Giugno 2007

Società avanzate

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Ma la felicità è a portata di molti
Tyler Cowen *  
 
 

 

 

 

 

Le crescenti disparità di ricchezza e di reddito inducono molte persone a chiedersi se l’economia americana (e non solo) contemporanea non sia per caso studiata per favorire i ricchi. Mentre non vi sono dubbi che il divario tra i ricchi e tutti gli altri negli ultimi anni si è allargato, la situazione non è così impari come alcune delle cifre parrebbero implicare. Buona parte dell’aggravata situazione della disparità di reddito è legata alle tendenze demografiche naturali. In linea generale, vi sono maggiori disparità di reddito tra la popolazione più anziana che tra la popolazione più giovane, se non altro perché gli anziani hanno avuto più tempo a disposizione per sperimentare un miglioramento o un peggioramento delle proprie fortune.

Le fasce più colte della popolazione evidenziano maggiori disparità di reddito rispetto a quelle meno colte. Le persone che hanno studiato meno hanno maggiori probabilità di ritrovarsi raggruppate in una piccola fetta di reddito relativamente basso, mentre tra le persone che hanno studiato c’è più differenziazione: si va da coloro i quali mantengono la famiglia e sono molto motivati, ai bohémiens, assai più rilassati, oltre a una vasta gamma di investitori vincenti e perdenti.
La conseguenza è una molteplicità di redditi. Poiché la popolazione degli Stati Uniti sta invecchiando e diventando sempre più colta, ne consegue che anche le disparità di reddito cresceranno.
Alan Reynolds, membro del Senato accademico del Cato Institute, nel suo ultimo libro, Income and Wealth, sostiene che molte misurazioni delle disparità di reddito non tengono adeguatamente conto degli aiuti governativi ai gruppi sociali a basso reddito. Inoltre, dice, i ricchi sembrano diventare sempre più ricchi soltanto in conseguenza dello spostamento di reddito indotto dalle tasse dal settore delle imprese al singolo individuo, nella scia dei cambiamenti fiscali apportati negli anni Ottanta. Secondo Reynolds, l’aggravarsi della disparità di reddito è un’illusione statistica. Gli economisti professionisti concordano sul fatto che questo Autore probabilmente si spinge troppo oltre.
In ogni caso, come sostengono Reynolds e altri, il reddito non è l’unico – né il più importante – indice di disparità. Per esempio, la disparità nei consumi, la differenza cioè tra ciò che consumano i ricchi e i poveri, non evidenzia un significativo trend verso l’alto.
La felicità, con ogni probabilità la variabile più rilevante per uno studio sulla disparità, è altrettanto, se non più difficile da quantificare. La disuguaglianza nella felicità è spesso meno evidente della disparità di reddito, quanto meno nelle società abbienti. Di norma, chi guadagna mezzo milione di dollari l’anno non è dieci volte più felice di chi ne guadagna cinquantamila l’anno. Il secondo, infatti, può anch’egli godere di tutti i vantaggi del mondo moderno.
La questione non è dunque nei termini così negativi ipotizzati dai critici. I dollari sui nostri conti correnti sono, sì, un indice di valore sociale, e difficilmente sembra giusto che i ricchissimi debbano ricevere sempre di più; tuttavia, per tutti noi, la vita non è poi così terribile. Il reddito e la disparità di ricchezza sono indici che considerati a sé forniscono un quadro pessimistico e fuorviante della situazione reale. Ciò che più conta è quanto bene la gente stia in termini assoluti. Dovremmo continuare a migliorare le opportunità per chi ha un reddito basso, ma dire che l’ineguaglianza e la disparità sono il principale problema cronico dell’America è un’esagerazione.

* Docente George Mason University

 

   
   
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