Marzo 2004

RAPPORTO BNL / CENTRO EINAUDI

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Il risparmiatore italiano
in cerca d'autore
Filippo Cucuccio  
 
 

 

 

 

 

Secondo
il Rapporto,
si dovrebbe delineare un risparmiatore
che con energia
ritorna a porsi il problema del futuro, un risparmiatore
che non va
in pensione,
un risparmiatore previdente.

 

Le recenti disavventure economiche in cui sono incorse alcune importanti imprese italiane e di altri Paesi industrializzati hanno scosso i mercati finanziari, innescando significative reazioni in più direzioni, quali: riconsiderazione dei poteri di controllo e vigilanza dei mercati e degli intermediari, introduzione di nuovi strumenti normativi, disegno di nuovi organismi istituzionali, più efficaci forme di tutela del risparmio.
Ecco, per l’appunto, il risparmio: grande protagonista della ricostruzione del Paese, oggi appare da un lato seriamente minacciato da questi improvvidi eventi e dall’altro destinato a vivere, comunque, una nuova importante stagione. In questa previsione si è robustamente aiutati da un’indagine che da oltre vent’anni fotografa sul campo la morfologia e le articolazioni del risparmio in Italia attraverso i comportamenti di quanti lo praticano (o vorrebbero praticarlo).
Come noto, la figura del risparmiatore italiano ha assunto negli ultimi cinquant’anni un’aureola mitica venendo chiamato in causa come soggetto essenziale nel circuito virtuoso della crescita e dello sviluppo del Paese e risultandone esaltate le sue peculiari virtù per il livello di accumulazione tradizionalmente più elevato rispetto a quello di altre nazioni. E, invece, sfogliando le pagine del Rapporto di quest’anno si scopre non senza un certo sgomento che il mito del risparmiatore italiano sta probabilmente conoscendo una fase di minore entusiasmo. Aumenta, infatti, dal 38% al 45% la percentuale degli intervistati del campione prescelto dall’indagine che dichiarano di non essere riusciti a risparmiare, pur in presenza di un’aliquota crescente di persone (dal 19% al 27%) che ritengono il risparmio indispensabile. L’aumento della quota di chi non risparmia è un segnale preoccupante, perché sintetizza il comportamento di persone che vorrebbero risparmiare ma sono vincolate dalla carenza di reddito disponibile: in altri termini, costituisce un indicatore affidabile della riduzione delle risorse che affluiscono all’operatore famiglie e, quindi, del loro progressivo impoverimento.
In questa prima radiografia della cartella clinica del risparmiatore appare evidente come tra le ragioni che inducono a risparmiare sembri aver trovato la prevalenza in questo periodo il movente precauzionale rispetto a quello speculativo (secondo la nomenclatura di keynesiana memoria), come si può desumere dalla crescita del numero di conti correnti bancari.

Su questo aspetto il Rapporto usa una metafora molto efficace, affermando testualmente: «Da portaerei da cui spiccare il volo verso specifiche destinazioni il conto bancario è diventato un sommergibile con cui il risparmiatore cerca di passare indenne sotto i marosi dell’incertezza e della stagnazione».
Si possono qui aprire due ulteriori finestre per meglio individuare gli atteggiamenti dei risparmiatori: la prima concerne il comportamento delle donne che risultano sempre più direttamente coinvolte nella gestione delle finanze familiari a testimonianza di un’indubbia evoluzione sociale. Ebbene, sono proprio le donne a mostrare un maggiore pessimismo rispetto ai maschi circa la situazione dei propri redditi futuri; un pessimismo che sembra connotare anche le scelte di impiego del risparmio, orientandolo decisamente più verso la liquidità che non verso gli impieghi di lungo periodo.
Ancora due considerazioni per meglio capire i comportamenti delle persone con il fiocco rosa: da un lato sembra evidente che il tempo dedicato alla finanza personale è poco per tutti, ma soprattutto per le donne (l’82% del campione ignora una quantificazione precisa del tempo dedicato settimanalmente all’informazione finanziaria); dall’altro le donne risultano più aperte alle richieste dei promotori finanziari e mostrano una maggiore facilità nel rispondere, se paragonata alla ritrosia dei maschi, segnale evidente comunque di un desiderio di voler colmare il proprio deficit informativo/conoscitivo.

La seconda finestra schiude, invece, la vista del panorama sulle differenziazioni territoriali che anche in tema di risparmio continuano a registrare delle caratterizzazioni specifiche; così si va dall’80% di quanti al Nord Est ritengono il reddito corrente sufficiente o più che sufficiente per le proprie necessità, al 72% di quanti al Sud mostrano una spiccata preferenza per il risparmio anche se con indirizzi peculiari (minore propensione a utilizzare prodotti del risparmio gestito, minore attrazione verso l’investimento in titoli azionari, etc.). Atteggiamenti e preferenze che confermano, in definitiva, l’esistenza di una significativa pluralità di microcosmi economici.
Tornando a considerazioni dell’insieme, una seconda radiografia offerta dal Rapporto mette in evidenza come da un lato aumenti il peso degli ultrasessantenni nella società italiana, e dall’altro non si manifesti concretamente un’efficace progettualità del risparmio; per ricomporsi, poi, il tutto in un quadro che ben si può definire poco entusiasmante. Si osserva, infatti, che «gli italiani non sembrano prepararsi adeguatamente al problema pensionistico che secondo gli esperti si risentirà tra qualche anno e che sembra essere fonte di preoccupazione» 3 per un numero rilevante di persone.
Questa considerazione innesca una serie di ulteriori riflessioni che vanno dall’opportunità di irrobustire in modo complementare la scricchiolante previdenza pubblica, all’auspicata maggiore diffusione di informazioni su prodotti sostitutivi in grado di affiancare il futuro pensionato nell’aspettativa di mantenimento degli attuali livelli di consumo. In questa ottica sarebbe certo fondamentale, da un lato, ipotizzare una o più campagne di sensibilizzazione sugli aspetti di risparmio previdenziale presso i più giovani; dall’altro, spingere sempre più nelle direzioni di un’aumentata trasparenza del sistema bancario, di un migliore livello di informazione degli intermediari e di un loro più accentuato grado di comprensione delle esigenze dei risparmiatori. Ecco perché, secondo il Rapporto, in uno scenario largamente condivisibile e desiderabile si dovrebbe delineare un risparmiatore «che con energia ritorna a porsi il problema del futuro, un risparmiatore che non va in pensione, un risparmiatore previdente». E', questo, un quadro troppo idilliaco?

Forse per ora, anche se vi sono segnali che fanno bene sperare per un’evoluzione che sia orientata in modo tale da consentirne la piena realizzazione. Ne citiamo un paio.
Si prenda ad esempio il capitolo del remote banking che bene può essere portato a paradigma di queste future speranze e possibili certezze. Cominciamo dall’identikit dell’utilizzatore di questi servizi tracciato dal Rapporto di quest’anno. Sesso maschile, età compresa tra i 18 e i 29 anni, livello di istruzione universitario o comunque elevato, molto spesso imprenditore o libero professionista, appartenente a fasce di reddito elevato, residente nel Nord Italia e in particolare nell’area orientale. Un identikit che se conferma quello delineato nelle precedenti edizioni del Rapporto introduce un paio di elementi che vanno analizzati con maggiore cura. Il primo, la crescente diffusione di questi servizi tra gli “over 50” e ugualmente una sua maggiore popolarità tra le classi di reddito meno elevato. Se quest’ultima caratteristica può essere causata dallo sviluppo del remote banking tra i ventenni e i pensionati, ossia classi di età tradizionalmente appartenenti a livelli reddituali meno elevati, vale la pena di spendere qualche parola in più sull’infoltimento del plotone degli “over 50”. Infatti, queste persone sembrano aver superato la barriera della diffidenza tecnologica, sospinte principalmente dalle favorevoli condizioni alle quali questi servizi sono offerti e dalla numerosità delle banche di maggiore peso presenti in questo segmento. Due aspetti che continuano a segnare il successo di questo specifico mercato e che rendono, però, indifferibile la soluzione di due criticità che potrebbero forse pregiudicarne l’ulteriore sviluppo in un prossimo futuro: da un lato la mancanza di un’adeguata integrazione tra diversi canali distributivi da parte dello stesso intermediario finanziario, dall’altro il numero qualitativamente limitato di operazioni da effettuare tramite Internet, che sollecita un miglioramento delle piattaforme operative.
Dunque, due criticità/opportunità alle quali va aggiunta una terza: la riscontrata carenza da parte degli intermediari di politiche di marketing appropriate e differenziate per soddisfare le esigenze e le attese di questo esercito di nuovi clienti. Un vuoto da colmare per onorare un ruolo primaziale più volte riconosciuto dalle stesse autorità monetarie agli intermediari e in particolare al sistema bancario; e anche per confermare la sostanza di un rapporto fiduciario spesso evocato nel corso di questa indagine.
E, venendo al secondo segnale, vogliamo ricordare come negli attuali orizzonti compaia anche il nuovo strumento delle carte prepagate, la cui rapida diffusione e il crescente successo possono farsi risalire sia alla non necessaria contestuale titolarità di un conto corrente bancario (investendo, quindi, una fascia di clientela ancora più allargata), sia alla garantita tutela della riservatezza in caso di transazioni nell’ambito del commercio elettronico o in quello dei circuiti legati a terminali POS. Un ulteriore significativo segnale di quanto l’innovazione sia sempre presente nei comportamenti dell’homo oeconomicus e del risparmiatore in particolare (in questo caso nella sua qualità di consumatore di prodotti finanziari). Una conferma di un’attenzione al nuovo che non fa, comunque, dimenticare la tradizione dei comportamenti virtuosi e che, invece, richiama con vigore la necessità della presenza di un “sistema Paese” che affianchi e sostenga un risparmiatore sempre più in cerca d'autore.

   
   
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