Giugno 2004

Prospettive

Indietro
Se lavorare stanca
Paul Anthony Samuelson Premio Nobel per l’Economia
 
 

 

 

 

L’outsourcing è un virus che minaccia tutte le cosiddette democrazie di mercato, suscita anche reazioni
violente e può
riportarci diritti
al protezionismo.

 

L’idea che gli italiani lavorino di più non è poi tra le più malvagie. Negli Stati Uniti si lavora in media quarantotto ore la settimana, dieci più che in Italia, credo, e si prendono in media quindici giorni di vacanza l’anno, con in più qualche ponte, ma molto pochi. Tuttavia, bisogna indirizzare le energie della Penisola nei settori nei quali è più competitiva, o tutto servirà a poco.
Per il rapporto tra gli italiani e il lavoro, cito il Premio Nobel Franco Modigliani, uno dei miei migliori amici e colleghi, il quale diceva: in Italia, quando certa gente va in pensione prima del tempo, il Prodotto interno lordo sale, non soltanto perché non faceva niente, ma perché faceva anche danni. Era una battuta. Modigliani amava profondamente il suo Paese d’origine, e soffriva nel vederne poco o male utilizzate le grandi risorse umane e culturali. Gli italiani sanno lavorare duro, il problema è che da una parte sono stati male abituati, e dall’altra molto spesso non vengono abbastanza incentivati.

Chiarisco il concetto. Quello del dolce far niente italiano è un falso mito. Ma una settimana lavorativa di trentotto ore è troppo breve, (e c’è addirittura chi predica ancora oggi le trentacinque ore, già fallite clamorosamente in Francia); e le stesse vacanze di un mese, e anche più, sono troppo lunghe. Non occorre arrivare ai nostri livelli, ma non si può nemmeno riposare 150 giorni all’anno! Intendiamoci: in Italia c’è gente che per farcela ha due impieghi, di cui uno clandestino, perché molti dei vostri stipendi e salari sono troppo bassi.
E preciso ancora: è necessario che si lavori di più, ma anche meglio. Perché il corso di tutte le democrazie lo rende necessario. E’ una questione non soltanto di benessere, ma anche di sopravvivenza. I posti di lavoro e la produttività devono aumentare in parallelo, altrimenti lo Stato non riesce a far fronte ai disavanzi di bilancio e agli oneri sociali, in modo particolare se i tagli alle tasse sono irresponsabili oppure mal distribuiti.

Parlando di irresponsabilità, mi riferisco soprattutto agli Stati Uniti di oggi. La riforma fiscale del presidente Bush è andata a vantaggio dei ricchi e delle multinazionali. Gli americani lavorano più di quanto lo facessero trent’anni fa, un po’ perché sono costretti e un po’ perché sanno che altrimenti la nave affonda: vogliono conservare quanto possibile del welfare state, e vogliono anche poter risparmiare. La loro produttività annua, non oraria, non a caso è la più alta del mondo.

E a proposito di incentivi alla manodopera: l’Italia è uno strano Paese. Da una parte esiste ed è attiva una classe di piccoli e di medi imprenditori, di aziende familiari che sono la spina dorsale dell’economia. Ma, dall’altra parte, questo Paese ha bisogno di maggiore mobilità nel campo del lavoro, di riqualificazione della manodopera, di un sistema che premi i migliori e penalizzi i peggiori, di uno che favorisca gli investimenti, della riforma della burocrazia di Stato.
E, ripeto, occorre lavorare di più e in modo mirato. Intanto, bisogna alimentare la domanda interna, poi ci si deve concentrare sui prodotti che vanno di più nell’ambito naturale della stessa Penisola, vale a dire nel mercato europeo. In caso contrario, gli italiani saranno danneggiati dall’outsourcing, la dislocazione dei posti di lavoro nei Paesi terzi. Questo è un virus che minaccia tutte le cosiddette democrazie di mercato, suscita anche reazioni violente e può riportarci diritti al protezionismo.
Infine, c’è il fattore demografico. Che è un fattore nuovo. I progressi della medicina hanno prolungato la durata e la qualità della vita, la massa dei pensionati è aumentata. Ma come farà lo Stato a pagare le pensioni se la gente non si metterà a lavorare di più? Il governo italiano ha fatto bene a incentivare gli anziani a non ritirarsi troppo presto. Io ritengo che chi è in buona salute debba lavorare fino a 65-67 anni, e, se vuole, che possa prendere un lavoro part-time anche fino a 70-72 anni.

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2004