Giugno 2004

Analisi del sistema delle regole

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Basilea2: una sfida
per banche e imprese
Adalberto Alberici  
 
 

 

 

Basilea2 spinge
a definire su base universale il
concetto di rischio di credito e
a misurarlo in modo trasparente per ogni singolo cliente e
nell’ambito di tutte le operazioni di finanziamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Premessa

Il cosiddetto “Nuovo Accordo di Basilea” – a tutti ormai noto come “Basilea2” – che si sta delineando nell’assetto e nei contenuti definitivi ha stimolato in maniera crescente il dibattito fra i differenti attori interessati a comprenderne e a valutarne le ricadute alla sua entrata in vigore prevista, ad oggi, per la fine del 2006.
I ragionamenti sviluppati negli ultimi mesi intorno all’applicazione dell’Accordo si sono concentrati soprattutto sugli scenari di riferimento per il sistema bancario e sulle imprese. Con riferimento a queste ultime, la discussione dell’Accordo è stata caratterizzata dalla nota dominante delle lamentele sulle presunte ricadute negative in termini di riduzione del credito e di crescita dei prezzi.
Verificata l’inconsistenza dei suddetti temuti effetti e nella prospettiva di cogliere appieno le relazioni fra il sistema delle regole dell’Accordo e le relative ricadute, le opportunità e le aree di convenienza per le banche, per le imprese e per il loro sistema di relazioni, la riflessione dovrebbe essere più ampia e completa.
Per una corretta disamina della portata dell’Accordo di Basilea2 occorre infatti sviluppare preliminarmente almeno un’analisi intorno a quattro aspetti: i presupposti dell’Accordo di Basilea2, i contenuti qualificanti dell’Accordo Basilea2, le risposte strategiche e organizzative delle banche e, da ultimo, le trasformazioni nelle relazioni fra banche e imprese.


I presupposti dell’Accordo di Basilea2

La redazione del “nuovo” Accordo nasce dalla necessità di un’evoluzione rispetto alle disposizioni di Basilea1 (1988) che per la prima volta afferma il principio operativo, consolidato in dottrina, che il Patrimonio rappresenta il primo presidio a fronte dei rischi connessi con la complessiva attività bancaria e costituisce il punto di riferimento per stabilità delle banche e dei sistemi bancari. Basilea1 definisce infatti, a livello internazionale, una regola semplice e pragmatica per la gestione delle banche e per l’esercizio della vigilanza prudenziale del sistema bancario: i mezzi propri di ciascuna banca devono essere costantemente adeguati rispetto al volume degli impieghi e alla rischiosità dei medesimi.
In particolare, la regola del 1988 – ancora oggi in vigore in oltre 140 Paesi – stabilisce che l’ammontare di tali mezzi deve essere almeno pari all’8% della somma degli impieghi ponderati per il rischio. La ponderazione tuttavia non avviene sulla base del giudizio di affidamento della banca medesima, ma sulla base di una semplice tabella di ponderazione fissata ex ante. Di fatto, i finanziamenti concessi alle imprese, a prescindere dall’effettivo livello di rischiosità stimato dalla banca, sono sempre ponderati al 100% indipendentemente quindi dalle differenti condizioni di solvibilità del singolo prenditore di fondi.

I contenuti qualificanti dell’Accordo Basilea2

La definizione del nuovo Accordo deriva dalla constatazione che Basilea1 ha svolto nel corso del tempo un ruolo fondamentale di stimolo alla crescita della capitalizzazione delle banche; le nuove sfide di mercato richiedono tuttavia regole di vigilanza e di gestione bancaria più fini e calibrate. Ne segue che se da un lato la proporzione fra mezzi propri e totale degli impieghi ponderati per il rischio rimane inalterata, dall’altro lato lo sforzo dell’intero Accordo è rivolto a far sì che la ponderazione avvenga ex post sulla base del vero livello di rischio della controparte affidata.
Il buon senso e l’ovvietà di tale affermazione nascondono in realtà la portata rivoluzionaria di Basilea2 che spinge: a definire su base universale il concetto di “rischio di credito”; a misurarlo correttamente e in modo trasparente per ogni singolo cliente (Rating di cliente) e nell’ambito di ogni operazione di finanziamento (Rating per operazione); a fare discendere dal suddetto processo la determinazione dell’entità del finanziamento e il relativo prezzo. Ciò porta: all’abbandono di logiche binomiali di concessione del finanziamento lasciando spazio a logiche multininomiali che prevedano diversi gradi di merito creditizio delle imprese; all’accantonamento, a regime, delle logiche di relazione oggi largamente dominanti, prevalentemente basate sulla forza contrattuale (dimensione) delle imprese richiedenti credito.
In tale contesto, il nuovo concetto di rischio di credito è riferito ad una logica finanziaria, vale a dire all’analisi della «Possibilità che una inattesa variazione del merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditoria».
La misurazione corretta del rischio di credito rappresentata è definita a livello analitico da Basilea2 sulla scorta di tre grandi princìpi:

• Il rischio di credito è dato da tre componenti rappresentate dalla probabilità di insolvenza della controparte, la cosiddetta PD (acronimo di Probability of Default), dal tasso di perdita al netto del recupero delle garanzie in caso di insolvenza (LGD - Loss Given Default), dal valore dell’esposizione al momento del default (EAD - Exposure At Default) che è funzione anche della discrezionalità del debitore nell’aumentare la sua esposizione, della vita residua dell’operazione (EM - Effective Maturity). Qualsiasi istruttoria di affidamento deve essere orientata alla valutazione della PD e della LGD attraverso un processo di rating.

• Le modalità di calcolo della PD devono essere differenziate in rapporto alla tipologia di controparte affidata (corporate, piccole e medie imprese, retail), in quanto differenti risultano essere i profili informativi della clientela.

• Le modalità di determinazione dei prezzi del credito e dei relativi accantonamenti, per la perdita attesa, e dei necessari presidi patrimoniali a fronte della volatilità della stessa in un determinato orizzonte temporale (perdita inattesa) sono fondate su approcci basati su processi di rating alimentati da indicatori di misura discreti della probabilità di insolvenza. Essi consentono di assegnare un prenditore (PD) o un’operazione (PD+LGD) ad una determinata classe di rischio. Nel caso dell’approccio standard, la ponderazione avviene ancora ex ante sulla base di una nuova tabella collegata ai rating delle agenzie internazionali; nel caso dell’approccio IRB - Internal Rating Based, invece, il calcolo della ponderazione è legato ai valori di PD e di LGD determinati rispettivamente in modo parziale o totale dalla singola banca sulla base del livello di sofisticazione e di autonomia del modello di rating interno adottato (Foundation e Advanced).


Le risposte strategiche e organizzative delle banche

Al riguardo, è utile fare riferimento al fatto che gli Accordi di Basilea2 poggiano su tre pilastri.
Il primo pilastro definisce i requisiti patrimoniali minimi in termini di capitale delle banche, che sono rivisti al fine di attribuire un maggior peso alle valutazioni effettuate dalle banche stesse in ordine ai rischi cui sono esposte.
Con riferimento al rischio di credito, l’obiettivo primario del primo pilastro è di fornire un metodo Standard (Rating esterni) più sensibile ai rischi che non aumenti né abbassi mediamente il patrimonio di vigilanza delle banche (metodo Standard).
Il secondo pilastro è un completamento essenziale del primo. Le Autorità di Vigilanza dovrebbero assicurare che ogni banca disponga di valide procedure interne per la valutazione della propria adeguatezza patrimoniale sulla base di un’accurata misurazione dei rischi di credito. In tale contesto viene previsto da parte delle Autorità di Vigilanza nazionali il riconoscimento di modelli di ogni singola banca per la quantificazione del rischio di credito di vario livello di sofisticazione (Rating interni) basati su tre anni di conformità operativa.
Il terzo pilastro impone alle banche condizioni di forte trasparenza informativa anche verso i clienti e il mercato con riferimento alle procedure e alle logiche valutative utilizzate; essa viene considerata parte essenziale del nuovo Accordo. Sono previsti al riguardo requisiti informativi specifici quale presupposto per il riconoscimento del modello da parte delle Autorità.

Da quanto esposto è evidente che le specificità di Basilea2 spingono le banche a compiere scelte organiche e strutturali nel medio termine, rivolte a definire l’architettura e i contenuti operativi dei processi di rating in vista dell’introduzione effettiva del nuovo Accordo e quindi del cambio di mentalità imposto dalla sostituzione del regime regolamentare di Basilea1 con quello di Basilea2.
Tali scelte investono l’assetto strategico, quello organizzativo e quello produttivo, in quanto richiedono di riposizionare sia le metodiche di valutazione del merito creditizio sia le modalità di concessione del credito in quanto collegata ai valori della PD e della LGD in termini espliciti e trasparenti. Ciò significa che larga parte dell’attenzione e delle risorse della banca viene oggi indirizzata alla realizzazione di un sistema originale e competitivo di rating che sappia cogliere in maniera puntuale il profilo di rischio effettivo della clientela.
Si osservi, al riguardo, che la scelta del tipo di approccio alla definizione del rating (Foundation o Advanced) è solo teoricamente aperta alle valutazioni delle singole banche. Nel medio periodo tutte le banche tenderanno ad adottare modelli Advanced per almeno tre ordini di motivi.

• Da un punto di vista reputazionale, dapprima per le banche italiane internazionalmente attive (certamente i primi 8-12 gruppi italiani), la scelta di un approccio Irb-Advanced è una non scelta, in quanto fortemente suggerita e attesa dai principali operatori istituzionali del mercato, dalle Autorità di Vigilanza, dalle Agenzie di credit rating ai grandi Fondi di investimento internazionali. Nel tempo, tuttavia, anche le altre banche dovranno dimostrare un solido approccio metodologico alla valutazione del merito creditizio per non subire impatti negativi e istantanei rispetto al costo della provvista e, infine, al rispetto delle condizioni di creazione di valore per i propri stakeholders.
• Da un punto di vista patrimoniale, la dimostrata liberazione del capitale di vigilanza ottenibile attraverso gli approcci Irb risulta elemento di elasticità strategica fondamentale, anche ai fini della gestione del free capital della banca nell’eventualità di future operazioni di acquisizione e consolidamento esterno.
• Infine, da un punto di vista economico, il pay-off associato agli investimenti richiesti dagli approcci Irb riguarda in particolare: la riduzione delle perdite attese e inattese, che vengono ottimizzate attraverso la diversificazione del portafoglio impieghi, e il contenimento dei costi operativi dato che i processi di credito ridisegnati a partire dall’utilizzo degli strumenti di credit rating favoriscono il trattamento standardizzato e automatico di un certo numero di pratiche, liberando buona parte delle risorse di rete.


La trasformazione nelle relazioni tra banche e imprese

In questo scenario, le ricadute sulle relazioni fra banca e impresa assumono contenuti e risvolti solo in parte ad oggi immaginabili e comunque non riconducibili a giudizi superficiali cui molti appaiono tentati. Sotto questo profilo, più che di ricadute in senso stretto vale la pena di approfondire le tre grandi “regole del gioco” contenute nell’Accordo di Basilea, intorno alle quali banche e imprese dovranno rapportarsi per creare sinergie utili alle une e alle altre.

La prima regola del gioco è legata al concetto di insolvenza, determinante per il calcolo della PD. La definizione utilizzata infatti, che si rifà all’enunciazione proposta, è ben diversa dal concetto attuale di “sofferenza” ed è riferita ad un ritardo nei pagamenti delle imprese italiane pari ad almeno 180 giorni che diverranno 90, come per le altre imprese europee, dopo 5 anni dall’attuazione di Basilea2. Ciò comporta per sé l’esigenza da parte delle imprese di un uso più equilibrato della leva del capitale circolante e più in generale un’attenzione più responsabile alla gestione finanziaria, intesa come funzione di produzione, e alla gestione dei rapporti con il sistema dei clienti e dei fornitori.

Il nuovo Accordo di Basilea, sempre con riferimento alla valutazione della PD, lascia inizialmente ampi spazi alle banche sia nella fase di assegnazione del rating sia nella scelta dell’entry level nell’applicazione dell’Accordo medesimo, definendo le tre gradazioni dell’approccio Standard, dell’approccio Foundation e dell’approccio Advanced. Questo significa che la determinazione della PD sarà strettamente collegata alla filosofia di fondo adottata dalla banca nell’assegnare il rating, per cui potranno coesistere logiche a forte base statistica con logiche a forte base quantitativa e qualitativa strutturata, come avviene già nei mercati bancari più evoluti.
In questi termini, le banche si sfideranno (e, in parte, già lo fanno) nel verificare la bontà e la superiorità del proprio approccio. Anche in questo caso per il cliente impresa vengono a crearsi ancora più forti spazi di arbitraggio speculativo in quanto i rating assegnati da banche diverse alla stessa controparte potranno essere diversi. Ciò permetterà alla clientela di spostare la domanda verso le istituzioni che in quel momento offrono un giudizio più benevolo o il cui processo è meno efficiente. Non vi è dubbio comunque che tale meccanismo porterà a forti spostamenti di quote di mercato.
La seconda regola del gioco è legata al concetto di LGD e alla sua rilevanza nella trattativa fra banca e impresa: se la valutazione del rischio è collegata anche al recupero in caso di insolvenza, risulterà cruciale per la banca acquisire garanzie e collaterals con i più alti valori di recupero. Al di là delle apparenze, il campo di gioco appare ben più ampio rispetto alla vecchia logica delle garanzie e tale addirittura da comportare il significativo ridimensionamento delle garanzie personali (dotate di un basso valore di recupero) e, per contro, una forte crescita, fra l’altro, dei contratti di leasing, dei contratti derivati su credito, delle procedure stragiudiziali.
Il nuovo Accordo pone infatti al centro dell’attenzione il tema del valore di mercato dei collaterals sottostanti la singola operazione creditizia e della loro possibilità di recupero da parte della banca.
In altri termini, più elevato è il valore monetario netto attuale dei collaterals, maggiore è l’impatto favorevole per l’impresa sotto il profilo delle condizioni e dei volumi di credito ottenibili. L’affermazione genera due differenti ricadute sul sistema delle relazioni fra banca e impresa. La prima è riferita al fatto che l’azienda che saprà valorizzare in modo creativo il proprio sistema di garanzie avrà forti vantaggi. La seconda è riferita, ancora una volta, a logiche di arbitraggio in quanto il calcolo della possibilità di recupero è demandato alla valutazione della singola banca. Ne segue che le banche più efficienti (o i sistemi bancari più efficienti) nell’attività di recupero presenteranno LGD mediamente più contenute e, a parità di condizioni, tassi mediamente più bassi sul finanziamento alle imprese. Non si può negare, al riguardo, che il sistema delle imprese italiane appare fortemente penalizzato rispetto ad altri sistemi europei sia dal difficile utilizzo di procedure stragiudiziali per il recupero dei collaterals sia della scarsa abitudine ad utilizzare qualsiasi componente degli asset come garanzia per un’operazione creditizia.

Le richiamate condizioni modificano anche significativamente alcune situazioni consolidate in materia di garanzie spendibili dalle piccole medie imprese; si pensi, ad esempio, alle garanzie tradizionalmente rilasciate dai Confidi che operano spesso come strumento potenzialmente decisivo nel loro accesso al credito bancario. Si rilevi al riguardo che l’Accordo di Basilea2 non modifica alcunché rispetto a quanto previsto da Basilea1, che non attribuisce alcun valore alle loro garanzie ai fini della mitigazione del rischio di credito. Esso peraltro ne impone una profonda rivisitazione strategica, gestionale e organizzativa per consentire che le garanzie dei Confidi possano concorrere alla mitigazione del suddetto rischio nell’ambito della valutazione LGD: Basilea2, infatti, definisce i requisiti richiesti alle suddette garanzie per essere accettate a copertura diretta, integrale e incondizionata del rischio di credito; ciò in termini di requisiti soggettivi del garante (natura giuridica e attribuzione di rating) e di qualità del rating stesso che, per dare valore alle garanzie fidejussorie prestate in termini di mitigazione del rischio, deve essere migliore di quello dell’impresa garantita.

La terza regola del gioco è legata infine al grande dilemma circa il rapporto fra Basilea2 e la crescita dei tassi applicati alla clientela e fra Basilea2 e le relazioni fra banca e impresa.
Sotto il primo profilo, il problema appare mal posto, anche perché Basilea2 non stabilisce rigorose connessioni fra tassi applicati e rischio di credito di un singolo prenditore; le suddette connessioni tuttavia non possono che essere parte integrante della relazione fra la banca e l’impresa in quanto prescritte da qualsiasi manuale di buona finanza.
Più che di dilemma si deve parlare, allora, della maggiore o minore preparazione delle banche e delle piccole e medie imprese italiane a giocare a carte scoperte: da un lato le imprese saranno chiamate senza alibi a proporre correttamente i propri progetti e il proprio profilo aziendale, dall’altro, le banche saranno chiamate a valutare altrettanto correttamente le controparti.

Le imprese che proporranno male la propria posizione, quelle che cercheranno di nascondersi dietro logiche di multi-affidamento, quelle che non saranno caratterizzate da una gestione “consapevole”, quelle non disponibili a concorrere all’azzeramento delle asimmetrie informative con la banca, o quelle che non avranno nulla da proporre avranno maggiori difficoltà ad accedere al credito e pagheranno tassi più elevati rispetto a quelle che, grandi o piccole che siano, dimostrino capacità di creare valore per i propri stakeholders.
Un fatto è comunque chiaro: l’ottenimento di un buon rating e, conseguentemente, di un finanziamento adeguato alle aspettative sia in termini di quantità che di prezzo non è frutto di una buona negoziazione con la banca, ma il risultato di una corretta gestione aziendale nel tempo. Anche le banche che avranno una bassa capacità di valutare le controparti sul piano strategico, organizzativo e produttivo e che non saranno pronte a gestire le relazioni di clientela in modo differenziato per tipologia di controparti (dalla Transazione alla Relazione al crescere delle dimensioni del rapporto o della controparte, ad esempio) andranno incontro a pesanti rischi, che potrebbero culminare nella progressiva perdita della legittimazione del mercato.

Si consideri da ultimo che il nuovo Accordo di Basilea impone una classificazione delle operazioni e della relazioni di clientela in differenti classi ai fini di una più precisa determinazione dei parametri di base della valutazione del rischio di credito e dei correlati criteri di ponderazione (corporate, small business, retail). Il tema è solo apparentemente di esclusiva pertinenza delle banche. I criteri di calcolo delle componenti di rischio e di ponderazione, infatti, risultano diversi sotto il profilo sia regolamentare sia delle scelte operative individuali delle singole banche. In corrispondenza delle differenti categorie si avranno prezzi del credito e politiche di concessione differenziate. Le imprese che saranno in grado di valutare questo aspetto potranno compiere significativi arbitraggi fra banca e banca, oppure fra tipo di operazione e tipo di operazione, acquisendo vantaggi significativi in termini di crescita dei volumi di fondi e di riduzione del costo del capitale. Tale effetto risulta essere ulteriormente potenziato per quelle imprese che sposteranno il piano degli arbitraggi da un livello prettamente domestico ad uno internazionale.


Conclusione

In conclusione, la valutazione congiunta dei tre ambiti esaminati mette in luce la presenza di spazi di arbitraggio consistenti e importanti per le aziende, fondati su una pluralità di elementi. Ciò porta, ovviamente, ad una condizione tassativa: la singola azienda deve imparare a “determinare” il proprio profilo creditizio e a verificarlo con la banca. Questa capacità deve necessariamente fondarsi sulla cultura della trasparenza e della chiarezza dei progetti imprenditoriali di medio termine, a prescindere dalla dimensione aziendale.
Gli imprenditori che non rispetteranno questa regola fondamentale correranno indubbiamente grossi pericoli. Ciò non avverrà, tuttavia, a causa del nuovo Accordo di Basilea, ma perché la valutazione del rischio di credito seleziona sempre più le imprese in funzione della loro capacità di stare sul mercato.

   
   
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