Giugno 2007

futuro dell’unione

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Un’identità
per la nuova Europa
Javier Solana Alto Rappresentante Politica Estera e Sicurezza Comune Ue
 
 

 

 

Noi abbiamo
una percezione
più forte di
questi valori
e una percezione
maggiore della
necessità
di difenderli come un’eredità per le generazioni future: l’Europa ha
dentro un potere responsabile.

 

Alcuni sostengono che la politica estera si occupi essenzialmente della difesa dei propri interessi e della sicurezza nel mondo. Altri dicono che, per spiegare il comportamento delle Nazioni, basta osservare la posizione che occupano nella struttura del sistema internazionale. C’è del vero in entrambe le considerazioni.
In primo luogo, abbiamo degli interessi europei da difendere. Ma anche gli altri Paesi difendono i propri interessi, pertanto non è necessario essere sulla difensiva a questo proposito. In secondo luogo, gli europei potranno avere influenza soltanto se si uniscono.
Tuttavia, queste spiegazioni non tengono conto di un fattore fondamentale, vale a dire l’impatto che l’identità esercita sulla politica estera. Le azioni che si compiono sulla scena internazionale sono anche espressione della propria identità, della definizione di se stessi e dei valori che si cerca di promuovere all’estero. Talvolta le discussioni sull’identità europea degenerano in luoghi comuni, ma non bisogna dimenticare che nel 2003 abbiamo adottato quella che è stata la prima strategia europea in materia di sicurezza.
Credo che vi sia un insieme di valori di fondo, di convinzioni e di esperienze che generano una composita identità europea; vi sono inoltre ormai abbastanza elementi di un modello europeo in base al quale organizziamo le nostre società e interagiamo con il resto del mondo.

Quali? La compassione per coloro che soffrono, la pace, la riconciliazione attraverso l’integrazione, un forte attaccamento ai diritti umani, la democrazia e il principio della legalità, lo spirito del compromesso sommato all’impegno di promuovere in maniera pragmatica un sistema internazionale basato su regole, e infine la sensazione che la storia e la cultura siano aspetti centrali per comprendere come il mondo funziona e come dovremmo affrontarlo.
Questi elementi non appartengono soltanto all’Europa, e pertanto non dobbiamo dare di noi stessi una definizione in negativo, in opposizione agli “altri”. Probabilmente noi abbiamo però una percezione più forte di questi valori e, senza alcun dubbio, una percezione maggiore della necessità di difenderli come un’eredità per le generazioni future. Quindi, l’Europa ha dentro di sé un potere responsabile.
La politica estera è un modo per esprimere la propria identità, ma l’azione sinergica sulla scena mondiale è a sua volta un modo per plasmare un’identità comune e rafforzarla. Le identità non sono statiche. Più agiremo insieme, e più avremo successi da condividere, accanto a sconfitte occasionali; le nostre risposte saranno sempre più convergenti e questa idea di identità europea diventerà sempre più solida.
L’opinione pubblica insiste sull’importanza di un ruolo più forte dell’Europa. Sono convinto che ciò non accada soltanto per promuovere i nostri interessi materiali, o perché rischiamo di venire schiacciati dalle superpotenze di oggi o di domani, ma anche per difendere una certa idea di Europa.
L’ascesa di Cina, India, Brasile, e di altri Paesi, il ritorno della politica delle identità, la nuova rilevanza delle questioni energetiche e delle migrazioni: dobbiamo capire questi cambiamenti. Non per negarli, ma per gestirli; non per opporci alla globalizzazione, ma per negoziare le condizioni in cui questi cambiamenti avvengono.
Attraverso le sue azioni, l’Unione europea deve essere in grado di rispondere a questi cambiamenti e di incanalarli in una direzione che sostenga i nostri ideali e interessi. Questa è la vocazione dell’Europa. L’Europa deve avere la forza di accettare le cose che non possono essere cambiate, e il coraggio di cambiare le cose che devono essere cambiate, ma deve avere anche la saggezza di distinguere le une dalle altre.

 

   
   
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