Giugno 2008

Agricoltura e innovazione biotecH

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Un mondo senza ruggine
Norman Ernest Borlaug Premio Nobel per la Pace
 
 

 

 

 

 

Finalmente
il mondo potrebbe
liberarsi del
fantasma della ruggine, che è
stata responsabile di così tante
carestie nella
storia dell’uomo.

 

Durante il XX secolo, gli incroci vegetali convenzionali hanno prodotto (e continuano a produrre) un gran numero di varietà e di ibridi di piante che hanno avuto un ruolo enorme nell’aumento quantitativo e nella costanza dei raccolti delle principali derrate alimentari, facendo così da un lato la fortuna dei coltivatori, e dall’altro lasciando grandi estensioni di terreno incolto e quindi allo stato naturale (per la fauna selvatica, per le foreste, per l’escursionismo…).
Ci sono stati anche grandi progressi sul fronte dell’aumento della resistenza delle piante a malattie, all’attacco dei parassiti e agli stress ambientali (elevata tossicità dei suoli), ma dobbiamo ancora aumentare gli sforzi per utilizzare al meglio il potenziale genetico se vogliamo soddisfare la richiesta mondiale di alimenti, senza che si abbiano conseguenze negative sull’ambiente.
Varietà transgeniche e ibridi di cotone, di mais, di patate, contenenti geni di Bacillus turingensis, che combatte efficacemente l’attacco dei parassiti, stanno ora crescendo su grandi aree di Stati Uniti, Argentina, Canada e Cina. L’utilizzo di queste varietà contribuisce fortemente alla riduzione dell’uso dei pesticidi.
Notevoli progressi sono stati fatti anche nello sviluppo di piante ingegnerizzate o di ibridi di cotone, mais, colza, soia, barbabietola, grano, resistenti ai vari erbicidi. L’uso di queste varietà può condurre a una riduzione nell’uso degli erbicidi mediante interventi e dosaggi più mirati. Ciò significa non soltanto una riduzione dei costi di produzione, ma anche benefici ambientali.

Negli ultimi vent’anni, usando incroci classici, si sono avuti dei progressi nello sviluppo di cereali, con un’aumentata tolleranza per la crescita in suoli alcalini, inquinati da alluminio o con residui ferrosi. Queste varietà aiutano ad affrontare il problema del degrado dei suoli, conseguenza delle pratiche di irrigazione. Le stesse varietà hanno reso coltivabili decine di milioni di ettari di suoli acidi che non erano mai stati coltivati, come i Cerrados in Brasile (e ne beneficeranno anche suoli simili nell’Africa Sub-sahariana), consentendo così di aumentare il totale dei terreni coltivabili e quindi la produzione globale di alimenti.

Aumentare la tolleranza per la crescita delle piante in climi sfavorevoli (desertici, torridi o gelidi), sarà di beneficio anche per le aree irrigate in vari modi. Prima di tutto, saremo capaci di ottenere more crop per drop (più colture per goccia) selezionando piante con una ridotta richiesta idrica e adottando sistemi di gestione che minimizzino gli sprechi di acqua. Malattie virali hanno causato per secoli pesantissime perdite nelle produzioni agricole e zootecniche.
Nello scorso decennio sono state sviluppate e coltivate commercialmente piante di pomodoro, di pepe, di cetriolo, di patata, di melone e di papaia, che avevano una resistenza al capside (involucro) di uno o più virus. Questi successi, che hanno usato le biotecnologie del trasferimento genico, hanno ridotto l’uso di pesticidi e le perdite di raccolti, aumentando al tempo stesso la qualità dei prodotti. Varietà resistenti a virus di barbabietola, di riso, di grano e di frumento sono ora in varie fasi di analisi.
Ci sono anche segni incoraggianti che riusciremo pure ad aumentare l’efficienza nell’uso di fertilizzanti. Ad esempio, modificando geneticamente il grano e altre piante, al fine di avere un più elevato contenuto di glutammato deidrogenasi (Gdh), dei dati preliminari mostrano come i raccolti possano essere aumentati del 20-30 per cento, usando la stessa quantità di fertilizzanti.

Vorrei condividere un sogno che spero gli scienziati realizzino in un vicino futuro. Tra tutti i cereali, il riso è unico nella sua capacità di non essere soggetto alla “ruggine” (Puccinia spp.). Tutti gli altri cereali – grano, mais, sorgo, frumento, farro – sono attaccati da due o tre tipi di ruggini fungine, che si traducono spesso in disastrosi raccolti. La gran parte della mia carriera scientifica è stata consacrata a incrociare varietà di grano capaci di resistere alla ruggine dello stelo, a quella delle foglie o alla ruggine gialla.
Dopo molti anni di incroci e selezioni in vari Paesi, nel 1952 si è riusciti a identificare, ma non a comprendere pienamente, una buona e stabile varietà di grano resistente alla ruggine dello stelo, e tutt’oggi questa è una varietà vincente ovunque. Invece, non si è avuto alcun successo simile per le resistenze alla ruggine gialla o a quella delle foglie, o quando si è ottenuta una possibile variante resistente, questa è sopravvissuta soltanto 3-7 anni. Immaginate i benefici per l’umanità, se i geni per la resistenza alla ruggine dei riso potessero essere trasferiti negli altri cereali, come grano, miglio, sorgo, frumento, farro o mais. Finalmente il mondo potrebbe liberarsi del fantasma della ruggine, che è stata responsabile di così tante carestie nella storia dell’uomo.
La maggior parte degli scienziati agronomi, incluso me stesso, prevede grandi benefici dalle biotecnologie nei prossimi decenni che possano soddisfare le nostre richieste di alimenti e fibre. Infatti, l’adozione delle coltivazioni commerciali di piante transgeniche da parte dei coltivatori è stato uno dei casi di più rapida diffusione di una tecnologia nella storia dell’agricoltura. Tra il 1996 e il 1999 la superficie piantata commercialmente con piante geneticamente modificate è aumentata da 1,7 a 39,9 milioni di ettari a livello mondiale.
Nonostante questi successi, dal momento che la gran parte di questa ricerca è stata condotta nel settore privato, brevettando le invenzioni, i decisori delle politiche agricole devono ora affrontare serie problematiche. Ad esempio, come faranno i coltivatori più diseredati dei Paesi in via di sviluppo ad acquistare le sementi derivanti dalla ricerca biotecnologica? Quanto a lungo, e con quali vincoli, i brevetti copriranno i prodotti della bio-ingegneria? Inoltre, gli alti costi della ricerca biotecnologica stanno portando a un rapido consolidamento del predominio delle aziende biotech. Si tratta di una cosa positiva? Queste tematiche sono oggetto di accurate riflessioni tra le organizzazioni governative nazionali, regionali e mondiali.

Al tempo stesso, i governanti dei Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di essere preparati a lavorare con – e beneficiare di – i nuovi grandi avanzamenti in biotecnologia. Inoltre, i governi devono stabilire un percorso regolatorio per indirizzare le prove e l’uso di piante geneticamente modificate. Queste leggi e i regolamenti devono contrastare i potenziali rischi, in maniera ragionevole ed economicamente accettabile. Non leghiamo le mani della scienza attraverso regolamentazioni eccessivamente restrittive! Dal momento che la ricerca biotecnologica si svolge soprattutto nel settore privato, le problematiche della proprietà intellettuale vanno affrontate, con l’adozione di adeguate salvaguardie, dai governi nazionali.
Io credo che sia importante anche che i governi finanzino significativamente programmi di ricerca biotecnologica nel settore pubblico. Questo finanziamento pubblico della ricerca non è importante solo per equilibrare la ricerca nel settore privato, ma anche per assicurare un’adeguata formazione alle nuove generazioni di scienziati, che lavoreranno sia per le istituzioni scientifiche private che pubbliche.

 

   
   
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