Marzo 2008

Storie di credito e finanza
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Dai Comuni ai poteri forti
Mabel
 
 

 

 

 

 

Prevalevano, semmai, sul
versante della
letteratura storica gli studi dedicati alle iniziative
e all’opera dei banchieri
medioevali.

 

È stato osservato che negli ultimi anni il sistema finanziario è balzato al centro della scena economica, al punto da essere considerato allo stato attuale la fucina dei cosiddetti “poteri forti”. E ciò per almeno due motivi preminenti: da una parte, per la perdita progressiva di statura e della funzione trainante dei principali gruppi industriali, un giorno al vertice del firmamento economico; dall’altra, per il processo di concentrazione e di razionalizzazione verificatosi nel settore bancario, a far luogo dal 1993, in coincidenza con la graduale uscita dal settore pubblico di quelli che erano i principali istituti di credito, e sfociato in alcuni casi in un’espansione delle attività in più vasti contesti internazionali.
Sia chiaro: non è che in passato le banche, nel loro insieme oppure singolarmente considerate, avessero svolto un ruolo secondario. Tutt’altro. Esse hanno sempre contato, hanno sempre fatto sentire il loro peso e la voce non soltanto nel puro e semplice contesto economico, ma anche, in più di una circostanza, in quello politico e sociale.
Malgrado ciò, le loro vicende non hanno suscitato, fino a qualche decennio addietro, un particolare interesse in campo storiografico. Al di là di poche eccezioni, le esperienze e i percorsi del mondo bancario non sono stati oggetto di analisi approfondite o di specifiche monografie. A meno che non si trattasse della Banca d’Italia, per via dell’importanza che hanno sempre rivestito tanto la sua politica monetaria quanto la sua politica del credito.
Prevalevano, semmai, sul versante della letteratura storica, sulla scia di una solida tradizione, gli studi dedicati alle iniziative e all’opera dei banchieri medioevali. E questa tendenza si spiega col fatto che a quell’epoca l’intermediazione finanziaria di alcuni uomini d’affari italiani si esercitava in varie piazze estere (in virtù di un primato culturale in tema di procedimenti contabili e strumenti operativi rispetto ai loro concorrenti) e sorreggeva inoltre l’esportazione dalla Penisola di un grappolo di manufatti di alta qualità; e che le fortune di quanti svolgevano questo genere di attività avevano portato alcuni di loro a scalare le vette degli ordinamenti comunali, quando non si erano messi a capo di determinate signorie personali: così da aprire la strada sia all’affrancamento delle città dell’entroterra feudale sia all’avvento di incipienti forme di capitalismo.

D’altra parte, se l’Italia aveva continuato ad essere nei decenni successivi uno dei centri propulsivi dell’economia europea, ciò era dipeso in misura rilevante dalle cospicue transazioni dei finanzieri genovesi e di altre contrade, quali prestatori di denaro alle nascenti monarchie nazionali: tant’è che si è attribuita alle bancarotte di Spagna, Francia e Portogallo, nel terzo quarto del Cinquecento, una delle principali cause del declino, da allora, della Penisola. Fatto sta che soltanto dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso si è incominciato da noi a puntare i riflettori sul mondo della banca nelle sue componenti e nelle sue dinamiche, quali a mano a mano sono andate manifestandosi dall’epoca post-unitaria in poi.
E ciò, oltre tutto, in quanto sollecitati dal dibattito sulle matrici e sulle traiettorie del nostro decollo industriale tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Giacché, più che sulla fisionomia peculiare e le linee evolutive delle banche, quel che più premeva era stabilire se e quale fosse stato il loro apporto all’industrializzazione del Paese. Tant’è che si può far risalire ai tre volumi pubblicati nel 1974-76 (firmati da Antonio Confalonieri) sugli impieghi delle banche miste di deposito e di investimento, il “turning point” dal quale ha preso avvio tutta una fioritura di indagini e ricerche sulle istituzioni bancarie.
D’altra parte, sul rapporto fra banca e industria si è concentrata l’attenzione anche nel periodo fascista, dal momento che all’epoca della crisi mondiale degli anni Trenta «il Duce – come si legge in un Rapporto dell’Iri – aveva vissuto ore angosciose quando le banche, e in specie la Banca commerciale, stavano per fallire», col rischio perciò di provocare un grave scossone nel regime.
Fatto è che oggi, grazie ad una cospicua e crescente serie di studi, si è potuto infine porre mano ad un’opera collettiva come quella apparsa nell’ultimo “Annale”, (AA.VV., Annali, 23. La banca), dell’einaudiana Storia d’Italia, che pur comprendendo alcuni contributi attinenti all’età medioevale e moderna, è incentrato soprattutto sulle caratteristiche e sulle vicende del sistema bancario e finanziario, dall’Unità nazionale ai nostri giorni.
È pur vero che, come riconosce uno degli Autori, in una densa ricognizione sullo stato degli studi, mancano ancora varie tessere per un quadro storico esaustivo dell’universo bancario quale si è andato configurando nelle sue differenti articolazioni ed esperienze, come nelle sue diverse strategie e modalità di gestione. E ciò, anche perché alcune fonti documentarie di primissimo ordine sono ancora oggi inaccessibili (come, ad esempio, quelle di Mediobanca).
Comunque sia, possiamo intanto disporre, con questa sorta di imponente antologia, (nell’ambito della quale va segnalato, fra gli altri, il saggio sugli economisti italiani e la banca), di una ricchissima messe di elementi di conoscenza e di giudizio. Anche se non in tutti i casi hanno un sapore di assoluta novità, quegli elementi concorrono tuttavia a disegnare e a fornire un vasto profilo d’insieme, su un arco temporale di lungo periodo, di certi tratti distintivi e della complessa evoluzione delle strutture bancarie, con riferimento ai loro rapporti con lo Stato e con l’amministrazione pubblica, con le imprese industriali e con il settore dei servizi, nel corso delle diverse congiunture economiche e dei mercati finanziari. Che è quanto mancava, appunto, sino ad oggi, e che può pertanto servire ora anche da guida e da stimolo per ulteriori analisi e progetti di ricerca.

 

   
   
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