Settembre 2004

Prospettive del capitalismo

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Privatizzazioni e mercato
Domenico Siniscalco Ministro dell’Economia
 
 

 

 

 

Una grande mole di prove può essere prodotta per
documentare
l’enorme impatto delle imprese
privatizzate
su più indicatori
di mercato.

 

Proveremo a investigare alcune conseguenze della privatizzazione. Più precisamente cercheremo di capire se favoriscono il capitalismo popolare e creano un supporto alle politiche orientate al mercato; se riducono il rischio politico; se contribuiscono allo sviluppo del mercato finanziario. Non c’è una prova schiacciante che dimostri che la privatizzazione abbia contribuito ad estendere il possesso di azioni oppure a promuovere il capitalismo popolare, né che abbia modificato in maniera significativa le preferenze politiche, creando un sostegno alle politiche orientate al mercato. La struttura iniziale dell’azionariato non sembra essere stabile nel lungo periodo (il numero esorbitante degli investitori iniziale, spesso oltre 100 mila, diminuisce del 33 per cento entro cinque anni dal collocamento).

Il processo di privatizzazione del Regno Unito sembra puntare nella stessa direzione, dal momento che l’inflazione del numero degli azionisti nelle aziende privatizzate è stato un fenomeno temporaneo. La maggioranza degli investitori ha venduto velocemente per incassare lo sconto iniziale, e la maggioranza delle azioni è finita nei portafogli degli investitori istituzionali. Così persino nel contesto anglosassone, dove le privatizzazioni sono state esplicitamente disegnate per attirare i piccoli azionisti e per raggiungere obiettivi politici, questa tecnica non ha avuto impatto sulla distribuzione del possesso azionario.
Ciò detto, la privatizzazione ha avuto conseguenze profonde nello sviluppo della cultura dell’azionista, dal momento che ha fatto conoscere alla popolazione i meccanismi del possesso azionario, stimolando nei cittadini un interesse (finanziario) nel rieleggere un governo conservatore.
Se da un lato la giustificazione logica e “ideologica” dell’operazione di dismissione ha prodotto risultati incerti, un programma sostenuto di privatizzazioni ha certamente contribuito a migliorare il rischio politico, consentendo ai governi di accrescere la propria credibilità nel tempo e di costruire la fiducia degli investitori.

Alcuni risultati (basati su ricerche empiriche in 31 economie emergenti) indicano che la privatizzazione prolungata sembra rafforzare gradualmente il contesto istituzionale, imponendo una soluzione alle incertezze politiche e legali (che fino a quel momento avevano ostacolato lo sviluppo del mercato azionario) e, di conseguenza, migliorando la fiducia dell’investitore.
L’effetto della privatizzazione sullo sviluppo del mercato finanziario domestico è stato particolarmente forte. Una grande mole di prove può essere prodotta per documentare l’enorme impatto delle imprese privatizzate su numerosi indicatori di mercato. Risulta evidente che le privatizzazioni hanno contribuito largamente ad aumentare la capitalizzazione del mercato domestico: anche se rappresentano soltanto il 6 per cento delle società quotate, le aziende privatizzate valgono in media un quinto del valore totale del mercato.
E’ risaputo che in numerosi Paesi in linea di massima le società quotate più grandi sono quelle che hanno attraversato il processo della privatizzazione. Tra i Paesi europei, Francia, Spagna, Portogallo, Austria e Italia mostrano uno dei valori più alti, spaziando dal 41 all’83 per cento. Al di fuori dell’Europa, la Nuova Zelanda è tra le più alte in classifica perché le società quotate privatizzate rappresentano il 30 per cento del valore totale del mercato. Al contrario, lo scarno 0,03 per cento registrato negli Stati Uniti semplicemente conferma il fatto che le privatizzazioni in quel Paese non ci sono state.
Ma probabilmente l’elemento più interessante emerge se si guarda al peso relativo delle contrattazioni di titoli di società privatizzate. In media, un quarto del valore totale delle contrattazioni è concentrato su queste società. E in alcuni Paesi europei queste percentuali vanno dal 33 al 61 per cento del totale.

La serie mensile dei valori di mercato e di interscambio delle società privatizzate nel periodo 1985-2000 corrobora la tesi secondo cui la privatizzazione ha contribuito al graduale sviluppo dei mercati finanziari di molti Paesi. E’ interessante constatare come particolari periodi evidenzino un’altissima concentrazione di contrattazioni in titoli privatizzati, come il Giappone nel ‘93-‘95, il Portogallo nel 2000 e la Nuova Zelanda nel ‘99.
Questi dati forniscono un’indicazione di massima sul ruolo della privatizzazione nello sviluppo dei mercati finanziari. Tuttavia, i mercati avrebbero potuto cambiare ugualmente. Per esempio, gli Stati Uniti, pur con privatizzazioni limitate, hanno vissuto negli anni Novanta una crescita esponenziale di capitalizzazione e contrattazioni. Lo stesso vale per Canada, Svezia, Norvegia e Germania. Quindi, è davvero possibile affermare che la privatizzazione è stata un fattore cruciale nel sostenere il mercato finanziario, o la crescita degli ultimi anni è stata alimentata piuttosto da integrazione finanziaria, innovazione tecnologica o deregulation?

In un’analisi complessiva sulle ricadute della privatizzazione sui mercati finanziari dei Paesi Ocse è stato dimostrato che l’emissione di titoli per le privatizzazioni ha un ruolo cruciale, e svolge un ruolo anche per altri cambiamenti esaminati nella letteratura sulla materia, come l’applicazione delle regole contro l’insider trading, la valutazione di rischi politici e, anche, di rischi-Paese, e la liberalizzazione dei mercati dei capitali.
Le “Sip” (Share issue privatization, le emissioni azionarie per le privatizzazioni) nei settori energetico, telecomunicazioni e utilities aumentano sia la liquidità sia l’interscambio, e le privatizzazioni nell’industria delle telecomunicazioni – che hanno visto Sip a livello globale – e privatizzazioni in aggiunta al cross-listing dei titoli aumentano in modo significativo la liquidità interna senza influenzare il turnover. Importante notare che l’aumento della liquidità sul mercato non è dovuto soltanto all’immissione di titoli da privatizzazioni. Al contrario, come indica la teoria, un programma di privatizzazioni su larga scala basato sulle Sip genera sviluppi positivi anche per la liquidità delle società private.
Concludendo, quando tratteggiano delle dismissioni, i governi normalmente si trovano ad affrontare obiettivi in conflitto che talvolta impongono difficili mediazioni. Qui ci siamo concentrati su alcuni di questi obiettivi, quali:

a) allargare la base degli azionisti incoraggiando il capitalismo popolare;
b) acquisire col tempo più credibilità e aumentare la fiducia degli investitori;
c) sviluppare il mercato finanziario interno.
Abbiamo indicato come compiendo i passi giusti e scegliendo metodologie di privatizzazioni adeguate, tutti questi obiettivi possono venire raggiunti. La politica più appropriata è quella di vendite graduali sul mercato interno a prezzi bassi.
L’obiettivo di diffondere la cultura azionaria nell’economia può quindi essere perseguito attraverso le privatizzazioni. Tuttavia, questa politica ha un costo in termini di minore liquidità raccolta. E perciò ha minori probabilità di venire adottata da governi di corto respiro ed eccessivamente prudenti, come spesso accade nella realtà.

 

   
   
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