Marzo 2006

Tra Spagna e Italia

Indietro
Opposte “devoluzioni”
Renato Ferrarese
 
 

 

 

 

 

Se vogliamo
scomodare parole nobili, parliamo pure di
federalismo.
Ma quello che si profila non lo è.

 

«Uno Stato plurale, in cui ciascuna Regione gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio del Paese»: entusiasmo leghista dopo l’approvazione della devolution? No. Semplicemente parole di Zapatero in difesa del nuovo Statuto catalano, che attribuisce alla “nazione” della Catalogna un grado di autonomia senza precedenti.
Posizioni assolutamente rovesciate, dunque: in Italia, i conservatori attuano la devolution, e i progressisti parlano di Costituzione “deformata”; in Spagna, la maggioranza progressista (ma qualcuno è perplesso) cede ai catalani, mentre è l’opposizione conservatrice a parlare di «rischio reale di frattura nazionale» e a lamentare la violazione della Costituzione.
Domanda d’obbligo: ma la devolution è di destra o di sinistra? Probabilmente, in Italia come in Spagna, essa è semplicemente il frutto di interessi contingenti e di squilibri di potere: qui, il presidente del Consiglio ha saldato il conto al leader della Lega; lì, Zapatero ha pagato il prezzo agli indipendentisti catalani, che gli sono indispensabili per rimanere in sella alla Camera dei Deputati. Sarebbe allora divertente un dibattito sul federalismo tra popolari (italiani e spagnoli) da un lato, e socialisti (italiani e spagnoli) dall’altro: i popolari italiani, quanto meno quelli oggi al governo, dovrebbero schierarsi con i socialisti spagnoli; e viceversa.
È il frutto di una politica sempre meno ancorata ai princìpi e sempre più indifferente alle identità ideologiche (che non sempre sono un male), ridottasi a un grigio pragmatismo che sconfina spesso nel territorio del cinismo. Purtroppo, questa angustia della politica, in Italia come in Spagna, si manifesta ora su un tema essenziale non solo per la tradizionale identità statuale dei due Paesi, il che sarebbe il meno; ma anche, se non soprattutto, per le condizioni stesse del loro sviluppo e della loro competitività.

Come infatti è stato più volte ricordato dagli osservatori, il nesso tra istituzioni e sviluppo è strettissimo. Addirittura, il sistema elettorale concorre a motivare gli eletti verso comportamenti più o meno virtuosi, in modo particolare in materia di spesa (e noi stiamo imboccando la strada peggiore). Le riforme istituzionali andrebbero perciò maneggiate con molta cura: e non certo in omaggio a una presunta sacralità delle Carte costituzionali che, quanto più vogliono regolare tutto (lo Statuto catalano ha ben 220 articoli), tanto più sono soggette agli insulti del tempo.
Liberali e cattolici dovrebbero allora ricordare che federalismo e sussidiarietà sono due loro conquiste. Quanto più l’esercizio del potere resta vicino a chi lo detiene – i cittadini – tanto più questi decidono, controllano e restano liberi. Il punto è che il modello nato qualche mese fa da noi ha ben poco di autenticamente federale: a partire dalla mancanza di qualunque seria prospettiva di federalismo fiscale, senza il quale le autorità decentrate non hanno nessuna reale autonomia (se non, in tempi ormai remoti e irripetibili, quella di spendere a iosa).
L’Italia ha bisogno di autonomia e di sussidiarietà: se vogliamo scomodare parole nobili, parliamo pure di federalismo. Ma quello che si profila non lo è. E non gioca a favore l’esperienza delle Regioni, la cui istituzione ha aggiunto, e non ridotto, imposte e balzelli, tributi e burocrazie.
Come cittadini, avremo modo di approfondirne tutti gli aspetti. Ma già ora sarebbe opportuno che il dibattito si ancorasse un po’ meno agli interessi di brevissimo periodo, e un po’ più alle esigenze di un grande Paese che ha bisogno di diventare più libero, più efficiente e più competitivo. Chi è contro “questa” devolution dica se il suo “no” sia un “sì” allo Stato centralista, ovvero se abbia in mente un tipo di Stato diverso, e quale. Chi è favorevole, come pensi di governare un Paese bloccato da meccanismi decisionali inceppati e da potenzialità di conflitto permanenti.

 

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2006