Giugno 2008

Che europa fa

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Un’altra identità,
lo stesso destino
Angela Merkel Cancelliere tedesco
 
 

 

 

 

Occorre creare una nuova fiducia. L’Europa termina là dove la volontà di un’identità
comune europea
è poco sviluppata o addirittura
assente.

 

Il 2003 fu un anno di decisioni importanti per il futuro dell’Unione europea, un anno nel corso del quale vennero registrati successi e fallimenti. Tra i successi, si annoverò soprattutto l’allargamento dell’Ue a dieci nuovi membri, la cui adesione divenne effettiva il primo maggio 2004. Tra i fallimenti, il fatto di non aver potuto realizzare quell’allargamento sulla base di una Costituzione europea. Lo stesso naufragio della Conferenza intergovernativa, tenutasi a Bruxelles, mise in luce la necessità per l’Europa di adottare una Costituzione in grado di radunare gli Stati membri in un’autentica unione politica e i cittadini in una comunità continentale, dove l’identità comune rivestisse una maggiore importanza rispetto agli egoismi nazionali del passato.

L’apertura dell’Unione europea nei confronti dei nuovi Stati membri è stata talmente allettante da indurre l’Ue a sottovalutare ampiamente le difficoltà comportate dall’allargamento. L’obiettivo di rapportare l’ammissibilità dei nuovi membri a determinati criteri politici, economici e giuridici ha certamente fornito un quadro formale vincolante per tutti, ma non ha tenuto conto degli enormi sforzi intellettuali che la crescita comune del Continente rende necessari. Modernizzazione economica, coordinamento del diritto e un nuovo equilibrio solidale sono condizioni importanti per la coesione interna dell’Unione europea. Tuttavia, il dibattito politico ha largamente trascurato un elemento almeno altrettanto indispensabile: lo sviluppo di un’identità comune europea, basata sulla condivisione di storia e cultura, e sulla consapevolezza di appartenere a una comunione di valori e di destini.
Chi ricerca non soltanto l’allargamento, ma anche l’approfondimento dell’Ue è tenuto a impegnarsi per lo sviluppo di una simile identità. Il simbolo principale di tale “sentimento del noi” è la Costituzione europea, che per l’Unione allargata dovrebbe rappresentare una base per costruire il futuro, contribuire ad agevolare e rendere più democratiche le decisioni, rafforzare l’ordinamento interno dell’Unione e, nello stesso tempo, conferire un nuovo peso al ruolo dell’Europa nel mondo. A tale scopo, la Convenzione aveva sottoposto al Consiglio europeo una bozza che, inizialmente, tutti i partecipanti avevano valutato come una buona base. In occasione della Conferenza intergovernativa degli Stati membri, ne vennero messi in discussione i punti fondamentali in un’ottica istituzionale.
Una volta di più si è avuta la conferma del fatto che le questioni istituzionali sono, allo stesso tempo, questioni di potere e che da esse dipende anche l’imposizione degli interessi degli Stati membri. In questa situazione confusa, l’identità comune ha avuto la peggio, e con essa la Costituzione europea, con la quale la Convenzione dell’unione europea aveva sperato di spezzare i meccanismi del mantenimento del potere, del blocco e dell’imposizione degli interessi degli Stati membri al Consiglio europeo di Nizza.

Ancora una volta, il temporaneo fallimento del processo costituzionale al Consiglio europeo di Bruxelles aveva dimostrato che la concezione di un’Unione europea come comunione di destini poteva ancora evolversi. L’insistenza di Spagna e Polonia sulla ponderazione dei voti allineata al blocco delle decisioni dell’Ue, i rapporti di Francia e Germania con i nuovi partner dell’Unione, parzialmente percepiti come una forma di dominio, la mancanza di sensibilità per gli interessi degli Stati minori dell’Ue, ma anche la sconsiderata violazione delle regole del Patto di Stabilità, hanno distrutto gran parte della fiducia in Europa.
Tuttavia, in ogni crisi c’è sempre una via d’uscita. Occorre creare una nuova fiducia. Inoltre, è necessario dare un nuovo slancio al processo costituzionale. È necessario che l’Europa, concepita come comunione di destini, riceva debito spazio non soltanto nella concezione dei cittadini, ma anche nei pensieri dei governanti. “Noi, il popolo”: così inizia la premessa della Costituzione americana, non “Noi, i governi”. L’Europa termina là dove la volontà di un’identità comune europea è poco sviluppata o addirittura assente. Questo principio può valere come massima per il rapporto reciproco tra i membri, così come per la definizione dei confini dell’Unione e le sue relazioni con l’estero. Se ci attenessimo ad esso, avremmo una guida più sicura per il futuro.

 

   
   
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