Marzo 2008

L’europa utile
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Un efficace antidoto
Mario Pinzauti
 
 

 

 

 

 

 

L’Europa utile
è al lavoro per concedere questo passaporto a un gran numero dei suoi cittadini dopo un lungo periodo di delusioni venute dall’Europa
politica.

 

La vera e propria escalation del prezzo del petrolio. La crisi dei mutui americani allargatasi, per contagio, a tutto il mondo. La globalizzazione dei rincari, soprattutto dei generi di prima necessità, e lo sgretolamento del potere d’acquisto delle retribuzioni. Le continue frenate della crescita economica del nostro e di tanti altri Paesi. Eccetera, eccetera.
Non passa giorno, si può dire, senza che dai quotidiani e dai giornali della radio e della televisione non ci vengano somministrate massicce dosi di brutte, talvolta pessime notizie sullo stato dell’economia, della politica, della società. E senza, di conseguenza, che il tarlo della preoccupazione per i problemi di oggi e anche per quelli del futuro tormenti gran parte delle nostre veglie e talvolta perfino dei nostri sonni.
L’ideale, per liberarsi da queste sofferenze, o almeno alleggerirle, sarebbe un pronto e decisivo intervento dei poteri locali, nazionali e internazionali per l’eliminazione totale e definitiva dei mostri sbattuti in prima pagina pressoché quotidianamente con l’aggiunta, quasi sempre, del peperoncino dell’enfasi. Poiché questa è utopia o, nel migliore dei casi, una soluzione che richiede tempi lunghi, molto lunghi, è bene però cominciare a scoprire e ad applicare altri rimedi. Tra i quali ci sono la rassegnazione a qualche sacrificio, un minimo (e per chi se lo può permettere anche un massimo!) di ottimismo di fronte alle difficoltà, infine, ultimo ma non certamente minore, un aumento di attenzione e considerazione per le notizie buone: che ci sono e in discreta quantità, anche se i mezzi d’informazione hanno spesso la cattiva abitudine di minimizzarle dando loro scarso spazio e risalto e qualche volta addirittura ignorandole.

Tra queste notizie particolarmente numerose e sostanziose sono quelle di cui da alcuni anni ci occupiamo in questo spazio della nostra rivista. Le notizie sull’Europa utile, cioè sulle mille e una iniziative che, da quando esiste, cioè da cinquant’anni, l’Unione europea adotta per migliorare la condizione di vita del poco meno di mezzo miliardo di suoi cittadini. Si può dire, ricorrendo anche noi a una dose (però non eccessiva) del peperoncino dell’enfasi, che esse, almeno qualche volta, possono arrivare a funzionare come antidoto contro la sfiducia e il pessimismo.
Accade, per fare un esempio recente, se si mettono in ordine, si pesano e si commentano i risultati dei primi quindici anni di vita del Mercato Unico festeggiati il primo gennaio del 2008. In questa fase iniziale della sua esistenza infatti il Mercato Unico non solo ha fatto cadere le frontiere doganali e commerciali, ha assicurato ai cittadini dell’Unione libertà di lavorare, studiare, avviare attività imprenditoriali in ogni Paese dell’Unione, ha incentivato la quantità e la qualità degli scambi, tra l’altro alleggerendo notevolmente le pratiche burocratiche.
Ha anche reso più prospera l’Europa comunitaria e di conseguenza noi, i suoi cittadini.
È grazie al Mercato Unico che nei quindici anni appena trascorsi il PIL dell’Unione europea è aumentato del 2,15 per cento, con punte particolarmente elevate in alcuni periodi. Nel 2006 l’incremento è stato complessivamente di 240 miliardi di euro, il che significa, in media, 518 euro per ogni cittadino, una somma che ha permesso il recupero di alcuni tra i maggiori aggravi provocati dai rincari verificatisi nell’anno preso in esame.
E il considerevole aumento del PIL, l’arrivo di una bella quantità di moneta sonante nelle casse dell’Unione e nelle tasche dei suoi cittadini, è solo uno dei molti dati che compongono il panorama dei risultati positivi ottenuti dai cittadini nel periodo 1993-2007, cioè nei primi quindici anni del Mercato Unico.
In quel periodo si sono creati nell’Unione europea 2 milioni e 750 mila nuovi posti di lavoro. Il trasferimento di merci e di attività da un Paese dell’Unione all’altro è stato liberato da un’enorme quantità di appesantimenti burocratici e dai conseguenti costi e lentezze. Soltanto per le pratiche di sdoganamento è venuto a cadere l’obbligo di redigere e controllare ogni anno 60 milioni di documenti. I costi per acquisire o avviare un’impresa si sono quasi dimezzati. Dagli 813 euro a impresa del 2002 si è passati ai 503 di oggi. I tempi necessari per registrare una nuova società si sono ridotti dai 24 giorni del 2002 ai 12 di oggi. Tutto questo e altro ha consentito di aumentare di ben il 30% gli scambi commerciali tra i Paesi dell’Unione, quindi di creare nuove ricchezze e anche di ridurre alcuni prezzi e così fronteggiare in modo sensibile la tendenza internazionale al rincaro. I costi delle telefonate da cellulare sono diminuiti fino al 40%. Sensibili riduzioni si sono ottenute anche per le tariffe aeree e per i collegamenti a Internet.

Con il Mercato Unico, e anche con il Trattato di Schengen (applicato da dicembre da 24 Paesi, più la Svizzera, che aderisce dal marzo di quest’anno), viaggiare in Europa è diventato più facile, meno costoso, stimolante. Si può acquistare in un qualsiasi Paese dell’Unione ciò che si vuole, senza i limiti quantitativi precedentemente esistenti. Ci sono la patente e la carta sanitaria europee. Per chi lo desidera c’è la possibilità di scegliere di lavorare in un Paese diverso da quello di normale residenza, anche di andare a viverci, o soggiornarvi per periodi più o meno lunghi per esigenze di studio. Un milione e 500 mila sono stati, in questi quindici anni, gli europei che si sono trasferiti per lavoro o semplicemente per il piacere di cambiare residenza in un Paese che una volta veniva definito estero e oggi è soltanto un’altra parte della casa comune, l’Unione europea. E un milione e mezzo, negli stessi anni, sono stati i giovani che, per periodi più o meno lunghi, grazie ad “Erasmus” e altri programmi, hanno seguito corsi di studio in una parte dell’Unione lontana dal proprio Paese.
Anche se, in parte, appaiono ridimensionati se messi accanto al totale dei cittadini dell’Unione europea (483 milioni dopo l’adesione, nel 2007, della Bulgaria e della Romania), questi numeri di persone che hanno scelto di lavorare, studiare, risiedere in una zona d’Europa diversa da quella in cui sono nati e hanno vissuto per molti anni (complessivamente tre milioni) sono di tutto rispetto. E promettono di crescere notevolmente nel prossimo avvenire. Grazie a nuove iniziative della nostra Europa utile, ora anche in campo, come abbiamo visto, come antidoto alle preoccupazioni suscitate tra i cittadini dalla crescita e dalla diffusione di problemi vecchi e nuovi.

Una di queste iniziative, già in fase di decollo nei primi mesi di quest’anno, è il Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli, al quale – come recentemente ha dichiarato Ian Figel, commissario europeo dell’Istruzione, della Formazione, della Cultura e della Gioventù – è affidato l’importante compito di rimuovere gli ostacoli che, nonostante i ripetuti proclami di buone intenzioni delle istituzioni nazionali ed europee, rendono ancora difficili i trasferimenti in altri Paesi dell’Unione per motivi di studio e di lavoro. Sono ostacoli che spiegano, tra l’altro, perché nei primi quindici anni del Mercato Unico tali trasferimenti abbiano raggiunto cifre non elevate. Per entrare in qualche particolare, basti dire che non pochi inconvenienti sorgono già all’origine, con le difficoltà, in sede nazionale, di passare da un sistema all’altro dell’insegnamento. Le cose si complicano ulteriormente quando l’operazione viene “esportata” in altri Paesi e fatica a superare i frequenti problemi di comprensibilità – non solo per motivi linguistici – di certificati e titoli di studio.

Il Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli ha come obiettivi prima la semplificazione della materia; e poi la correlazione tra le offerte e il fabbisogno del mercato, in altre parole la garanzia – che sulla carta esiste già ma che troppo spesso non trova conferma nei fatti – della sicurezza dell’occupazione per chi si sposta da un Paese all’altro dell’Unione europea.
Mentre il Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli dovrebbe dare un colpo di acceleratore alla mobilità del lavoro tra i vari Paesi dell’Unione europea, un’altra iniziativa dell’Europa utile promette di adoperarsi per aggiungere nuovi fattori di prosperità generale a quelli che, come abbiamo visto, sono già nel bilancio dei primi quindici anni del Mercato Unico. Si tratta dell’impegno a lavorare per una società digitale che sia alla portata di tutti, di conseguenza contro il danno economico che l’Unione e i suoi cittadini subiscono per l’ancora scarsa diffusione della conoscenza delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Questo impegno, per la verità, è una replica. Era stato già preso e annunciato nel corso di una conferenza interministeriale svoltasi a Riga nel 2006, durante la quale erano stati stabiliti anche precisi obiettivi. Entro il 2010 – fu deciso a Riga – governi nazionali e istituzioni europee avrebbero dovuto rendere accessibili il 100 per cento dei siti pubblici e ottenere il dimezzamento della quantità di cittadini che non conoscono come si usa un computer. Per stimolare i soggetti nazionali ed europei che dovevano mettersi al lavoro per il raggiungimento di questi risultati furono anche calcolati e resi noti i benefici di carattere economico che l’operazione avrebbe dato: tra 35 e 65 miliardi di euro nell’arco dei cinque anni di vita del progetto (2006-2010) e in più riscontri positivi nel campo dell’occupazione con la disponibilità, tra l’altro, di una maggiore quantità di quella manodopera esperta in informatica, oggi in buona parte ancora ricercata in Paesi extraeuropei, quali l’India.
L’impresa, all’inizio, suscitò grandi attese ed entusiasmi. Con il trascorrere del tempo, però, perse velocità. Alla fine del 2007 si è constatato che l’accesso ai siti pubblici è fermo al 5%, per cui l’obiettivo del 100 per cento stabilito a Riga per il 2010, nella migliore delle ipotesi, se non si accelereranno i ritmi, verrà raggiunto nel 2015 e forse anche dopo. Non va meglio per la diffusione tra la popolazione europea della conoscenza e dell’uso dell’informatica. Tra la media dei cittadini oggi non supera il 47% e tra gli anziani al di sopra dei 64 anni è ferma al 10%.
Queste cifre sono sembrate il preannuncio di una sconfitta. Sconfitta che però non era possibile accettare. Essa lascerebbe ferite difficili da sanare in questo periodo in cui le previsioni di crescita economica subiscono in Europa, come in gran parte del resto del mondo, frequenti ridimensionamenti e frenate. Prendendone atto, l’Unione è corsa ai ripari e ha deciso di fare del 2008 l’anno del rilancio dell’impresa. Con un appello ai governi, ai parlamenti, alle industrie dei 27 Paesi la Commissione europea ha chiesto d’innestare una marcia superiore, di riprendere la corsa verso gli obiettivi di Riga.
È stata anche sollecitata la collaborazione di tutti i cittadini europei, ai quali si chiede di sostenere il lavoro delle istituzioni per ridurre sensibilmente l’esclusione dall’informatica di vaste masse popolari, tra cui c’è la maggioranza delle persone di età avanzata o con un basso livello d’istruzione, quindi le categorie più deboli. “Partecipa anche tu”, è scritto in uno slogan che viene diffuso con manifesti e spot in tutta l’Unione europea.
Qualche primo risultato incoraggia la speranza. Un gruppo di Paesi, tra cui l’Italia, la Spagna, la Gran Bretagna, hanno adottato misure legislative che vanno nella direzione giusta. Direzione che, del resto, appare inevitabile per tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Viviane Reding, commissario europeo per l’Informazione e i Media, ha detto che «nella società moderna l’accesso all’informazione da parte di tutti i cittadini è non solo un diritto, è anche un passaporto di prosperità».
L’Europa utile è al lavoro per concedere questo passaporto a un gran numero dei suoi cittadini e offrirci così un altro antidoto contro le preoccupazioni e i timori che tormentano le esistenze di tanti di noi. Non è, come avvertono i precedenti, un’impresa facile. Può però riuscire, se ci sarà la collaborazione di molti, compresi i cittadini.
Qualche settimana fa Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea, ha detto che il 2008 potrà essere, per gli uomini e le donne che vivono nell’Unione europea, «l’anno dell’entusiasmo». È un’esaltante prospettiva, favorita, secondo Barroso, dal clima creatosi tra i cittadini europei dopo l’allargamento dello “spazio Schengen”, costituito oggi dall’insieme dei Paesi in cui, di fatto, non esistono più frontiere e ci si può spostare senza sottoporsi a controlli di passaporti o di altri documenti d’identità. In effetti, dopo un lungo periodo di delusioni venute dall’Europa politica, quell’evento ha fatto salire, di molto, tra i cittadini, le azioni dell’Unione. Con il successo dell’impresa per la società digitale per tutti e i benefici che essa porterebbe quelle azioni certamente salirebbero ancora: fino a rendere forse realistico il raggiungimento di un diffuso entusiasmo popolare che possa durare oltre quest’anno e sia il più straordinario degli antidoti prodotti finora dall’Unione europea. Incrociamo le dita!

 

   
   
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