Giugno 2007

cinquant’anni d’europa

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Oltre la crisi
M.B. - D.M.B.  
 
 

 

 

È interesse forte del nostro Paese che si completi l’allargamento verso Sud e che vengano rafforzate le politiche
di vicinato nei confronti del
Vicino Oriente.

 

Nonostante le importanti realizzazioni degli ultimi anni, (euro, allargamento, accordo sul Trattato costituzionale, intervento nei Balcani e ruolo crescente nel Vicino Oriente e verso l’Iran), l’Europa sembra essere ancora in una fase di stallo e di sfiducia, che – anche per effetto della prolungata crisi economica – può correre il rischio di diventare crisi grave. Da questa difficile situazione, il nostro Paese può subire conseguenze particolarmente negative. Nello stesso tempo, però, può, come del resto altre volte in passato, dare un contributo determinante per imprimere all’Ue un nuovo dinamismo.
Dagli esiti della crisi europea dipenderanno anche la posizione e il ruolo sia economico sia politico dell’Italia in questo nuovo secolo. Nell’economia, il nostro Paese è affetto da una debolezza strutturale che richiederà scelte in grado di affrontare i nodi centrali del suo modello di sviluppo. Nella politica internazionale abbiamo perso, o stiamo perdendo, alcune rendite di posizione, e dobbiamo riesaminare le nostre strategie per non essere emarginati in un mondo non più diviso in due blocchi, nel quale nuovi grandi attori (Cina, India, Brasile, Messico) si affacciano sulla scena. La cornice delle scelte di politica economica e di politica internazionale sarà l’Europa.

L’Italia affronta questo delicato momento mentre il suo sistema politico è ancora impegnato a interrogarsi sulla ricerca di un approccio equilibrato alla questione di che cosa possa essere di parte e che cosa possa essere condiviso (partisan/bi-partisan). Quando una democrazia passa dall’essere senza alternanza (o a un solo partito: si pensi a Giappone, Messico, India, Francia 1958-1981, Germania 1949-1967) all’essere democrazia con alternanza, la questione della continuità o della discontinuità della sua politica – in particolare della sua politica estera – si pone in modo acuto.
La politica europea non è solo politica estera; in gran parte è politica interna. Ma è sempre condotta in un quadro istituzionale nel quale sono presenti governi e istituzioni “esterni”, nei confronti dei quali repentini cambiamenti d’indirizzo possono essere particolarmente costosi.
Per lungo tempo, la fase bi-partisan dell’agenda europea è stata molto estesa. Per certi aspetti anche eccessivamente estesa, con la conseguenza che il supporto sempre e comunque di ogni progetto di integrazione ha, in alcuni casi, impedito un dibattito serio sulle implicazioni di tali scelte per l’economia e per la politica economica italiane.
Il movimento del pendolo ha mutato direzione all’inizio dell’ultima legislatura e, come spesso accade, si è forse spostato eccessivamente nella nuova direzione. Per questa ragione, l’Istituto Affari Internazionali ha proposto una mappa delle principali questioni iscritte all’agenda europea, che sono suscettibili di essere dibattute oggettivamente, per una proposta complessiva condivisa della nostra politica europea.
Tre i grandi campi affrontati: questioni economiche e sociali, proiezione esterna e di sicurezza, riforma istituzionale dell’Unione. Da questo quadro emergono quindici cardini della politica europea del nostro Paese, che sarebbe auspicabile tenere fermi, perché sembrano coincidere con gli interessi vitali della Penisola e sono fondamentali per il suo rilancio. Che corrisponde, in larga parte, col rilancio dell’Europa.á Questioni economiche e sociali
Consolidare la nostra partecipazione all’euro. Non si tratta soltanto di metter fine alle parole in libertà, di lamentare il nostro ingresso nella moneta unica o addirittura di ventilare un’uscita. Occorre soprattutto una più forte presa di coscienza delle scelte di fondo che l’economia e la politica economica debbono effettuare, affinché l’Italia adatti il proprio modello di sviluppo alla competizione nel mercato unico e nell’economia globalizzata.
Osservare la disciplina di bilancio. L’alto debito pubblico e le condizioni di obiettiva fragilità delle finanze pubbliche richiedono una correzione strutturale che si può realizzare solo in un arco di tempo medio-lungo. In quanto scelta obbligata, un’applicazione rigorosa del Patto è un elemento che dev’essere condiviso dalla nostra politica economica.
Completare il mercato unico. Dal completamento di questo mercato anche nei settori dei servizi e delle utilities, l’economia italiana ha da guadagnare più di altre, proprio perché è più lontana dalla frontiera dell’efficienza rispetto alle rimanenti economie dell’Unione. Un sostegno condiviso sarebbe anche il suggello all’accettazione dell’economia di mercato come orizzonte essenziale per strategie credibili di prosperità e di sviluppo.

Sviluppare il bilancio comunitario. L’Italia, essendo in una posizione meno condizionata da schieramenti pre-definiti, è meglio piazzata per lanciare al momento opportuno un’iniziativa di progressivo superamento della logica del “giusto ritorno”. L’ambizione è di fare del bilancio uno strumento chiave nel rilancio di una strategia europea di crescita.
Far crescere l’Eurogruppo. L’Italia ha interesse a un rafforzamento dell’Eurogruppo sia nel suo ruolo interno (più forte coordinamento delle politiche economiche nell’area dell’euro) sia in quello internazionale (rappresentanza adeguata della zona dell’euro verso la “voce unica” nel G7, nel G20 e nelle istituzioni del Bretton Woods). A livello istituzionale, questo potrebbe sfociare in una “cooperazione rafforzata” fra i Paesi della zona-euro, con conseguenze politiche di carattere generale.
á Proiezione internazionale e sicurezza
Promuovere il multilateralismo e il ruolo dell’Ue. Il ruolo internazionale dell’Italia può crescere solo di pari passo con il rafforzamento delle grandi organizzazioni multilaterali e dell’Unione europea. È interesse del nostro Paese promuovere una politica europea nelle sedi multilaterali (Osce, Onu, Fmi, Banca mondiale, ecc.) che rafforzi il profilo internazionale dell’Unione e limiti tendenze nazionaliste insorgenti al suo interno.
Riequilibrare l’allargamento dell’Unione. L’allargamento ha sbilanciato la Ue verso Nord e verso Est. È interesse forte del nostro Paese che si completi l’allargamento verso Sud e che vengano rafforzate le politiche di vicinato nei confronti del Vicino Oriente allargato e dell’Africa. In questo quadro, vanno sviluppati strumenti di cooperazione più efficaci con i Paesi contigui, e allo stesso tempo vanno tenuti fermi i criteri politici dell’Unione: quando ci si indirizza verso aree di potenziali conflitti etnici o nazionalistici (quali i Paesi dell’ex Jugoslavia, la Moldova, il Caucaso, ecc.) è necessario impedire che quelle logiche conflittuali siano importate all’interno dell’Unione.
Aumentare la sicurezza nelle aree circostanti l’Unione. È nostro interesse mantenere alto l’impegno dell’Ue nella ricerca della stabilità della sicurezza in aree quali il Golfo, il bacino del Caspio e l’Africa mediterranea. Queste regioni hanno un ruolo chiave non solo nell’ambito degli approvvigionamenti energetici, ma anche sul fronte della lotta al terrorismo, ai cartelli del crimine e al controllo dei flussi migratori clandestini. L’Italia deve promuovere la creazione di una larga area extraeuropea di cooperazione e di controllo, che va definita a livello europeo per raccordarla alle politiche comuni di sicurezza e di lotta alla criminalità.
Sostenere e specializzare la difesa italiana. È necessario combattere il rischio di un declassamento dell’Italia nel campo della difesa e della sicurezza continentale, cui il nostro Paese è esposto a causa della situazione economica e delle pesanti riduzioni del bilancio del dicastero competente verificatesi negli ultimi anni. Per l’industria italiana della difesa è indispensabile un’iniziativa politica volta a valorizzare le nicchie di eccellenza nazionali, in un coerente quadro di integrazione europea che veda l’Italia abbandonare le aree tecnologiche dove i nostri partner possono fornire prodotti più maturi, e nello stesso tempo ottenere l’adozione da parte degli stessi partner di prodotti italiani più validi.
Integrare la sicurezza e la difesa europea. Lo strumento militare non può più essere pensato come disgiunto da altri strumenti civili e di sicurezza. Ciò vuol dire superare, a livello europeo, l’attuale distinzione tra impegni e spese “per la difesa” e “per la sicurezza”, e ripensare gli strumenti militari europei in funzione di una maggiore integrazione civile/militare. Noi possiamo essere protagonisti di un dibattito avanzato su questi temi.á Riforma istituzionale
Promuovere la ratifica del trattato istituzionale. È la condizione indispensabile per giungere ad un confronto fra i governi da posizioni definite che abbiano già avuto un riscontro da parte del Parlamento oppure dell’elettorato. È importante che si crei un collegamento e possibilmente un’unità d’azione fra i Paesi ratificanti che rappresentano già oggi più della metà della popolazione dell’Unione. Agendo di concerto, i Paesi che hanno ratificato possono continuare ad esercitare un’efficace azione di stimolo e di sollecitazione nei confronti di chi non ha voluto sottoscrivere il trattato, di chi deve ancora pronunciarsi, di chi ha adottato una posizione d’attesa.
Rafforzare la democrazia europea. Per il rilancio delle riforme istituzionali è indispensabile un impulso esterno all’ambito intergovernativo, che potrà essere fornito solo dal Parlamento europeo. In primo luogo, esso è la più forte espressione della democrazia europea. Inoltre, la Commissione ha rinunciato a svolgere un ruolo propulsivo, mentre manca un collegamento fra i Parlamenti nazionali, anche fra quelli nei quali si registra una larga maggioranza favorevole alla riforma. Sarà importante che i Paesi più favorevoli e più interessati alla riforma, e fra questi l’Italia, si adoperino perché le eventuali iniziative del Parlamento europeo trovino appoggio e siano recepite a livello intergovernativo. In occasione delle prossime elezioni del Parlamento europeo (2009), il nuovo trattato potrebbe essere sottoposto al vaglio degli elettori in un referendum europeo che coinvolga tutti i Paesi membri.
Favorire i progressi pragmatici. L’applicazione informale di alcune disposizioni del trattato è da favorire, soprattutto nel campo della politica estera e di difesa, pur ponendo costante attenzione all’impatto che alcuni cambiamenti, in particolare quelli che coinvolgono la sfera istituzionale, possono avere sul complessivo assetto costituzionale dell’Unione.
Appoggiare le avanguardie e farne parte. La creazione e il consolidamento di “gruppi di avanguardia”, sia all’interno che all’esterno del contesto Ue, può dare un impulso importante al processo di integrazione e anche al processo di riforma. Un nucleo incentrato sui Paesi dell’euro potrebbe svolgere questo ruolo in modo particolarmente efficace.
Essere l’alleato di chi vuol fare avanzare l’Europa. È nostro interesse evitare la formazione di assi preferenziali o di direttorii, e appoggiare chi, di volta in volta, si adopera con maggior forza per il rafforzamento della costruzione europea: politiche comuni, quadro istituzionale forte, chiara base democratica. Seguendo questo percorso, l’Italia può continuare a cogliere importanti successi nel negoziato europeo.

 

   
   
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