Marzo 2009

ORIGINI DELLA FINANZA

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Gli sciamani del denaro

Mabel

 

 
 

Ad Amsterdam nacque la prima Spa in senso moderno, e olandese è anche il poco invidiabile primo crack finanziario della storia, provocato dalla bolla dei tulipani.

 

Borse che bruciano centinaia di miliardi di euro, che sprofondano nel giro di poche ore, che trascinano nel baratro banche e privati cittadini… Che cosa è accaduto: un terremoto,
uno tsunami, un altro diluvio universale? Niente di tutto questo, ma qualcosa di altrettanto grave che ha toccato nel vivo portafogli e finanze di molte persone più o meno in tutti i Paesi del mondo. Per comprendere le origini di questo gigantesco crack dobbiamo fare qualche passo indietro, e prima di tutto cercare di capire che cos’è la finanza e qual è il suo ruolo nell’economia. Secondo una definizione universalmente accettata, la finanza è la disciplina che studia i processi con cui individui, imprese, banche, istituzioni pubbliche, organizzazioni e Stati gestiscono i flussi monetari nel tempo (per esempio mutui, prestiti, investimenti), con l’obiettivo di ottenere dalla loro raccolta e impiego la massima soddisfazione possibile. Ma quando è nata la finanza? Secondo lo storico francese Fernand Braudel, al Cairo, nell’XI secolo, i mercanti ebrei e musulmani conoscevano già moltissimi strumenti di pagamento e di credito, come l’acquisto anticipato dei raccolti, e usavano diverse forme di accordi commerciali in molti aspetti simili ai moderni patti societari: «Ma la culla della finanza moderna è sicuramente l’Italia», sostiene Giuseppe De Luca, docente all’Università di Milano. «I titoli di credito (cioè i documenti che certificano il diritto a riscuotere denaro da qualcuno) come la lettera di cambio e la cambiale tratta e i titoli di debito pubblico nacquero a Genova nel XII secolo, e nel giro di pochissimo tempo i mercanti iniziarono a utilizzarli come fonti di finanziamento».
La cambiale tratta, in particolare, (un ordine di pagamento mediante il quale un soggetto, il traente, ordina a un altro, il trattario, di pagare la somma di denaro indicata a un altro soggetto, il beneficiario) svolgeva una funzione finanziaria, perché permetteva di ottenere un guadagno sfruttando le differenze di cambio tra piazze diverse, aggirando in questo modo il divieto posto dalla Chiesa di prestare denaro a usura.
Negli stessi anni, in Francia apparvero i “courtier de change”: personaggi potenti, che gestivano, al posto delle banche, i debiti delle comunità agricole e ne facevano commercio: possono essere considerati i primi agenti di cambio della storia. Proprio in quel periodo nella cittadina belga di Bruges i mercanti si davano appuntamento per concludere compravendite di titoli di credito. Nella piazza di Bruges c’era un palazzo che sulla facciata aveva tre borse, simbolo della famiglia Van der Borse, che lo abitava. I mercanti si incontravano quindi “à la Borse”, il primo mercato mobiliare (trattava cioè investimenti in attività diverse dai beni immobili: case, terreni, ecc.) organizzato dalla storia, che deve il suo nome proprio a quello della casata belga. Coloro i quali acquistavano offrivano denaro, mentre quelli che vendevano davano in cambio una lettera, vale a dire il titolo di credito cartaceo. Nelle moderne contrattazioni finanziarie i termini “denaro” e “lettera”, in inglese bid e ask, sono ancora oggi utilizzati e indicano rispettivamente quello che si è disposti a pagare per comprare un titolo, e ciò che il venditore chiede per cederlo. Domanda e offerta, insomma, che come già aveva teorizzato Esopo nel VI secolo prima di Cristo sono
alla base dello scambio e della formazione dei prezzi.
L’idea della Borsa si diffuse rapidamente nelle Fiandre, e altri luoghi di scambio simili aprirono nel giro di poco tempo anche a Ghent e ad Amsterdam.

Archivio BPP
Archivio BPP

Gli operatori della Borsa ben presto capirono che, con qualche discreto accorgimento, o con qualche trucco, era possibile guadagnare cifre elevate in poco tempo: bastava trovare un modo per influenzare le aspettative di chi doveva vendere o comprare. Nel XIII secolo i banchieri veneziani iniziarono a commerciare in titoli emessi dallo Stato (quelli che oggi sono, per esempio, i Bot), e nel 1351 il governo della città lagunare promulgò la prima legge anti-aggiotaggio della storia: era infatti proibita la messa in circolazione di voci che avessero l’obiettivo di fare scendere o salire i prezzi dei titoli di Stato.
Il mercato dei titoli di credito assunse dimensioni considerevoli in tempi brevi: tra il 1596 e il 1610 le Fiere dei Cambi di Bisenzone (Piacenza), eventi stagionali organizzati dai cambiavalute genovesi dedicati solo alla compravendita di cambiali, avevano un giro d’affari equivalente alle entrate annuali di Spagna, Francia, Inghilterra e Italia insieme. Ad Amsterdam, nel 1602, nacque la Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Fu la prima Società per Azioni in senso moderno: un gruppo di azionisti investiva denaro in un’impresa, partecipando direttamente a utili e perdite. La Borsa di Amsterdam fu la prima a funzionare in modo continuativo fin dall’inizio del XVII secolo, e gli olandesi furono i primi a introdurre concetti finanziari avanzati, come la vendita allo scoperto, ossia la vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto, le opzioni, cioè il diritto di vendere o acquistare un titolo in un certo momento, a un prezzo fissato in anticipo, e lo scambio di crediti, del tutto simile ai moderni swap (accordo tra due parti che, a date certe, si scambiano valute o tassi di interesse calcolati con criteri prestabiliti).
E olandese è anche il poco invidiabile primo crack finanziario della storia, provocato dalla “bolla dei tulipani”. A metà del XVII secolo la domanda di questi fiori raggiunse livelli altissimi, che fecero salire a dismisura i prezzi dei bulbi. Un tulipano raro poteva costare 100 mila fiorini (per fare un paragone,“otto maiali grassi” erano venduti per 240 fiorini). Nelle Borse del Paese si scambiavano non soltanto i bulbi, ma anche l’intenzione di piantarne: in pratica, contratti futures sul tulipano (quelli in cui le parti si impegnano a scambiarsi uno strumento quotato a prezzo e scadenza prefissati) che modificavano il loro valore a seconda di quanto si pensava sarebbe cambiato in futuro il prezzo dei fiori. I mercanti si accollavano il rischio di acquistare, a un certo prezzo, tulipani che sarebbero nati di lì a qualche mese. Se il prezzo dei tulipani fosse cresciuto, avrebbero guadagnato, ma... così non fu, e nel 1637 la bolla scoppiò. Si diffuse il timore che quel livello dei prezzi non sarebbe durato e diversi operatori cominciarono a vendere, anche per monetizzare il loro investimento. Molti mercanti si trovarono in mano contratti per acquistare bulbi a prezzi molto più alti di quelli correnti, e altri si trovarono con migliaia di piante pagate dieci volte di più rispetto al valore di mercato. Fu un disastro: le conseguenze si fecero sentire anche in Inghilterra e in Francia.
Nei secoli seguenti, i commerci si sono intensificati, sono nati nuovi strumenti finanziari, sempre più complessi, come i famigerati “derivati”, (titoli basati sul valore di mercato di altri beni), e nuove Borse hanno aperto nel mondo. I mercati finanziari sono oggi la principale fonte di finanziamento delle imprese che vendono e comprano azioni, obbligazioni, futures e altri strumenti finanziari, ottenendo in cambio il denaro per crescere. Gli andamenti dei mercati sono divenuti così un indice significativo dello stato di salute di una nazione, e i prezzi delle azioni influiscono sui consumi.

Regolamentazione statale o libero mercato? Scuole a confronto
La Scuola Neoclassica - Tra il 1871 e il 1874, si pubblicano le opere dei teorici della Scuola neoclassica”: William Stanley Jevons, Carl Menger e Léon Walras. I neoclassici minimizzano l’intervento dello Stato in economia. I prezzi che si formano nei mercati sono i segnali che inducono i produttori a indirizzare le proprie risorse alla produzione di un bene piuttosto che di un altro.

Un banchiere tedesco,da Cesare Vecellio, “Degli abiti antichi e moderni di diverse parti del mondo”, 1590
Un banchiere tedesco,da Cesare Vecellio, “Degli abiti antichi e moderni di diverse parti del mondo”, 1590

“L’ottima allocazione delle risorse” è garantita dal meccanismo della concorrenza: domanda e offerta si incontrano determinando il prezzo ottimale per ogni bene. I Keynesiani - In contrasto con quella neoclassica è la visione di John Maynard Keynes (1883-1946), che nella sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, sostiene la necessità dell’intervento dei governi, ad esempio con investimenti per grandi opere, nei periodi di disoccupazione, poiché il mercato, da solo, non può garantire l’allocazione ottimale delle risorse. La teoria del Monetarismo - Associata principalmente all’opera di Milton Friedman (1912-2006), si oppone alle teorie keynesiane e mette di nuovo il mercato al centro dell’economia. Sostiene che l’inflazione può essere controllata dal Governo e dalla Banca Centrale, il cui compito deve essere soltanto quello di mantenere la moneta in circolazione al suo livello di equilibrio. La Federal Reserve (Banca Centrale Usa) e la Banca Centrale Europea basano le proprie politiche su precetti monetaristi, dichiarando come esclusivo obiettivo la stabilità dei prezzi attraverso la regolazione dell’offerta di denaro. Il Liberismo - È una teoria economica e politica che prevede la libera iniziativa e il libero commercio, grazie all’abolizione di ogni dazio. Lo Stato deve al massimo garantire le infrastrutture (ferrovie, strade, energia) necessarie allo sviluppo. È considerato da molti l’applicazione delle idee liberali in ambito economico, sulla base dell’equivalenza: democrazia è uguale a libertà economica, coniata da Friedrich von Hayek (1899-1992). Alcuni associano il liberismo al monetarismo per dare alcune regole all’economia.

 

   
   
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