Giugno 2008

Invito all’opera

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Due secoli
di (Casa) Ricordi
Sergio Bello  
 
 

 

 

 

Le immagini
di quella gita
sarebbero state trasformate poi
in acquerelli
per cartoline,
una linea
di merchandising che stava
prendendo piede.

 

Si deve entrare nell’Accademia di Brera. Qui, la biblioteca Braidense voluta da Maria Teresa è il simbolo dell’antica e gloriosa cultura milanese. Ma allo stesso piano, nell’ala che si affaccia sull’orto botanico, l’archivio Ricordi è l’altra miniera di una storia tutta italiana, quella legata alla musica, e soprattutto al melodramma. Una storia che per l’intero Ottocento e per una parte del Novecento si è identificata con una famiglia, diventata la dinastia delle edizioni musicali: quella dei Ricordi, che furono editori, talent scout, impresari, pubblicitari.

Nella Milano napoleonica che freme di spirito d’iniziativa, (siamo ai primi anni del secolo XIX), Giovanni Ricordi ha già una copisteria. Il Bonaparte avrà saccheggiato musei e raccolte private italiane, portando in Francia un gran numero di opere d’arte, ma in compenso ha anche aperto gli orizzonti d’Oltralpe.
Ricordi sa che Lipsia è la patria delle tecniche di calcografia musicale, va a vedere i macchinari che permettono grandi tirature. E ad imparare. Quando torna, apre una tipografia. Nasce così nel 1808 (tra l’8 e il 16 gennaio, la data è tuttora incerta) la Casa musicale. Prima opera pubblicata, “Le stagioni dell’anno”, per chitarra, di Antonio Nava, datata 18 gennaio. Nel 1814 Giovanni si garantisce un’esclusiva con la Scala per copiare tutti i materiali di canto e d’orchestra. Nel 1825 acquista l’archivio musicale del teatro e si può presentare, fra l’altro, come “Editore delle Opere complete ed originali di Rossini”. Fu lui ad accaparrarsi nel 1839, per 1.600 lire, la prima opera di Verdi, “Oberto conte di san Bonifacio” e l’anno successivo ad intraprendere la battaglia che avrebbe portato al riconoscimento del diritto d’autore.

Ordinatissimi, gli scaffali dell’archivio. Che tuttavia nascondono ancora testimonianze sconosciute della creatività artistica alimentata dal proficuo rapporto dei compositori con questi imprenditori-mecenati. Secondo calcoli appena fatti, ci sono 15 mila lettere autografe di librettisti, musicisti e cantanti; 10 mila bozzetti e figurini; 9 mila libretti e 8 mila fotografie; 105 manifesti originali. C’è persino la radiografia di un osso rotto, quello della gamba che Puccini si fratturò in un incidente d’auto. Il compositore lo mandò a Giulio Ricordi, e anche questo testimonia quanto fosse confidenziale il rapporto tra i due.
Dopo Tito, figlio di Giovanni, appassionato di musica non strettamente operistica, (fondò, sempre a Milano, la Società del Quartetto), Giulio Ricordi, un passato risorgimentale nella Seconda guerra d’Indipendenza, fu il grande tessitore dei rapporti, il protagonista che rese internazionale la società con l’apertura delle sedi di Parigi e di New York, dopo quella di Londra. Tutto ordinatamente documentato. Custodiva una rubrica in cui era segnato ciò che era andato in scena alla Scala sin dalla sua apertura, nel 1778. Alle prime dei suoi spettacoli era solito mettere le notazioni sui libretti: minuti di applausi e numero di chiamate. Non lo fece soltanto per la “Butterfly”, perché quest’opera alla Scala fu un fiasco.

I libri mastri, i copialettere, riportano anno per anno in carta velina le risposte alle missive degli artisti e i pagamenti. Per “Otello” nel 1887 il contratto di Verdi prevede 200 mila lire, più il 40 per cento dei noli e il 50 per cento sulle vendite, oltre alla cessione dei diritti per Francia e Belgio. Verdi era molto preciso e altrettanto guardingo, pretendeva clausole con fortissime penali, 100 mila lire, se non si fossero rispettati in tempi dei pagamenti. Ma Ricordi sapeva come far fruttare le star. In una celebre foto appare con il maestro di Busseto e la sua famiglia durante una visita all’anziano compositore nella casa di campagna di Sant’Agata. Le immagini scattate in quella gita poi sarebbero state trasformate da Metlicovitz in acquerelli per cartoline, una linea di merchandising che stava allora prendendo piede.
Giulio Ricordi chiamava Verdi «il padrone dell’azienda» e sapeva di essere definito «il tiranno di via Omenoni». Un tiranno buono, però, e amato dai dipendenti, (per i quali fondò una società di mutuo soccorso), che nei giorni di maggiore attività raggiunsero le 300 unità. A costoro fu dedicato il discorso del primo centenario della Casa, nel 1908: alcuni vi facevano parte da 52 anni.
Le tavole con i figurini e le piante sceniche rappresentano un piccolo tesoro a sé. Per i costumi del “Trillo del Diavolo” di Falchi, Alfredo Edel alterna disegno e raffinati pezzi di stoffa vera; Ludovico Pogliaghi fa risaltare i gioielli dello sfarzoso “Nerone” di Boito con matita e biacca. Ma la collezione più preziosa è quella delle 42 tavole di Filippo Brunelleschi per la “Turandot”: costumi straordinari che però non si riuscì a realizzare in tempo per la prima scaligera.
La sala delle partiture autografe è un sacrario della musica italiana: si va dai “Puritani” di Bellini al “Prometeo” di Nono, passando per le opere di Rossini, di Verdi, di Donizetti, di Puccini... Tito Secondo fu l’ultimo dei Ricordi a gestire direttamente la Casa. Egli aveva capito che ormai diventava decisiva la qualità dello spettacolo nelle opere che restavano in repertorio, perciò accolse la lezione di Donizetti e di Verdi e diede fondamento alla nascita d’una vera regia d’opera. Si ritirò dopo la Prima guerra mondiale, e da allora furono personaggi fuori dalla famiglia a guidare l’azienda. Fino al 1994, quando la Ricordi entrò a far parte della tedesca Bertelsmann, uno tra i primi gruppi mondiali nel settore editoriale e dell’entertainment.
Si festeggia il bicentenario con una serie di edizioni critiche e di mostre, ultima delle quali sarà una grande esposizione internazionale: in tre anni, fino al 2010, si farà conoscere l’archivio storico a sei capitali del mondo: a Berlino, a Pechino, a San Pietroburgo, a Londra, a New York e a Miami.
E non finisce qui. L’archivio non è soltanto memoria storica, è anche il futuro della Ricordi: presto, infatti, attraverso il web, diventerà una fonte di conoscenza accessibile a tutti, oltre che agli studiosi e ai musicologi. È il nuovo corso, voluto dalla Bertelsmann: i giacimenti che rappresentano la grande ricchezza della Ricordi alla portata di tutti.

 

   
   
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