Giugno 2008

Nel decimo anniversario

Indietro
I giorni della Bce
Eraldo Ferrari  
 
 

 

 

 

Una “mission”
che la Banca
esegue alla lettera, attirandosi spesso critiche da parte di quanti l’hanno accusata d’aver creato una gabbia per la crescita e
di aver perseguito una politica
monetaria troppo rigida.

 

La festa di compleanno era iniziata con un bagno di folla domenica primo giugno. Dalla mattina fino al pomeriggio chiunque ha avuto la possibilità di entrare a visitare l’Eurotower del numero 29 di Kaiserstrasse, sede della Banca centrale europea. La cerimonia ufficiale si è svolta invece il giorno seguente nell’antico Teatro dell’Opera di Francoforte, e ha avuto come ospite d’onore un oratore italiano, l’ex Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi. Insieme con lui, a ricordare i primi dieci anni dell’istituto, il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, i Governatori delle Banche centrali nazionali, i massimi rappresentanti delle istituzioni Ue e il Cancelliere tedesco, Merkel.
Al di là dei contenuti inevitabilmente celebrativi, la ricorrenza è stata l’occasione per tracciare un bilancio. L’unione monetaria ha rappresentato la più importante riforma valutaria dai tempi di Bretton Woods, il sistema mondiale dei cambi fissi basato sul dollaro e crollato nel 1971.
Dopo i recenti ingressi della Slovenia, di Malta e di Cipro, l’area dell’euro conta oggi quindici soci (il sedicesimo, la Slovacchia, entrerà il primo gennaio 2009) e un’economia che, con 8,9 trilioni di euro, rappresenta il secondo mercato più grande del mondo, dopo gli Stati Uniti d’America.
Non si è trattato di un cammino sempre agevole. Lungo il suo percorso, la Bce ha incrociato la bolla di Internet, esplosa a ridosso del 2000 sui mercati azionari, poi la crisi economica dopo l’11 settembre 2001. Ora, invece, a mettere alla prova la Banca europea ci sono il caro-greggio, con il petrolio schizzato a costo per barile in continua crescita, e l’esplosione dei prezzi delle materie prime, che innescano spirali inflazionistiche; ma soprattutto la crisi statunitense dei mutui subprime, che continua a scuotere i mercati finanziari di tutto il mondo. La Bce è stata la prima Banca centrale a rispondere alle tensioni dei mercati, pompando miliardi di dollari di euro di liquidità. E non sembra ancora finita.
A differenza del mandato della Federal Reserve americana, l’obiettivo primario della Bce resta, secondo quanto previsto dal Trattato, quello di mantenere la stabilità dei prezzi, quantificata in un’inflazione intorno al 2 per cento. Una “mission” che la Bce ha eseguito alla lettera, attirandosi spesso critiche da parte di quanti l’hanno accusata d’aver creato una gabbia per la crescita (che, comunque, non rientra nei suoi compiti) e di aver perseguito una politica monetaria troppo rigida.

Alcune simulazioni, in realtà, mostrano che in questi dieci anni l’euro ha avuto un impatto che non è improprio definire neutro. Il tasso di crescita del Prodotto interno lordo europeo resta (ancora troppo) ancorato a quello americano: il rapporto Usa-Europa è sempre lo stesso dagli anni Settanta. Mentre si è invertita la produttività: un giorno era più alta nel Vecchio Continente, attualmente lo è negli Stati Uniti. Ed è, questo, uno dei motivi per cui lo sviluppo economico europeo è più lento. Allora, la politica monetaria della Bce non c’entra nulla?
Rivolta ad alcuni esponenti dell’economia e delle scienze bancarie, questa domanda ha dato i verdetti che seguono.

Lorenzo Bini Smaghi, membro del Comitato esecutivo della Bce: La moneta europea è stata creata per dare stabilità monetaria all’Europa. Questo obiettivo è stato raggiunto. Negli ultimi dieci anni l’inflazione nell’area dell’euro è stata, in media, pari a circa il 2,1 per cento l’anno, meglio di quanto hanno fatto nello stesso periodo altri Paesi industriali. La Bce è diventata un’istituzione indipendente, rispettata, con una politica monetaria che ha ancorato le aspettative d’inflazione, anche di fronte agli shock esterni, come l’altissimo prezzo del petrolio e il recente aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, assicurando tassi di interesse bassi, a vantaggio di famiglie e imprese. Sono state evitate tensioni valutarie e svalutazioni competitive, che in passato avevano falcidiato l’economia europea. L’euro ha fatto da scudo per i risparmi delle famiglie, in modo particolare nella più recente fase di turbolenza finanziaria, in atto dal mese di agosto 2007. L’Europa ha attraversato una fase di difficoltà in termini di risultati economici, di integrazione politica, di adattamento alla globalizzazione: in che misura è collegabile all’euro? Nell’ultimo decennio l’area della moneta unica nel suo insieme è cresciuta a un ritmo analogo a quello precedente. Ha fatto anche meglio per la creazione di posti di lavoro: oltre 15 milioni, contro i 6 del precedente. Ben otto Paesi sui dodici che hanno adottato l’euro fin dall’inizio sono cresciuti a un ritmo addirittura superiore agli Stati Uniti. Altri, pur avendo la stessa moneta, hanno fatto peggio. I redditi, soprattutto quelli delle classi medie, sono stati compressi. Ma questo problema è comune ai Paesi avanzati, anche senza l’euro, come il Regno Unito e gli Usa. I fattori principali sono connessi a processi globali come la concorrenza internazionale, gli aumenti dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, l’instabilità del mercato immobiliare. Le istituzioni europee sono state criticate per la loro incapacità decisionale su materie che spesso restano di competenza nazionale. Per affrontare le sfide della globalizzazione ci vuole più capacità di governo, sia a livello nazionale sia europeo. L’euro è stato un successo, riconosciuto in tutto il mondo. È la dimostrazione di quello che l’Europa riesce a fare. Deve essere la spinta a fare di più.

Rasmus Kjeldhai, Presidente dell’Organizzazione dei consumatori europei: A livello generale, la Bce non è molto nota ai consumatori, sebbene questi abbiano chiaro che essa aumenta o riduce i tassi di interesse e quindi influenza i loro mutui. I più informati sanno anche che la Bce interviene per tenere bassa l’inflazione e che il rischio di svalutazioni non c’è più. Ma tutti collegano la Bce all’introduzione dell’euro, il primo gennaio 2002. Fra gli aspetti positivi che i consumatori toccano con mano ci sono viaggi più facili nell’eurozona e più agevoli operazioni bancarie trans-frontaliere. Come pure il confronto immediato dei prezzi di beni e servizi, lo shopping oltreconfine e quello on line. Fra gli svantaggi, invece, la percezione dell’euro come causa di aumento dei prezzi, che ha innescato un sentimento negativo anche nei confronti dell’Unione europea. La direttiva sui servizi di pagamento adottata di recente rappresenta un’occasione per rendere le operazioni con l’estero più facili e meno costose. Concordo con azioni che favoriscano la creazione di un’area unica di pagamento in euro. La Bce dovrebbe usare tutto il suo peso per fare di questo cambiamento un vantaggio per i consumatori. Un euro forte dipende dalla fiducia. Sebbene la Bce non eserciti un’influenza diretta su questo processo, credo che abbia un ruolo importante da giocare, anche nel facilitare l’euro elettronico e migliorare in questo modo il mercato interno.

Alberto Alesina, economista e docente alla Harvard University: La Bce nel complesso ha svolto molto bene il suo ruolo. Ha iniziato dieci anni fa, in condizioni molto difficili, un’esperienza senza precedenti. Era giustamente preoccupata di stabilire la sua credibilità anti-inflazionistica. Ci è riuscita in pieno. La straordinaria riduzione dei tassi di interesse sul debito italiano non si sarebbe mai verificata senza la Bce.

L’inflazione stabile e bassa garantita non è la causa della crescita relativamente modesta dell’area euro in questo decennio. Anzi, l’avere ancorato le aspettative inflazionistiche è stato un fattore importante: ha evitato che lo shock petrolifero attuale si traducesse immediatamente in una pericolosa spirale inflazionistica come negli anni Settanta. La comunicazione con il pubblico non è sempre stata tra le più felici. La Bce non ha saputo spiegare che la sua politica di stabilizzare l’inflazione non pregiudica la crescita. Il motivo di questa insistenza sull’inflazione risale al desiderio di stabilire credibilità e di sottrarsi alle incaute pressioni di vari politici europei, che hanno la colpa di aver voluto usare la Bce come capro espiatorio per nascondere la propria incapacità di fare riforme strutturali. La Bce è stata anche accusata, a torto, prima della debolezza dell’euro e poi della sua forza. L’andamento dei tassi di cambio euro/dollaro dipende da fattori complessi che non sono facilmente controllabili e influenzabili. Credo sarebbe utile trasferire le funzioni di vigilanza del sistema bancario alla Bce, vista l’integrazione crescente dei mercati europei. Dato che tocca alla Bce intervenire per salvare il sistema, mi pare più che giusto che se ne occupi la stessa Banca centrale europea.

Joellen Perry, corrispondente da Francoforte del “Wall Street Journal Europe”: Gli economisti in genere ritengono che la Bce abbia assolto con successo il suo mandato. La crescita dell’area euro, è vero, è rimasta analoga alla media del periodo pre-Bce, pari a circa il 2 per cento. Ma sono state evitate le forti oscillazioni valutarie di quel tempo. Ora la stessa Bce dice che, se non fosse intervenuta la crisi creditizia, avrebbe alzato i tassi di interesse per combattere le pressioni inflazionistiche. Tuttavia, una volta che la crisi è arrivata, con alcuni fattori quali la carenza di liquidità sui mercati e la generale incertezza sui suoi potenziali effetti, la Bce ha preferito l’attesa: una decisione che molti economisti hanno giudicato sensata. Elogiata è stata anche l’abilità della Banca europea di tenere le operazioni di liquidità finanziaria sul mercato distinte dalla politica monetaria. L’insegnamento emerso, tuttavia, è che c’è poco che la politica monetaria interna possa fare per tenere a bada l’impennata dei prezzi delle materie prime e dei generi alimentari.
La Bce è concentrata nel tentativo di impedire che questi aumenti si trasferiscano in Europa, per esempio sui salari. Ma con una crescita economica che rallenta fortemente si è ridotta la possibilità di alzare i tassi per tenere le aspettative dell’inflazione dell’area euro sotto controllo.

Andrea Moltrasio, Vice-presidente Confindustria per l’Europa: Questo anniversario è stato innanzitutto un’occasione per ricordare il lungo cammino dell’euro e i sacrifici dell’Italia per entrare. Grazie a questi, oggi possiamo affrontare le eventuali crisi economiche e finanziarie con maggiore tranquillità. Un altro pregio della moneta unica è stato mettere in risalto le qualità e i difetti del sistema-Paese, senza facili giustificazioni.
Se in questi anni la crescita dell’economia italiana è stata sistematicamente inferiore al resto dell’Europa, e se invece i prezzi spesso sono aumentati più in fretta, la responsabilità non è dei mercati internazionali, ma tutta nostra, delle nostre istituzioni, delle nostre resistenze corporative, delle imperfezioni dei nostri mercati. Sulla crisi degli ultimi mesi, la Bce si sta comportando in modo serio e responsabile. Per far fronte alle difficoltà sui mercati finanziari ha deciso di portare avanti azioni coordinate con la Federal Reserve statunitense per l’iniezione di liquidità sul mercato, così da evitare il rischio di un “credit crunch” generalizzato. La prudenza per quanto riguarda i tassi di interesse è giustificata dalle forti pressioni inflazionistiche in atto e anche dalla relativa solidità dell’economia europea rispetto a quella americana (in parte attribuibile alla cautela della Bce).
Tutto bene, allora? No, probabilmente si potrebbe fare di più. In primo luogo, per limitare l’apprezzamento eccessivo dell’euro rispetto al dollaro, andrebbe valutata l’opportunità di un intervento coordinato in questo senso. Ma non illudiamoci che da solo possa essere risolutivo. Mancano la politica e la capacità degli Stati membri di esprimersi con una voce unica e chiara nei consessi mondiali come G8 e Fmi, o nelle relazioni con grandi economie emergenti, come la Cina. In secondo luogo, è necessario rimettere al centro del dibattito europeo il tema della crescita: la Bce si è concentrata sulla stabilità, ma è sulla crescita che l’Europa mostra la propria debolezza principale. Piuttosto che indebolire la Bce o rimettere in discussione la sua indipendenza, lavoriamo per un’Europa che cresca e conti politicamente a livello internazionale.

Per la storia passata e futura: istituita il primo giugno 1998 a Francoforte, la Bce oggi dà lavoro a 1.375 dipendenti (149 i dirigenti). Le spese per il personale nel 2007 sono ammontate a 141,7 milioni, (stipendio-base del Presidente, poco più di 345 mila euro). La sede attuale, nel cuore finanziario della città, sarà presto abbandonata per una nuova, situata nell’area di Grossmakthalle, il vecchio mercato generale, in una struttura di archeologia industriale. Il progetto vincitore è di una cooperativa di architetti viennesi. Due i principali elementi del nuovo quartier generale: un edificio a sviluppo orizzontale (che ristruttura, ma lascia intatto quello storico preesistente) e due torri gemelle poligonali. I lavori (costo totale, 850 milioni di euro) inizieranno alla fine di quest’anno.

 

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2008