Dicembre 2006

Un altro mondo

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Promemoria per una
democrazia ambientale
Wangari Muta Maathai Premio Nobel per la Pace
 
 

 

 

A meno che non si cambi il modello, le generazioni
future
erediteranno
un ambiente
impoverito,
un mondo più
affamato, meno fertile e con
maggiore
instabilità.

 

Il Nobel per la Pace non me l’aspettavo proprio e non ne sapevo nulla fino a mezz’ora prima dell’annuncio ufficiale, venerdì 8 ottobre 2004. All’inizio pensavo fosse qualcuno che mi stava facendo uno scherzo, poi mi hanno chiamato personalmente l’ambasciatore norvegese a Nairobi e l’Istituto per il Premio. A questo punto ho capito che non si trattava di qualche burlone... Insomma, è stata una sorpresa enorme, fantastica.
Il mio Nobel credo sarà un’utile spinta per l’ambientalismo in generale, non solo per noi del Green Belt Movement, in Kenya, ma in tutta l’Africa e nel resto del mondo, perché – ne sono sicura – tutti gli ambientalisti si sentiranno onorati per il fatto che sia stato riconosciuto il lavoro di chi opera a favore della natura.

Avere scelto, per la prima volta, un’ambientalista, credo sia stato il riconoscimento che il nostro lavoro previene i conflitti. Perché, oggi più che mai, le guerre scoppiano per accaparrarsi le risorse naturali. Rispettare l’ambiente, quindi, significa preservare la pace. Attualmente, molti conflitti scoppiano a causa delle risorse naturali in possesso di determinati Paesi, dunque il motivo del mio riconoscimento mi sembra chiaro: se noi amministriamo le nostre risorse naturali in maniera opportuna, oculata, sostenibile, con giustizia ed equità, possiamo prevenire le guerre, altrimenti... Credo che si sia voluto riconoscere la nostra lunghissima lotta, e, nello stesso tempo, si sia voluto dare un segnale forte: dimostrare che le relazioni tra democrazia, amministrazione sostenibile e pace sono fondamentali per assicurare la sicurezza al genere umano.
Nella protezione dell’ambiente, bisogna sottolineare l’importanza dell’educazione, che si evince anche da ciò che fa la nostra associazione ambientalista, e a chi ci chiede quando saremo pronti per un’economia non più basata sul petrolio, ma su risorse energetiche, rispondiamo che ormai tutti hanno capito che, alla fine, il petrolio è una risorsa limitata, destinata prima o poi ad esaurirsi.
Per uno sviluppo sostenibile, uno degli otto Obiettivi del Millennio stabiliti dalle Nazioni Unite, è fondamentale il coinvolgimento della gente. Mi piacerebbe molto che prendessero ispirazione soprattutto i giovani. Voglio dire loro che, nonostante le sfide e i vincoli che hanno di fronte, esiste una speranza. Voglio incoraggiarli a servire il bene comune. Le mie esperienze di vita mi hanno insegnato che il servire gli altri offre sempre delle ricompense molto speciali. Ho molta speranza e fiducia nei giovani, perché le loro menti non sono frenate da vecchi pregiudizi sull’ambiente e perché non c’è bisogno di essere ricchi e mollare tutto per diventare un attivista ambientale. Persino usare entrambe le facciate di un foglio in A4, prima di riciclarlo, vuol dire preservare l’ambiente in modo sostenibile.
La situazione, però, è seria, perché le nuove generazioni soffriranno le conseguenze dei cattivi comportamenti ambientali di quelle che le precedono. A meno che non si cambi radicalmente il modello, le generazioni future erediteranno un ambiente impoverito, il che significa un mondo più affamato, meno fertile e con maggiore instabilità. Ed esploderanno sempre più conflitti. Per questo i giovani devono essere sempre maggiormente coinvolti nel promuovere la sostenibilità ambientale.
Troppo spesso, quando si parla di conservazione ambientale e di sviluppo sostenibile, si tralascia l’aspetto culturale. Bene, durante l’attività al Green Belt Movement, abbiamo capito che alcune delle comunità kenyane e africane avevano perso aspetti della loro cultura che facilitavano la conservazione ambientale. La cultura, del resto, definisce chi siamo e come vediamo noi stessi. Un nuovo approccio nei confronti della natura ci offre spazi per un nuovo modo di andare verso la cultura e verso il ruolo che essa gioca nello sviluppo sostenibile.
Prendiamo ad esempio il monte Kenya, seconda montagna dell’Africa più alta dopo il Kilimangiaro, eletto “Patrimonio dell’Umanità” dall’Unesco, e che è ricoperto da ghiacciai, rappresentando la fonte di molti fiumi kenyani. Oggi, in parte a causa dei cambiamenti climatici, in parte a causa del disboscamento e dei mutamenti dovuti alle coltivazioni intensive, i ghiacciai si stanno sciogliendo. Molti fiumi che sgorgavano dalla montagna si sono seccati o hanno visto calare sensibilmente i loro alvei. La biodiversità, in una parola, è minacciata dal disboscamento che c’è stato, mentre il monte Kenya era solito essere considerato sacro dalle popolazioni kikuyu che vivevano e vivono ai suoi piedi. Se alla montagna si desse ancora l’importanza che le attribuiva in passato la cultura delle popolazioni locali, la gente non avrebbe consentito l’abbattimento delle foreste, del tutto illegale (trattandosi di patrimonio mondiale e di parco nazionale), e la scomparsa di quasi tutte le aree verdi.
Un altro aspetto è quello della relazione tra democrazia e ambiente. Da sempre credo che questo legame sia indissolubile. Quando parliamo di ambiente, generalmente intendiamo l’amministrazione delle nostre risorse naturali in modo appropriato, affinché possano essere usate per migliorare la nostra qualità della vita. Noi vogliamo essere in grado di accedere a tali risorse in modo sano e salutare. Se noi crediamo che un ambiente pulito e sano sia un diritto, non possiamo ottenerlo senza un governo democratico che lo rispetti e lo riconosca, assieme agli altri diritti fondamentali. Se i cittadini non sono consapevoli di questo diritto e delle loro responsabilità, non avremo mai un ambiente sano. Senza l’elemento-democrazia, una vita sostenibile non può essere portata avanti. È impossibile alleviare la povertà del mondo senza trovare una maniera di usare in modo sostenibile le risorse naturali a nostra disposizione. Anche perché quando le persone sono povere non pensano alle conseguenze di lungo termine delle loro azioni su una foresta, un corso d’acqua, un campo o una specie animale. E una volta che quella determinata risorsa è stata degradata, oppure è andata perduta per sempre, il povero diventerà ancora più povero.
Anche la pace è intimamente legata all’ambiente: molti conflitti sono scoppiati a causa delle risorse naturali, siano esse terre, foreste, giacimenti minerari o petroliferi, acqua o alimenti. Dal momento che le risorse del pianeta continuano ad essere erose attraverso l’uso insostenibile, lo sfruttamento e la pessima gestione, conflitti e guerre infurieranno sempre più spesso e saranno sempre più difficile da contenere. Proteggere l’ambiente, sia a livello globale che a livello locale, quindi, è essenziale per raggiungere una pace duratura. Per questo è decisivo che la gente nel mondo diventi più attiva: per invertire la tendenza odierna che conduce verso il degrado ambientale, e per combattere gli effetti negativi di questo degrado sulle nostre vite e su quelle di tutte le altre specie vegetali e animali.

 

   
   
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