Giugno 2006

PREVISIONI USA 2006

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Ancora boom
Stanley Becker Premio Nobel per l’Economia
 
 

 

 

Anziché
prendersela con la Cina, gli europei dovrebbero
mettere mano
alle riforme per rendere la propria economia
più reattiva.

 

Le sfide che la Federal Reserve dovrà affrontare nel 2006 sono sostanzialmente due: i tassi di interesse e il mercato immobiliare. I due temi sono collegati perché alti tassi di interesse scoraggiano il mercato immobiliare. Il timore degli economisti è che l’economia americana stia crescendo troppo velocemente e possa esplodere l’inflazione.
Per quel che riguarda le prossime mosse della Banca centrale americana, non credo che aumenterà ancora i tassi, a meno che ci sia la prova che l’inflazione stia marcatamente aumentando o che la crescita economica stia salendo troppo in termini reali. Se tutto ciò non si verificherà, e non me lo aspetto, non ci sarà alcun aumento dei tassi di interesse.
C’è chi paventa il rischio di un crollo del mercato immobiliare. C’è da dire che negli Stati Uniti c’è stato un boom di questo mercato, guidato da tassi di interesse molto bassi, che è durato molto a lungo. Adesso il tasso di crescita ha cominciato a decrescere. Ma il calo non sarà eccessivo e non creerà problemi all’economia. In ogni caso, la gradualità della decelerazione sarà anch’essa una delle sfide del 2006. Dunque, se il mercato immobiliare non crollerà, i consumatori non avranno problemi di soldi. Magari, visto che abbiamo tassi di interesse piuttosto alti, ne prenderanno un po’ meno a prestito. E se l’aumento dei prezzi immobiliari rimarrà contenuto, vedremo una diminuzione del valore dei risparmi familiari. Ma non credo che dovremo aspettarci problemi su questo fronte.
Sono convinto, infatti, che l’economia americana sia ancora in ottima forma: la produttività è buona, la disoccupazione è molto bassa, soprattutto secondo i parametri europei, e la crescita dell’occupazione è solida. Nel 2006 potremmo persino assistere a un aumento degli investimenti aziendali. Onestamente, sono persuaso che l’economia sarà generalmente in buono stato, e sarei sorpreso se ci fosse qualche aggiustamento di rilievo. Ovviamente, salvo imprevisti.

Riguardo ai salari, in alcuni settori essi sono già parzialmente aumentati e stanno continuando a salire, mettendo a segno incrementi che riflettono il buon andamento della produttività. Ma questo non dovrebbe costituire un problema per l’inflazione. Non credo proprio che l’inflazione nel 2006 rappresenterà un problema importante. Potrebbe invece rappresentarlo l’ampio deficit della bilancia commerciale americana. Se i tassi di interesse americani continueranno a rimanere alti rispetto a quelli europei, il deficit della bilancia commerciale persisterà. La situazione si tradurrà in un rialzo del dollaro, sebbene fino ad ora siano stati in molti a predirne la caduta. Sbagliando. Credo che quello che succederà dipenderà molto dal rapporto dei tassi di interesse americani con quelli europei e giapponesi.
Nel contesto dell’Europa, ci sono segnali che alcuni Paesi del Vecchio Continente (come la Germania e perfino l’Italia) potrebbero fare meglio. Le tre grandi economie europee – Germania, Francia e Italia – debbono però portare avanti le riforme del mercato del lavoro. Devo ammettere che, in alcuni di questi Paesi, ci sono stati dei miglioramenti, ma nel complesso non ritengo che l’economia europea farà meglio di quella americana.
Le ragioni del mio parziale ottimismo sulla Germania sono indotte soltanto da un po’ più di ottimismo rispetto a qualche tempo fa. Ma vorrei essere più fiducioso. Tutti questi Paesi hanno bisogno di riforme. I governi ne riconoscono il bisogno, ma si trovano di fronte a forti resistenze da parte dei sindacati e di quei lavoratori che hanno un buon posto di lavoro. Fino a quando non riuscirà a fare ulteriori cambiamenti, l’Europa continuerà ad avere problemi seri. La rigidità del mercato del lavoro è uno di quelli.
Altro aspetto, l’evoluzione del rapporto tra euro e dollaro. Prevedere l’andamento delle valute è sempre più difficile che prevedere l’andamento delle economie. Posso però dire che il rapporto tra la divisa americana e quella europea dipenderà sicuramente dal differenziale dei tassi di interesse e dalla produttività. Tuttavia non vorrei spingermi oltre sul terreno di queste previsioni.

Da parte sua, la Cina ha un effetto positivo sui Paesi più ricchi e rappresenta una minaccia per quelli più poveri che si trovano a competere direttamente per le stesse tipologie di beni. In generale, la Cina è positiva per l’economia americana. È la fonte di molti beni che compriamo e che costano molto meno di quanto non costerebbero se fossero prodotti in America o acquistati altrove. Le dimensioni del mercato cinese offrono poi un grande potenziale di cui molte aziende stanno già approfittando. Sono molto contrario alla campagna anti-cinese degli Stati Uniti. È un grave errore, almeno per quanto riguarda l’economia. Per la politica vale un altro discorso. Dovremmo consentire alla Cina di esportare, se è in grado di competere, in un contesto di libero scambio.
E lo stesso discorso vale per l’Europa. Non vedo nessuna differenza, a parte il fatto che gli Stati Uniti hanno un’economia più flessibile, e quindi noi possiamo adattarci meglio al fenomeno cinese. Sono convinto che, anziché prendersela con la Cina, gli europei dovrebbero mettere mano alle riforme per rendere la propria economia più reattiva non solo nei confronti della Cina, ma anche dell’India. L’India diventerà una potenza economica tra cinque o dieci anni. L’Occidente e il Giappone dovranno adattarsi all’avvenimento.
La Federal Reserve, oltre al governo, ci sta pensando. Io considero il nuovo Governatore, Ben Bernanke, un buon economista, giudizioso. Sarà calmo. Penso che abbiamo fatto una buona scelta. Certo, ne avremo la riprova solo quando ci sarà una crisi e osserveremo come l’affronterà.
La vera misura del valore di un banchiere centrale è il suo comportamento al cospetto di avvenimenti imprevisti. Infatti, noi abbiamo imparato a conoscere Greenspan a mano a mano che ha affrontato varie crisi economiche: la caduta del mercato azionario nel 1987, l’esplosione della bolla tecnologica, la caduta dei mercati asiatici. Lui si è mosso davvero bene in queste situazioni, e ha saputo mantenere l’economia ad ottimi livelli. Greenspan ha stabilito uno standard molto alto. Non so se Bernanke riuscirà a fare altrettanto. In altre parole: Greenspan è stato uno dei più grandi banchieri della storia americana; Bernanke sarà così grande? Solo il tempo lo potrà dire. Forse Bernanke sarà più trasparente. Greenspan era molto bravo a velare quel che affermava. Non diceva molto, sembrava molto profondo, ed evitava ogni impegno. Presumo che Bernanke sarà più incline a dare maggiori informazioni sull’operato della Federal Reserve, forse non obiettivi precisi ma qualcosa che vi somiglia. E consentirà ai mercati finanziari e alle aziende di avere un’idea migliore di quel che si possono aspettare dalla Banca centrale.
Bernanke ha un ottimo modello in Greenspan. Se riuscirà a fare altrettanto bene, sarà perfetto. Ma deve stare molto attento a cercare di mantenere, per quanto possibile, l’indipendenza dal potere politico e prendere le decisioni che ritiene più appropriate, non quelle preferite dagli uomini di governo.

 

   
   
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