Dicembre 2007

il fascino intatto de la società libera

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Rileggere von Hayek
Piero Ostellino  
 
 

 

 

 

Nel binomio
democrazia-liberale è più importante l’attributo “liberale” del sostantivo
“democrazia”. Hayek ci aiuta
a non dimenticarlo.

 

Gli italiani hanno un forte pregiudizio nei confronti del liberalismo semplicemente perché non lo hanno mai conosciuto e non sanno cosa sia. Non abbiamo avuto la Riforma protestante, che ha aperto la strada al concetto di responsabilità individuale. Siamo figli di tanti cattivi padri. L’Illuminismo razionalista francese che – a differenza di quello empirico scozzese di David Hume e Adam Smith – ha imprigionato il processo sociale nella gabbia della Ragione e mira alla sua prevedibilità e al suo controllo. L’Idealismo tedesco, che ha subordinato la libertà, e le istituzioni del costituzionalismo, allo “Spirito della Storia”, e per il quale essere liberi significa accettare, adattarsi e sottomettersi alle sue variabili leggi.

Razionalismo e Idealismo hanno gettato le basi dei grandi totalitarismi del XX secolo. Il positivismo giuridico, che ha sostituito al Diritto la legislazione la quale è, insieme, dittatura della maggioranza – la volontà generale di Rousseau, denunciata da Tocqueville e da Constant – e mortificazione dell’universalità della Legge attraverso l’arbitrio legislativo di cambiare le leggi secondo la convenienza da parte di chi, di volta in volta, conquista il potere. Infine, gli intellettuali del secondo dopoguerra, muse cortigiane del “nuovo Principe” gramsciano per viltà morale e per convenienza politica, che hanno bloccato per decenni la pubblicazione dei classici del liberalismo contemporaneo da parte delle case editrici per le quali lavoravano.
Così, anche ora che tutti si dicono liberali, i diritti di libertà individuali sono sinonimo di egoismo, che farebbe il danno di una “collettività” non meglio identificata, come se la collettività non fosse una pluralità di individui; la libertà economica è sinonimo di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, mentre è una manifestazione delle libertà individuali, che trovano i loro limiti nel diritto di ognuno a goderne nella stessa misura; il mercato è assimilato allo stato di natura, mentre è un processo di individuazione e soddisfacimento degli interessi di tutti. La libertà liberale non è anarchia, ma si sostanzia e si manifesta all’interno di un quadro normativo perché è anche un concetto giuridico, non solo politico o economico. Godiamo delle libertà individuali, che attribuiamo alla democrazia, mentre esse sono figlie del liberalismo. Che è il costituzionalismo, lo Stato di diritto, il governo della Legge.
Dei pregiudizi nei confronti del liberalismo – la sola dottrina dei limiti del potere, quale esso sia, politico, economico, sociale, ideologico – fa giustizia una bella edizione, tradotta e curata da Lorenzo Infantino, di uno dei capolavori del pensiero politico del ‘900, La società libera, di Friedrich A. von Hayek.

Il liberalismo, ricorda Hayek, muove dal riconoscimento dei limiti della conoscenza umana, della dispersione della conoscenza di tempo e luogo e, quindi, della fallibilità degli uomini. Perciò nessuno può pretendere di essere depositario di un punto di vista privilegiato e di imporlo agli altri, bensì tutti dobbiamo poter concorrere liberamente a scoprire e a proporre punti di vista diversi e alternativi. Solo il mercato e la concorrenza – anche, ma non solo, economica – provvedono a mobilitare e valorizzare tali risorse e tali opportunità che concorrono tutte, e inconsapevolmente, a creare la “Società libera”.
La libertà liberale è, dunque, non impedimento, assenza di costrizione, è la sfera entro la quale ciascuno può agire senza essere ostacolato da altri. È “libertà negativa”, “libertà da”, che un altro pensatore liberale, Isaiah Berlin – nel celebre saggio sui Due concetti di libertà – ha contrapposto alla “libertà positiva” democratica, la “libertà di”. Non ci sarebbe, del resto, libertà democratica, “libertà di partecipazione”, senza libertà liberale, “libertà dalla costrizione” con tutto il suo patrimonio di diritti individuali, di coscienza, di parola, di associazione. Inoltre, nel passaggio dall’empirismo liberale – l’individualistica aspirazione dell’uomo ad essere padrone dei propri sentimenti, dei propri desideri, delle proprie emozioni, della propria vita – al razionalismo democratico, l’aspirazione dell’uomo a vivere secondo Ragione, il rischio è di passare dalla Libertà all’Obbedienza nei confronti di chi meglio di noi sa che cosa sia la vita “buona”, come agire virtuosamente. Nel binomio democrazia-liberale, è più importante l’attributo “liberale” del sostantivo “democrazia”. Hayek ci aiuta a non dimenticarlo.

 

   
   
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