Il freno ad un
maggiore uso
di Internet deriva da una sorta di barriera psicologica
e soprattutto
dallimpossibilità di visionare i beni e dal timore
di frodi nei pagamenti.
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Anche se in modo meno eclatante dellanno precedente, il 2004
è stato caratterizzato da una costante attenzione dei diversi
osservatori sul delicato tema che ruota attorno al potere dacquisto
dei singoli e delle famiglie in particolare. Le polemiche talora
risibili sul possibile sdoppiamento del fenomeno inflattivo
inflazione reale versus inflazione percepita , gli interventi
amministrativi (talvolta solo auspicati e non realizzati) volti
al contenimento o più realisticamente al monitoraggio dei
prezzi nel tentativo di scongiurare deprecabili fenomeni speculativi
nei diversi gangli del sistema distributivo italiano hanno avuto
e hanno se non altro il reale merito di attirare lattenzione
sui modelli di comportamento adottati o prevalenti, sia sul versante
del consumo quanto su quello del risparmio/investimento.
Ecco perché in una materia così complessa, dove le
analisi e le successive riflessioni legate a modelli comportamentali
e stili di vita non sono mai sufficienti a soddisfare il primario
bisogno di orientamento conoscitivo, non possono che essere accolte
con una particolare attenzione quegli studi che per serietà
metodologica e sistematicità vantano una segnalata tradizione.
Come si ricorderà, in questa stessa sede si è dato
conto di unindagine ultraventennale sulle scelte dei risparmiatori
italiani, sulle loro ansie e sulle loro preferenze 1; ora è
la volta di uno studio della Banca dItalia dedicato alle famiglie,
spina dorsale di qualsiasi società civile, ad offrirci una
fotografia su cui interrogarsi e ragionare per gli elementi ivi
presenti 2.
In questa edizione lindagine realizzata con cadenza
biennale ha coinvolto oltre 8.000 famiglie 3 per più
di 21.000 individui, di cui oltre 13.500 percettori di reddito,
disseminati in 344 Comuni. In altri termini, un campione sufficiente
a dare una rappresentazione appropriata e corretta di questo particolare
universo. E su cui sembra opportuno aprire una parentesi per introdurre
alcune brevi notazioni di tipo sociologico. Osserviamo subito che
rispetto alla precedente indagine la struttura familiare italiana
non presenta significative modificazioni, che invece risultano apprezzabili
nel raffronto dilatato su un periodo di tempo maggiore. E
il caso delle famiglie formate da un solo componente, che nel 1977
rappresentavano solo il 9,7% del totale e cinque anni dopo vedevano
il loro peso superare il 23% (in più della metà dei
casi si tratta di persone anziane e in prevalenza donne).
Ma torniamo alla fotografia più recente per notare come ancora
una volta la dimensione familiare risulta maggiore in una specifica
area geografica Sud e Isole rispetto al Centro e al
Nord (più esattamente 2,89 componenti per famiglia contro
2,61 e 2,58). Viceversa, il numero di percettori di reddito per
famiglia è maggiore al Nord e al Centro rispetto al Sud e
Isole. E per concludere su questo aspetto cè da aggiungere
che il diverso peso dei componenti incide anche sulla distribuzione
territoriale finale, nel senso che pur essendo squilibrata a favore
del Nord (46,6% contro il 19,9% del Centro e il 33,5 % del Sud e
Isole) la percentuale di residenti risulta minore rispetto a quella
osservata per le famiglie al Nord (44,7%), sostanzialmente in linea
al Centro (19,3%) e decisamente maggiore al Sud e Isole (36,1%).
Se poi arricchiamo questa foto/radiografia di elementi di valutazione
monetaria, risulta che il reddito familiare medio annuo ha sfiorato
i 27.900 euro con un incremento rispetto due anni prima del 6,8%
in termini nominali e dell1,1% in termini reali. Purtroppo
la disaggregazione per aree geografiche, se da una lato mostra un
lieve recupero dellItalia Centrale rispetto al Nord, dallaltro
evidenzia un preoccupante allargamento del divario tra il Mezzogiorno
e il resto dItalia dopo un periodo di relativa stabilità
di questo valore.
Tralasciando ulteriori dettagli relativi alla qualità delle
fonti di provenienza del reddito, lindagine di Via Nazionale
mette in risalto un altro dato che invita alla riflessione: a fronte
di una sostanziale stabilità della propensione al consumo
rispetto allimmediato passato (72,6% contro il 72,7%) si registra
una flessione nella quota dacquisto di beni durevoli che scende
dall8,8% al 7,9%. Un chiaro sintomo delle difficoltà
cui si trova spesso a far fronte la famiglia italiana, costretta
suo malgrado a scelte necessitate dal soddisfacimento dei cosiddetti
bisogni primari.
Dallanalisi reddituale a quella della ricchezza familiare
netta 4 con un valore mediano di 103.000 euro (+10,8% rispetto al
2000), di cui la parte più rilevante è ascrivibile
alle attività reali. Anche qui a testimonianza di una sgradevole
uniformità di tendenza tra valori di flusso e valori di stock
la dinamica della ricchezza per area geografica «mostra negli
ultimi 10 anni un ampliamento del differenziale tra le famiglie
del Nord e del Sud e Isole» 5. Infatti, il divario che nel
1991 mostrava una superiorità del Nord pari al 40% è
ormai cresciuto fino a posizionarsi quasi al doppio del valore del
Sud.
E infine, due ultime notazioni prima di passare alle considerazioni
sulle scelte delle famiglie in tema di attività finanziarie:
la prima concerne il marcato aumento della ricchezza delle famiglie
nella posizione professionale di dirigente; la seconda, la quota
rilevante di famiglie (23%) che hanno ricevuto un trasferimento
di ricchezza per eredità o donazione, sposta lattenzione
su questo fattore che sembra influire in modo determinante sulla
distribuzione della ricchezza delle famiglie e sui relativi comportamenti
nellarea del risparmio.
Dopo questa messe di dati eccoci finalmente al capitolo delle attività
finanziarie. Emerge immediatamente un primo dato significativo:
oltre i 4/5 delle famiglie italiane (82%) risulta titolare di unattività
finanziaria, dalla più elementare (deposito bancario per
il 78% circa) alla più complessa (come nel caso di investimenti
in titoli esteri per una quota dell1,1%).
Secondo aspetto: dallindagine giungono conferme di opinioni
diffuse, quali la diffusione nettamente superiore del conto corrente
bancario rispetto al deposito a risparmio (73% contro 13,5%), la
maggiore attenzione delle famiglie a conoscere il tasso dinteresse
praticato sul proprio conto corrente bancario, la stretta correlazione
tra diffusione delle attività finanziarie con le caratteristiche
economiche della famiglia.
Terzo punto: anche qui, così come per altri aspetti già
in precedenza sottolineati, la posizione del Mezzogiorno appare
relativamente sofferente quanto a penetrazione degli strumenti finanziari.
Quarto punto: ai fini di una migliore comprensione delle scelte
finanziarie delle famiglie è bene rammentare quanto testualmente
affermato nellindagine, dove in un raffronto con il 1991 «emerge
un significativo aumento della propensione delle famiglie a detenere
strumenti quali obbligazioni, azioni, fondi comuni e gestioni patrimoniali»
6, indice di uneducazione finanziaria che segna miglioramenti
non solo quantitativi (aspetto della diffusione) ma anche qualitativi
(livello di conoscenze tecniche). Corollario naturale in questa
ottica è, poi, il legame tra migliore condizione professionale
e scelte a maggior gradiente di rischiosità.
Quinto punto: la tendenza a spostarsi nellarea dei consumi
finanziari più evoluti viene altresì indirettamente
confermata dallanalisi della propensione delle famiglie italiane
a sostituire gradualmente gli strumenti di pagamento tradizionali
con quelli più innovativi. Ecco alcuni dati su cui riflettere:
più della metà delle famiglie italiane possiede una
carta di pagamento (il 55,4% ha il Bancomat, il 25,3% la carta di
credito) e «il possesso di tali strumenti appare positivamente
correlato al reddito familiare, al numero dei percettori di reddito,
al titolo di studio del capofamiglia e alla dimensione del comune
di residenza» 7.
Si riduce, invece, su base nazionale la quota rappresentata dagli
assegni, anche se va sottolineato che le forme di pagamento più
tradizionali (e quindi gli assegni) trovano un bacino di utilizzo
più fertile nel Sud e Isole.
Un accenno merita, infine, Internet, che nellottica degli
strumenti di pagamento innovativi «veicola ancora una porzione
esigua dei pagamenti effettuati dalle famiglie, anche se risulta
accresciuto il tasso di utilizzo 8, essendo passata la quota delle
famiglie che se ne servono dal 21,3% al 30,2%. Cè,
però, da dire che al di là dellutilizzo, gli
effettivi acquisti tramite Internet coprono una porzione assai ridotta
(il 4,4% delle famiglie), così come i pagamenti effettuati
on line (2,8%)».
Il freno ad un maggiore uso di Internet deriva in parte da una sorta
di barriera psicologica che si prova verso tutte le forme di innovazione
tecnologica, ma soprattutto dallimpossibilità di visionare
i beni e dal timore di frodi nei pagamenti.
Dopo questa carrellata di aspetti reali e finanziari, avviandoci
alla conclusione e lasciando da parte le considerazioni sulle modificazioni
di natura sociologica delle famiglie italiane, limpressione
complessiva che si ricava da questo studio della Banca dItalia
può bene essere sintetizzata dalla locuzione maturità
di comportamenti. Le scelte delle famiglie italiane, benché
ancora in parte condizionate dallappartenenza ad aree geografiche
e dalla posizione professionale dei singoli, mostrano comunque un
apprezzabile avanzamento della cultura finanziaria e una crescita
della sensibilità alle forme innovative anche di più
recente introduzione.
Varrebbe, allora, la pena che il sistema finanziario attraverso
gli intermediari adottasse politiche di marketing più appropriate
e di comunicazione allinsegna di una reale trasparenza per
sollecitare concretamente anche in questo settore una maggiore vivacità
dei consumi, premessa indispensabile per il ristabilimento di un
circolo virtuoso nel sistema Paese e per lavvio
di un periodo di effettivo sviluppo economico.
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