Dicembre 2007

E-banking in italia

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Buona la performance,
migliori le prospettive
Filippo Cucuccio
 
 

 

 

 

L’Italia, con stime della popolazione
servita
dall’e-banking
così basse, si situa persino dietro
la Slovacchia,
la Slovenia
e le repubbliche baltiche.

 

L’innovazione tecnologica che ha costantemente caratterizzato gli ultimi decenni dello scorso secolo e anche la prima parte del nuovo ha prodotto modificazioni significative in molti aspetti socio-economici della società civile italiana. Non sfugge a questo assunto (che trova puntuali conferme nell’osservazione empirica) il mondo bancario italiano, ove le dosi crescenti di tecnologia da un lato hanno comportato un impegno massiccio al rinnovamento di procedure ed elementi organizzativi, dall’altro hanno indotto la nascita di nuovi comportamenti nei consumatori di prodotti finanziari.

Si prenda il caso degli strumenti di pagamento segnati già da qualche anno da una divaricazione di tendenza tra vecchi strumenti (in progressivo declino) e nuovi strumenti (in crescente diffusione). Emblematico è il favore riscosso dalle carte di pagamento: un fenomeno dagli aspetti quantitativi ormai vistosi, se si pensa ai 31 milioni e ai 37 milioni rispettivamente di carte di credito e di debito in circolazione in Italia.
Un fenomeno, inoltre, che ha perso la sua originaria connotazione di attribuzione di status inizialmente prevalente per assumere quella più coerente sul piano economico di effettivo strumento di pagamento; come, peraltro, conferma la rilevante ulteriore crescita (+5,4% nel 2006) di acquisti effettuati loro tramite.
A questo punto è quindi lecito chiedersi se vi sia stato, in definitiva, un allineamento dei risultati italiani agli standard europei rispetto ai quali il nostro Paese denunciava un tradizionale ritardo. La risposta è affermativa, ma solo in parte: infatti, da un lato il numero delle carte di pagamento pro-capite (1,2) e dei Point of Sales (POS) per ogni mille abitanti (1,8) risulta in linea con la media europea, quand’anche non superiore, come nel caso dei POS che a livello Eurosistema si situa a quota 16.
Dove, invece, non vi è allineamento, ma il distacco si fa evidente è allorquando l’osservazione si allarga alla globalità degli strumenti di pagamento: in questo ambito più ampio mentre in Italia sono 62 le operazioni pro-capite effettuate con mezzi diversi dal contante, la quota europea pone la propria asticella ben più in alto (150).
Anche nel caso delle carte di pagamento, di cui si è appena ricordata la crescita impetuosa e continua, le transazioni effettuate loro tramite risultano numericamente ben al di sotto della metà del valore medio registrato nell’area dell’Euro (22 contro 46). Semplice ritrosia all’uso di strumenti diversi dal contante o evidente manifestazione di un disagio più profondo verso mezzi a tecnologia più avanzata?

La seconda ipotesi sembrerebbe riscuotere maggiori consensi, traendo la propria forza dall’osservazione del comportamento delle persone nei confronti di Internet, con un’aliquota di utilizzatori di questa tecnologia che in Europa oscilla tra il 56% e il 58% della popolazione complessiva, considerando l’Europa ristretta (a 15) o allargata (a 25).
I valori medi dell’Unione europea riflettono situazioni tra loro molto differenti, come risulta da stime OECD con un plotone di testa formato da Svezia, Danimarca, e Olanda attestato tra il 78% e l’80%, mentre l’Italia si situa a livelli ben inferiori (tra il 38 e il 39%) con l’unica consolazione di precedere la Grecia, fanalino di coda di questa specifica classifica delle penetrazione di Internet 1.
In questo contesto di luci e ombre si colloca lo sviluppo italiano dell’electronic banking (e-banking) così come viene fotografato dal recente “Rapporto” della KPMG 2. In questa ricognizione la prima caratteristica che balza agli occhi è la crescita progressiva e significativa tra il 2000 e il 2006 dei conti on-line, cresciuti di ben 10 volte.
Accanto a questa nota positiva vi è, poi, la denuncia dei ritardi italiani rispetto ad altri esempi di eccellenza come la Finlandia o il trio di Paesi già ricordati a proposito di Internet (Olanda, Svezia e Danimarca), che registrano aliquote di popolazione servita dall’e-banking particolarmente elevate: poco al di sotto del 60%, con la punta del 63% in Finlandia. L’Italia, purtroppo, si situa ben lontano da questi valori con stime della popolazione servita dall’e-banking che oscillano tra il 9% e l’11%, classificandosi dietro la Lettonia, la Slovenia, la Slovacchia e la Lituania.
Prima di ricordare alcune delle cause che potrebbero aver contribuito a frenare lo sviluppo dell’e-banking in Italia rispetto a quanto avvenuto in altre realtà, è probabilmente utile soffermarsi su alcune sue caratteristiche strutturali.
Innanzitutto, va precisato che il numero di conti (oltre 10 milioni a fine 2006) è la sommatoria di due addendi: i conti caratterizzati da specifico contratto e correlate condizioni differenziate nei confronti dei conti bancari tradizionali e i conti tradizionali ai quali è consentito l’accesso via Internet. Non si è lontani dalla realtà nell’affermare che all’interno dei conti on line il rapporto tra queste due entità è vicino alla proporzione 1 a 5 e che essi sono offerti da banche puramente on-line, dalle banche “risparmio” (i cui canali sono la rete di promotori, Internet e il call center), dalle Società di Intermediazione Mobiliare (Sim) e dai canali specializzati nel trading 3.
L’indice di movimentazione dei conti on-line è stato del 33% a fine 2006 se riferito a disposizioni bancarie e del 13% guardando le operazioni di trading. Con un andamento a forbice se si dilata l’analisi ai primi anni di questo secolo: in crescita per l’e-banking; stazionario ma su livelli ben più contenuti per l’e-trading, dove i valori di movimentazione sono strettamente legati all’andamento dei mercati finanziari o alla percezione che ne ha la clientela.
È interessante, infine, ricordare la composizione delle operazioni dispositive (poco meno di 24 milioni nel 2006) ripartite tra operazioni di pagamento (oltre il 62%), ricariche di cellulari e di carte prepagate (oltre il 36%) e altre operazioni (mutui, prestiti personali).
Uno spazio specifico è, poi, dedicato dal “Rapporto” KPMG all’analisi dei punti di forza delle banche secondo la loro stessa valutazione: si viene, così, ad apprendere che elementi di positività continuano ad essere l’informativa finanziaria con gli annessi aspetti didattici, la qualità del servizio customer care, l’offerta di pagamenti e il livello di sicurezza. Mentre i punti di debolezza si individuano nel livello di offerta e-trading e nelle piattaforme utilizzate per l’e-banking e per il trading on line.
Punti di forza e fattori di criticità che naturalmente costituiscono la premessa logica per la valutazione e la fissazione di obiettivi coerenti, quali la diminuzione di operatività allo sportello, l’offerta del servizio a clienti esistenti e l’ampliamento della gamma dei servizi dispositivi.
Anche per le SIM e gli intermediari specializzati non vi sono particolari novità rispetto al passato quanto ad obiettivi dichiarati: allargamento della base clienti, miglioramento della piattaforma tecnologica e incremento della redditività delle operazioni di trading (oscillando i relativi volumi tra i 265 e 290 milioni di euro).
Alla luce di questi obiettivi il “Rapporto” KPMG delinea tre tipi di scenario: conservativo e quindi in linea con l’andamento degli ultimi semestri; più dinamico grazie alle politiche di un pricing complessivo (canoni+commissioni) maggiormente contenuto rispetto al passato; e, infine, di razionalizzazione dei conti da parte di clienti di banche oggetto di fusioni e acquisizioni.
Sulla base di questi tre scenari nel biennio 2007-08 il numero dei conti/accessi on line potrebbe ragionevolmente oscillare tra gli 11,3-11,7 milioni di fine 2007 e i 12,3-13,7 milioni di fine 2008; per i conti attivi sulle disposizioni di e-banking le stime si situano tra un livello superiore ai 4 milioni e una quota non lontana dalla vetta dei 5 milioni. E, infine, il volume delle disposizioni e-banking potrebbe situarsi tra i 30-31,3 milioni di fine 2007 e i circa 42 milioni della fine dell’anno successivo.
Le ipotesi di scenario e le previsioni quantitative appena descritte lasciano intravedere una fase di ulteriore sviluppo dell’e-banking in Italia che potrà rivelarsi anche più accentuato – e qui il riferimento d’obbligo è ad alcuni fattori che si sono in passato rivelati frenanti – se le banche e gli altri intermediari operanti su questo mercato intenderanno agire su alcuni fattori critici. A cominciare dalla sicurezza, il cui valore va garantito nel tempo e la cui percezione va rafforzata presso la clientela per superare i timori e le ritrosie che, come si è ampiamente ricordato, tuttora si manifestano verso strumenti a tecnologia avanzata in misura maggiore di quanto riscontrato nella realtà dei Paesi nordici. Per passare alle politiche di comunicazione sui vantaggi dell’e-banking finora caratterizzate da episodicità e settorialità, mentre dovrebbero acquisire connotazioni di continuità e coinvolgimento di tutte le risorse umane (comprese quelle adibite ai servizi di sportello).
E poi molto da fare c’è anche sul versante della politica di gestione di questo specifico canale che non va considerata in forma autonoma, ma dovrebbe sempre più trovare modalità di integrazione nella pluralità dei rapporti con la clientela. E, infine, come dimenticare la criticità del capitolo del pricing che ha acquisito un ruolo significativo dopo la svolta del 2003 con il passaggio dall’offerta di e-banking gratuito ad una di tipo oneroso, passaggio allora reso necessario dalla marcata flessione delle commissioni percepite su operazioni di e-trading?
A questi fattori che trovano ampio spazio di valutazione nel “Rapporto” KPMG vale la pena di aggiungerne un quinto, che può essere risolutivo: l’elaborazione di politiche di marketing differenziate per segmenti di clientela scelti per caratteristiche professionali e per fasce di età con una traduzione di queste specificità in termini di condizioni contrattuali normative ed economiche applicate. E non è secondario sostenere che l’attenzione a questa condizione potrebbe rappresentare anche una delle chiavi di svolta dell’effettiva penetrazione dell’e-banking nel costume della società italiana.

 

   
   
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