Giugno 2008

Realpolitik

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Il momento delle scelte
Paul Anthony Samuelson Premio Nobel per l’Economia
 
 

L’inflazione esiste già e noi, volenti
o nolenti, dovremo abituarci a un mondo nel quale i bisogni della Cina e dell’India
portano alle stelle i prezzi delle
materie prime.

 

Il Governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, fa bene ad aiutare anche chi è responsabile della propria disgrazia, come ad esempio i banchieri della “Bear Stearns” (quinta banca d’investimento nordamericana, tra le più esposte sul mercato dei mutui subprime e in gravissima crisi di liquidità, N.d.R.): questo è il momento di salvare il mercato, non di dare lezioni etiche.
Personalmente, non credo che la pioggia di miliardi riversata sui mercati dalla Federal Reserve possa peggiorare la situazione, perché la vera emergenza in questo particolare momento non è rappresentata dall’inflazione. Questa esiste già, e noi, volenti o nolenti, dovremo abituarci a un mondo nel quale i bisogni della Cina e dell’India, nazioni che insieme sommano due miliardi e mezzo circa di abitanti, portano alle stelle i prezzi delle materie prime. Il vero problema è che da sola la Federal Reserve questa volta non può pensare di farcela.
E non può pensarlo per la semplice ragione che può garantire soltanto liquidità a breve termine, mentre il problema del mercato immobiliare non è destinato a risolversi velocemente: in realtà, si tratta di un ciclo di ribassi molto lungo, che molto probabilmente coinvolgerà anche mercati diversi da quello statunitense.

Per quel che riguarda il tipo di interventi che a questo punto si ritengono necessari, alcuni parlano addirittura di nazionalizzazione del sistema immobiliare; io ritengo invece che alcune agenzie governative dovranno prendere temporaneo possesso dei mutui insolventi, togliendo questo peso alle banche in crisi.
E, nello stesso tempo, non credo che provvedimenti di questo tipo possano finire per indebolire ulteriormente il dollaro. La moneta americana, infatti, continuerà ad essere debole ancora per un lungo periodo. Questo fatto non mi preoccupa: il segretario americano del Tesoro dice di volere una valuta forte, ma nella pratica sa benissimo che l’economia statunitense ha più che mai bisogno di un dollaro che si indebolisca gradualmente.
L’allarme rosso suonerà nel momento in cui i Paesi che sostengono la nostra economia comprando dollari smetteranno all’improvviso di farlo. Cosa che una volta o l’altra è destinata a verificarsi. Tutto sta nella correttezza delle previsioni: accadrà prima, o poi? Già molti cominciano a preferire l’euro alla nostra divisa. Si tratta di un evidente campanello d’allarme. Ma gli Stati Uniti, al momento giusto, sapranno prendere contromisure adeguate. Questo almeno ci insegna la storia della nostra economia. E questo personalmente mi auguro.

 

 

   
   
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