Giugno 2005

Deficit italiano fuori linea

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Un 2005 di crescita fiacca
Mabel  
 
 

La prova
dell’Italia sarà
determinante per capire se il nuovo Patto “morde”
ancora, oppure
se si è trasformato in una burla, come affermano diversi
commentatori
economici.

 

Altro che ripresa economica! Il 2005 sarà fiacco quanto il 2004: nelle previsioni pubblicate dalla Commissione europea la crescita del Prodotto interno lordo italiano quest’anno potrebbe essere stimata forse anche sotto la cifra dell’1,2 per cento calcolata fino a questo momento. Uno per cento soltanto è quanto prevede un altro rapporto, quello reso noto da Euroframe*, rete di nove centri-studi (in Italia, Prometeia di Bologna) finanziata dagli organismi europei. Meno crescita significa anche conti pubblici peggiori. Dunque, le previsioni indicano per l’Italia un deficit pubblico 2005 abbastanza sopra il 3 per cento del Pil.
Arriverà a fine anno, dunque, il primo test per il Patto di stabilità rinnovato dall’accordo tra i capi di governo nel marzo scorso. La percentuale esatta di deficit (“indebitamento netto”, secondo la codificazione europea) può essere tollerata fino al 3,5 per cento, numero che già circolava al Fondo monetario internazionale e in alcuni centri-studi del settore privato, compresa Euroframe. Ma questa sarà considerata una violazione “eccezionale e temporanea”, oltre che “prossima al valore di riferimento”, ammissibile secondo le nuove norme, della soglia del 3 per cento fissata a Maastricht?

Il 3,5 per cento è soglia di compromesso. La Grecia, Paese già in trasgressione, ha ottenuto due anni invece di uno per rientrare al 3 per cento, ma alla condizione di rientrare al 3,5 per cento già nel primo, che per l’appunto è il 2005. Per giungere a questo obiettivo, il governo di Atene ha alzato l’aliquota principale dell’Iva al 19 dal 18 per cento e aggravato la tassazione di sigarette e di alcolici, mentre tagli pesanti alla spesa si sono rivelati impraticabili.
La prova dell’Italia sarà determinante per capire se il nuovo Patto “morde” ancora, come sostengono il presidente di turno del Consiglio europeo Jean-Claude Junker e il presidente della Commissione José Barroso, oppure se si è trasformato in una burla, come hanno affermato diversi commentatori economici. La Banca centrale europea, dopo un’iniziale reazione negativa alle modifiche al Patto, ha fatto sapere di considerare molto importante come sarà applicato il nuovo criterio della «sostenibilità a lungo termine del debito», (criterio che va contro il nostro Paese, e che il governo italiano ha ottenuto di ammorbidire rispetto alle proposte iniziali, ma non di far scomparire).
Tra i numeri che riguardano l’Italia è cruciale uno, quello riferito al debito pubblico accumulato. Una dinamica del debito in aumento, dal 105,8 per cento del Prodotto interno lordo a fine 2004, costituirebbe un elemento di giudizio negativo riguardo al rispetto delle regole. Da un crescente squilibrio di finanza pubblica dell’anno e da una dinamica modesta del Prodotto interno lordo può facilmente risultare un aumento della percentuale di debito rispetto al prodotto, a meno che non si mettano in conto privatizzazioni ingenti.

Vedremo alla prova dei fatti, ripetono quasi ossessivamente in queste settimane le fonti della Banca centrale europea. D’altra parte, proprio il crescente pessimismo sull’andamento dell’economia in Europa ha allontanato i timori che la Banca centrale alzi ancora il costo del denaro, anche per timore che il nuovo Patto, dando via libera alla “finanza allegra” dei governi, alimenti i rischi di maggiore inflazione. Il rialzo dei tassi sarebbe atteso dai mercati non prima di settembre. I rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine sono tornati a livelli che la Banca centrale europea giudica bassi.
Per quel che riguarda più in particolare le finanze pubbliche del nostro Paese, resta ancora aperta la controversia con Eurostat, l’organismo statistico dell’Unione europea, sui deficit degli anni scorsi. Se Eurostat otterrà ragione sui criteri di calcolo dei deficit, l’Italia risulterà in violazione, seppur modesta, della soglia del 3 per cento già dal 2003. Questo porrebbe ragioni alla tesi difensiva che un eventuale sfondamento nel 2005 sia “eccezionale e temporaneo”.
Sostiene il rapporto Euroframe che l’Italia, per rimettere a posto i conti, dovrebbe adottare «misure restrittive addizionali», improbabili per motivi politici e psicologici generali. E, fra l’altro, per legge di compensazione, vi si sostiene che non esiste spazio per nuovi sgravi fiscali.

 

   
   
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