...”, in un paesino del Capo di Leuca - Rosa Pugliese
Dammi una vespa e ti porto...”, in un paesino del Capo di Leuca - Rosa Pugliese

Poi, nel 1963, i cancelli dell’Eden si chiusero sonoramente sul tramonto di un sogno: anche qui una data emblematica, quella del 31 maggio, quando Guido Carli, nuovo Governatore della Banca d’Italia, nella Relazione annuale sostenne la necessità di mettere un freno alla spesa pubblica, di limitare il credito e di contenere i salari. Era tornata l’Italia di sempre. Quella che aveva preso l’Oscar per la stabilità della lira passava la mano a quella nella quale Vittorio De Sica metteva su un film che si intitolava, sì, “Il boom”, ma che – per la legge di un drammatico contrappasso – vedeva protagonista un Alberto Sordi costretto a vendersi un occhio.

   
   
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