Settembre 2004

Meraviglie d’Italia

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Palcoscenico per l’arte
Sergio Bello  
 
 

Un viaggio tra arte e innovazione,
fra tradizione
e invenzione:
tra musica
e architettura, nella convinzione che l’esperienza artistica abbraccia diversi campi e molte discipline.

 

Gallipoli restaura il “Teatro Garibaldi”, pregevole manufatto di architettonica e di acustica dislocato al centro della città vecchia, e ne promette il rilancio: sarà un piccolo tempio dedicato alla danza, espressione d’arte che vede crescere di giorno in giorno il numero di amatori. Galatina, invece, abbatte il corpo architettonico del “Teatro Tartaro”, salvando la facciata (ma non la faccia), e con tutta probabilità destinerà ad altra attività il “Cavallino Bianco”.
Così va il mondo: la cosiddetta civiltà dei consumi non va tanto per il sottile, quando si tratta di prendere decisioni che oscillano tra la tutela o il recupero di strutture che, nate per manifestazioni culturali e artistiche, tuttavia possono costare qualcosa alla collettività, e la loro trasformazione in centri destinati ad altra attività, magari solo produttiva, dunque remota dagli obiettivi originari, e comunque inserita in contesti che poco o nulla hanno a che fare con una tradizione artistica locale. Staremo a vedere che cosa succederà.

Altrove è storia o cronaca diversa. Un teatro all’italiana con vari ordini di palchi, poltrone di platea e buche per l’orchestra; magari un auditorium ricavato da una fabbrica dismessa, una discarica (come quella calabra di Altomonte) trasformata in una cavea al modo degli anfiteatri classici, una chiesa dove musica e pittura si uniscono, o infine un teatro all’aperto adattato per ospitare i più popolari titoli di opere liriche o le pagine più note della musica classica: questa è l’Italia dei teatri risorti, rimessi a nuovo, animati da nuova vita.
E’ l’Italia della musica che, dal più piccolo centro urbano alla più grande città, si dota di luoghi dove far risuonare le note di Verdi e di Puccini, di Bellini e di Donizetti, ma anche di Mozart e di Mendelssohn, di Liszt e di Wagner, di Grieg e dei nostri autori barocchi, compresi gli autori stranieri che attraversarono il nostro Paese e si ispirarono a persone e a paesaggi per creare i loro capolavori. Un gran viaggio tra arte e innovazione, fra tradizione e invenzione: un connubio tra musica e architettura, nella convinzione che l’esperienza artistica abbraccia diversi campi e molte discipline.
In attesa che riapra i battenti (nel mese di dicembre) il Teatro alla Scala (la sala del Piermarini, inaugurata nel 1778, è stata sottoposta a una revisione completa, tra restauro e nuovi volumi aggiunti allo storico edificio), c’è un affascinante percorso, e c’è uno splendido itinerario sulle strade e sui luoghi della musica: le grandi direttrici che vanno dal Teatro Regio di Torino al Teatro Massimo di Palermo, ma anche le vie meno battute che passano dal Teatro Sociale di Alba, in Piemonte, e approdano al Teatro Comunale di Noto, in Sicilia.
Quella del nostro Paese è una storia di teatri distrutti e ricostruiti: è cronaca quasi recente quella del Petruzzelli di Bari, mentre è recentissima quella della riapertura della celebre Fenice di Venezia. Ma altre storiche sale possono raccontare vicende di tramonti e di improvvise albe. E’ il caso del Regio torinese, nato come teatro di corte, distrutto da un incendio nel 1936, e riaperto nel 1973. La struttura architettonica porta la firma inconfondibile di Carlo Mollino e di Marcello Zavellani Rossi: linee curve, un solo ordine di palchi e un boccascena che richiama la forma di un televisore, e tutto, dal laccato delle pareti alle maniglie delle porte, inconfondibilmente anni Settanta.
Un gusto anni Ottanta, invece, domina il genovese Teatro Carlo Felice, distrutto dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, e riaperto soltanto nel 1991: l’architetto Aldo Rossi lo dotò di nuovi volumi, e per la sala pensò ad una grande piazza: una platea che degrada, e alle pareti di pietra, al posto dei palchi, balconi di case e finestre.

Al crocevia di tradizione e innovazione si colloca il particolarissimo Teatro Sociale Busca, di Alba: costruito nel 1853 con il classico schema della sala a ferro di cavallo, andò incontro a un progressivo degrado che ne impose drasticamente la chiusura nel 1933: una complessa vicenda di progetti rimandati, approdò nel 1997 alla sua inaugurazione. Oggi il teatro si presenta con una doppia sala: da una parte, la storica platea, e dall’altra uno spazio da moderno auditorium. Nel mezzo, condiviso dai due spazi, un unico palcoscenico che si affaccia sulle due sale e permette il molteplice utilizzo del teatro.
Tornando nel solco della tradizione, se nella regione lombarda saltano all’occhio le singolari similitudini – il marmo come elemento predominante – del Teatro Accademico di Mantova e del Teatro Fraschini di Pavia, l’uno e l’altro su progetto del Bibiena, nell’area veneta non si può non citare, accanto al classico Teatro Olimpico di Vicenza, il sontuoso Filarmonico di Verona e il vero e proprio gioiello in stile liberty che è il Teatro Comunale di Thiene.
Ma l’innovazione sta di casa anche nelle regioni Toscana ed Emilia: se il Teatro Comunale di Firenze, rinato nel 1966 dopo la celebre quanto disastrosa alluvione, è un esempio perfetto di sala alla tedesca, a Parma nel 2001 è stato inaugurato il modernissimo Auditorium Paganini, che l’architetto Renzo Piano ha ricavato da un antico zuccherificio dismesso. E se il vecchio Sferisferio di Macerata è stato adattato alle esigenze dell’opera lirica sotto le stelle, se Foligno ha suggestivamente collocato un auditorium, intitolato a San Domenico, in una chiesa risalente agli inizi del Trecento, Brindisi ha inteso lasciare un segno forte con il Teatro Verdi, edificato negli anni Settanta e definito “Teatro sospeso” perché costruito su piloni d’acciaio, per salvaguardare i reperti archeologici di epoca romana, emersi nel corso dei lavori.

A parte l’Auditorium romano, che con ogni probabilità è la struttura più moderna della Penisola, e a parte i lavori di ristrutturazione o di restauro lieve di altri teatri italiani, va sottolineato che il nostro Paese vanta anche un numero vastissimo di cosiddetti “teatri bomboniera”, piccoli gioielli dotati di tutte le strutture che contraddistinguono un tradizionale teatro: ne è pienissima, ad esempio, l’Umbria; ce ne sono in Abruzzo e in Campania; e ne sono esempio, oltre al classicheggiante Teatro di Noto, anche l’essenziale emiciclo del Teatro Civico di Alghero.
Uno strumento utile per scoprire tutti i teatri italiani c’è, ed è la guida I luoghi della musica edita dal “Touring Club”: un volume che si è proposto di raccogliere, suddivisi per regioni, tutti i principali luoghi in cui risuonano le note musicali, con notizie storiche che si affiancano a notazioni di carattere artistico, corredate da una ricca documentazione iconografica. In catalogo, ben 214 città, 492 luoghi dedicati alla musica, l8 festival europei selezionati, e 1.820 indirizzi di teatri, conservatori, scuole musicali, enti e associazioni.

 

   
   
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