Giugno 2005

L’europa utile

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Una catastrofe evitabile
Mario Pinzauti  
 
 

 

 

 

 

Il “Libro verde”
ha documentato
la prospettiva di un’Europa in cui non ci saranno più braccia e cervelli sufficienti per
coprire le esigenze produttive della società.

 

L’Europa politica, come sempre, ha davanti a sé seri problemi: per gli esiti negativi dei referendum popolari per l’approvazione della Costituzione europea (vedi i “no” di Francia e Olanda), per le improvvise difficoltà che si sono manifestate per l’apertura di negoziati per l’ammissione della Croazia, per i tormenti che continua a provocare il sia pur lontano ingresso della Turchia (non avverrà prima di una diecina di anni), per tanto altro.
È tempo tuttavia di problemi, e per niente trascurabili, anche per l’Europa utile, quella – di cui ci occupiamo in queste pagine – impegnata per migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini. Le notevoli difficoltà dell’economia la stanno infatti indebolendo e frenando: sebbene ci sia motivo per sperare che la crisi sia superabile. Si può dire di più. La ricetta che permetterebbe di ottenere questo risultato già esiste, anche se per portarla nei fatti sarà necessario impegnarsi in un’impresa di enormi proporzioni. Quasi titanica, verrebbe da dire. Infatti, se riuscirà cambierà la forma e la sostanza della società europea.
La ricetta di cui parliamo è in un “Libro verde” della Commissione europea, reso noto nei giorni del “vertice di primavera”, cioè della riunione dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea svoltasi a Bruxelles dal 21 al 23 marzo. Com’è noto, il vertice è stato costretto a prendere atto dei modesti risultati finora ottenuti dalla “Strategia di Lisbona” (che, secondo gli impegni presi cinque anni fa nella capitale portoghese, entro il 2010 dovrebbe fare dell’economia europea la più «competitiva del mondo e creare 20 milioni di posti di lavoro»).

Il “Libro verde” – che stranamente ha ottenuto poca attenzione da parte dei mezzi di comunicazione – ha aggiunto altri, anche più seri motivi di preoccupazione. Ha indicato, anzi documentato, con un’alluvione di cifre, la prospettiva di un’Europa in cui – per l’enorme aumento delle persone anziane e l’inarrestabile diminuzione dei giovani – non ci saranno più braccia e cervelli sufficienti per coprire le esigenze produttive della società. Ha dunque avvertito che dietro l’angolo, nel giro di pochi decenni, ci potrebbe essere una crisi gravissima. Ma a questa possibile prospettiva “apocalittica” il “Libro verde” ha affiancato una proposta di soluzione. È fatta di un bel titolo: Europa intergenerazionale. E anche di suggestivi contenuti che chiariscono perché siano indispensabili sia una collaborazione tra le varie generazioni, sia nuovi equilibri tra anziani e giovani costruiti non solo sulla spontaneità – che pure avrà il suo peso – ma anche su iniziative legislative, su accordi sindacali e associativi, su riforme dell’istruzione, perfino sulla creazione di nuove strutture e infrastrutture. «Sarà un processo che coinvolgerà pressoché ogni aspetto delle nostre vite», ha detto, a commento del “Libro verde”, Vladimir Spidia, commissario europeo per gli affari sociali e i problemi dell’occupazione. «Sarà – ha aggiunto – un nuovo modo di pensare e di vivere».
Per arrivare a questo traguardo sarà tuttavia necessario un duro lavoro, cominciando con interventi che blocchino o frenino le tendenze più pericolose. Tra il 2005 e il 2030 – annuncia il “Libro verde” – il numero dei cittadini europei ultrasessantacinquenni, dunque fuori dell’età lavorativa, aumenterà del 52,3 per cento. Gli europei di età tra i 15 e i 64 anni diminuiranno invece del 6,8 per cento e il settore produttivo perderà 20,8 milioni di persone in età da lavoro. Salirà, di conseguenza, il numero di cittadini non attivi, economicamente a carico della società. Oggi sono il 49 per cento del totale. Nel 2030 saranno il 66 per cento. E salvo interventi che permettano una decisiva correzione di rotta nei decenni successivi potrebbe andare anche peggio.
La durata della vita cresce sempre di più. Oggi nell’Unione europea ci sono 18,8 milioni di ultraottantenni. Nel 2030 saranno 34,7 milioni, quasi il doppio. In seguito, grazie alle migliorate condizioni di vita di cui godiamo, potrebbero ulteriormente aumentare: mentre, nel frattempo, potrebbe diminuire o restare ai livelli attuali, che sono molto bassi, il numero delle nascite.
Il tasso di fertilità delle donne europee è oggi di 1,48 bambini. Dovrebbe essere poco meno del doppio (2,1) per evitare che la popolazione dell’Unione europea diminuisca (con gli andamenti attuali scenderà di un milione di unità entro il 2030) e che si riduca, di conseguenza, pure la quantità delle energie produttive.

In definitiva, è un’Europa dominata e impoverita dai matusalemme quella che il “Libro verde” indica. Ma non come prospettiva certa, come condanna inesorabile. Secondo il documento della Commissione europea, i rimedi ci sono. Solo che bisogna usare molto olio di gomito per metterli in atto.
La “Strategia di Lisbona”, cui abbiamo accennato prima, ha promesso che tra i 20 milioni di posti di lavoro da creare entro il 2010 un certo numero dovrebbe essere riservato agli anziani. Ad almeno il 50 per cento delle persone tra i 55 e i 64 anni dovrebbe essere assicurata un’occupazione retribuita. Se lo si farà, a un buon numero di anziani sarà data la possibilità di vivere un invecchiamento attivo e di continuare a mettere le loro energie al servizio della società. Una cura ricostituente al sistema produttivo in crisi potrebbe – anzi, dovrebbe – venire anche da una maggiore utilizzazione delle donne nel campo del lavoro. È tra di loro che si trova il maggior numero di disoccupati.
Con più donne e più anziani presenti nelle attività produttive si creerebbero nuovi equilibri che in parte compenserebbero la diminuzione della presenza giovanile: che tuttavia, secondo il “Libro verde”, si potrebbe e si dovrebbe trovare il modo di fermare. Come? Affrontando il problema dalle radici, cioè dal calo delle nascite.
Il dato di partenza – un tasso di fertilità pari a 1,48 per ogni donna europea – come abbiamo visto è molto scoraggiante. E tanto più perché sembra avviato verso ulteriori discese. Ma un minimo di speranza emerge se si cerca di guardare il problema in profondità, se si vede e si capisce cioè che – come afferma il “Libro verde” – dietro il rifiuto di molte giovani coppie ad avere figli non c’è solo l’egoismo, la mancanza di ideali, ma anche, a volte soprattutto, una serie di problemi che spetta non ai singoli ma alla società affrontare e risolvere. Numerose giovani coppie, o ragazze madri, prive di lavoro o con occupazioni mal retribuite, non sono nelle condizioni di mantenere uno o più figli. Altre non dispongono di un alloggio decente. In tanti Paesi d’Europa scarseggiano gli asili nido e le forme di assistenza di cui una giovane madre ha bisogno prima o dopo il parto. Eccetera, eccetera.
È su questo genere di ostacoli, rileva il “Libro verde”, che cozza e a volte s’infrange il sogno di molte giovani coppie di avere un bambino. Lo dimostrano, aggiunge il documento della Commissione, i risultati incoraggianti dei sia pur timidi tentativi che alcuni governi dell’Unione europea hanno adottato per riportare verso l’alto i tassi di fertilità: come i premi di natalità (in Francia e in Italia) e le nuove forme di assistenza e di sostegno economico di cui le giovani madri e i giovani padri godono per se stessi e per i propri bambini in Svezia, dove mettere al mondo un figlio sta diventando, indipendentemente dalla condizione economica e sociale dei genitori, una gioia non pagata, come avviene da tante altre parti, da pesanti sacrifici.
Se questi e altri tipi di soluzione si allargheranno fino ad assumere dimensioni europee, la caduta degli indici demografici si fermerà. Lo afferma il “Libro verde” e aggiunge: se le istituzioni dell’Unione europea e i governi nazionali sapranno muoversi nelle direzioni giuste nell’Europa di domani avremo più anziani, ma anche più giovani. Si creeranno nuovi equilibri. L’invecchiamento attivo, il maggiore impegno delle donne, renderanno più varia, diversificata la composizione della forza lavorativa. Si dovrà tener conto anche delle varie esigenze ed esperienze, forse anche della necessità di modificare ambienti e metodi di lavoro. Sarà un processo complesso, che sarà influenzato, del resto, dalle radicali trasformazioni in atto o in preparazione nella società, già oggi dominata dai servizi (che rappresentano ben il 70 per cento del Pil!), mentre appena ieri si basava sull’industria e l’altro ieri sull’agricoltura.
Ma se tutto questo verrà fatto con spirito di collaborazione, da parte di cittadini anziani e giovani, anche di istituzioni, il risultato sarà un grande successo dell’Europa utile. Forse non troppo facile a riconoscere se guardato con gli occhi di oggi, dato che, ha detto il commissario Vladimir Spidia, nella futura società intergenerazionale «cambieranno il modo in cui il lavoro si svolgerà e verrà organizzato, la pianificazione urbana, i design degli appartamenti, i trasporti pubblici, le infrastrutture», dunque tutto o quasi. Con la speranza che questo tutto sia migliore di quanto abbiamo oggi. E comunque al sicuro dalla catastrofe demografica che il “Libro verde” invita a scongiurare con provvedimenti adeguati: dei quali, per concludere, si tornerà a parlare abbastanza presto, in occasione di una conferenza che la Commissione europea ha convocato a Bruxelles per l’11 luglio, invitando a parteciparvi esperti di alto livello e rappresentanti della società civile.

 

   
   
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