Dicembre 2003

Grandangolo

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Immigrati
e lavoro nel Salento
Sabrina Greco
 
 

 

 

Il mercato
è segmentato
in due grandi
comparti: uno
centrale, dove
le garanzie
contrattuali
e normative della forza lavoro sono elevate, e uno
marginale, dove tali garanzie sono labili.

 

Nel corso di questo articolo si cercherà di studiare il rapporto tra processi immigratori e mercato del lavoro nel Salento, con particolare riferimento all’anno 2000, e analizzare le assunzioni di extracomunitari previste dalle aziende locali. A questo scopo sono stati utilizzati i dati ufficiali nazionali (Ministero dell’Interno, Istat), regionali (Istat) e disaggregati a livello provinciale (Istat, Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Lecce), il Sistema Informativo Excelsior e ricerche di tipo quantitativo e qualitativo (OPI - Osservatorio Provinciale sull’Immigrazione di Lecce).

Dati sulla presenza straniera in Italia a livello nazionale, regionale, provinciale:
- permessi di soggiorno concessi per continente di provenienza, regioni di soggiorno, motivo (a livello nazionale, regionale);
- popolazione straniera residente distinta per sesso, comunità di appartenenza, comune di residenza, stato civile, classi di età, numero componenti nucleo familiare, numero figli, attività lavorativa (a livello provinciale).

Dati di tipo economico:
- composizione delle attività economiche, tassi di occupazione e di disoccupazione distinti per sesso, classi di età, regione e provincia (a livello regionale, provinciale).

Previsioni per i tre livelli
- previsioni di assunzioni di extracomunitari distinte per regione, professionalità richieste, settore di attività.

Punti di contatto tra Italia e Salento
- mercati del lavoro con contemporanea presenza di quote di disoccupazione autoctona ed elevata offerta di manodopera straniera;
- complementarietà della manodopera immigrata;
- correlazione tra aree di lavoro e gruppi etnici;
- ruolo delle reti sociali.

Punti di differenza tra Italia e Salento
- Salento zona di transito: la dinamica dei flussi è in entrata e in uscita;
- la clandestinità ha un duplice effetto sul mercato del lavoro;
- l’economia sommersa rende attraente l’area;
- il livello d’industrializzazione è contenuto, il tessuto economico produttivo si basa su commercio e agricoltura;
- il modello delle attività regionali agricole dà luogo ad un’occupazione irregolare, precaria;
- non si sono verificati casi di imprenditoria etnica;
- presenza di tassi di disoccupazione crescenti;
- canali informali di incontro tra domanda e offerta.
Fonte: Ministero dell’Interno.

In riferimento ai permessi di soggiorno concessi in Italia per continente di provenienza negli anni 1989 (anno precedente la Legge Martelli) e 2000, si vede che gli stranieri in regola sono quasi triplicati. Questo è il numero ufficiale degli stranieri registrati a fine 2000; a questi però vanno aggiunti i minori, non titolari di permesso di soggiorno personale, e i permessi in corso di registrazione.

Fonte: Ministero dell’Interno.
Il collettivo degli stranieri regolarmente presenti sul territorio non si distribuisce uniformemente. Per l’83,5% sono concentrati in nove regioni. L’aumento dei permessi di soggiorno nel 2000 non sembra aver cambiato la distribuzione sul territorio degli immigrati, a parte il leggero incremento nelle regioni del Nord. D’altra parte, la conferma delle aree di maggiore attrazione si accoppia ad un’analoga conferma rispetto ai motivi del soggiorno.

Fonte: Ministero dell’Interno.

Per quanto riguarda i motivi di concessione dei permessi, l’aspetto più evidente è costituito dalla quota elevata di titoli di soggiorno per lavoro. Tale motivo si riferisce sia a coloro che già svolgono attività lavorativa dipendente o autonoma, sia al gruppo degli iscritti nelle liste di collocamento.
Le statistiche diffuse dal Ministero dell’Interno confermano un’immagine ormai consolidata: gli stranieri in Italia sono presenti principalmente per motivi di lavoro e per questa ragione si concentrano nelle regioni che offrono maggiori opportunità.
Come può desumersi dalla Fig. 1, sul totale dei permessi di soggiorno rilasciati in Puglia al 1° gennaio 2001, considerata la popolazione di maschi e femmine, si ha il 55% dei permessi rilasciati per motivi di lavoro e il 25% per famiglia.
Se invece facciamo la distinzione di genere e consideriamo la popolazione maschile (Fig. 2), osserviamo che la composizione percentuale per motivo di lavoro è pari al 68%, mentre per la popolazione femminile (Fig. 3), si registra una prevalenza dei motivi di famiglia.
La posizione geografica pone il Salento in prossimità dei Paesi balcanici che hanno assunto nel corso del tempo il ruolo di centro di smistamento di flussi migratori non solo interni ma provenienti anche dal Vicino ed Estremo Oriente.
Accanto a questo aspetto, vi è la prossimità del Salento alle zone di origine, che permette di mantenere contatti e scambi economici che di frequente si intrecciano fra le aree di origine e quelle di destinazione dei migranti.
La Tab. 4 mostra come accanto all’alta percentuale di cittadini albanesi residenti vi siano delle etnie più tradizionali, nel senso di una loro consolidata presenza sul territorio salentino, come i cittadini marocchini e senegalesi.
Se consideriamo la distribuzione per sesso dei cittadini non comunitari residenti a Lecce e provincia, si vede che vi è una maggiore componente maschile tra i cittadini provenienti dal Marocco, Senegal e Sri Lanka, mentre la componente femminile è più numerosa tra i cittadini che giungono dall’Albania, dall’ex Jugoslavia e dalle Filippine.
La maggiore o minore partecipazione femminile ai flussi migratori è legata non solo alla realtà del Paese di accoglienza, ma anche ai fattori culturali dei Paesi d’origine: dai Paesi di religione islamica provengono più flussi maschili, mentre i movimenti in cui la presenza femminile è più consistente hanno origine nei Paesi di religione cristiana.
Fonte: Elaborazione su dati Istat.
Fonte: Elaborazione su dati Istat.
Fonte: Elaborazione su dati Istat.
La distribuzione per stato civile dei cittadini stranieri non comunitari residenti a Lecce e provincia (Fig. 4) mostra che il 45,06% sono coniugati e, dalla distribuzione per classi di età (Fig. 5), si rileva che la maggior parte ha un’età compresa tra i 25 e i 45 anni.
I nuclei familiari (Fig. 6) sono composti nell’86,45% dei casi da 1-3 componenti e nel 12,74% da 4-6 componenti.
Infine, il numero di figli per nucleo familiare (Fig. 7) è pari ad 1 nel 49,50% dei casi oggetto di indagine.
L’interesse per le caratteristiche familiari e il comportamento riproduttivo mira a valutare quali potrebbero essere le conseguenze di tale presenza sulla dinamica della popolazione del Paese ospitante. Il ruolo della famiglia può apparire duplice nello sviluppo dei processi migratori e nell’inserimento nella società ospite: da una parte può ostacolare la partenza, dall’altra può assumere il ruolo di collegamento nel Paese di destinazione. La presenza dei figli e del coniuge nel Paese di accoglimento contribuisce alla stabilità della permanenza nel Paese ospite.
L’analisi dell’inserimento lavorativo degli immigrati nel Salento è difficile, data la vasta gamma di possibilità lavorative radicate nell’ampio settore sommerso, del tutto sfuggente alle rilevazioni ufficiali.
Secondo alcuni dati, il commercio rappresenta nel Salento oltre il 30% delle attività economiche, il 25% è rappresentato dall’agricoltura e meno del 15% dall’industria (Fonte: Camera di Commercio, Lecce). Quindi, ai fini dell’occupabilità delle componenti migranti, i settori economici sarebbero il commercio e l’agricoltura. Le esigenze di un tale sistema produttivo creerebbero l’inserimento lavorativo degli immigrati. Di contro, si potrebbe sospettare che quelle caratteristiche strutturali del tessuto economico possano favorire un maggiore utilizzo al nero della manodopera immigrata.
L’immigrazione è un processo selettivo che tende a privilegiare i soggetti più motivati, disposti ad assumersi rischi e pronti ad adeguarsi ai cambiamenti.
Vediamo ora quanto le imprese locali sono interessate ad assumere lavoratori provenienti dai Paesi extracomunitari.
Il Sistema Informativo Excelsior e la relativa indagine annuale sui fabbisogni di professionalità delle imprese rappresentano una fonte statistica ricorrente per la conoscenza dei flussi in entrata previsti dalle imprese. In questa indagine le previsioni si riferiscono ai fabbisogni delle aziende ad assumere, in caso di carenza di manodopera nazionale, lavoratori extracomunitari e il campo di osservazione è rappresentato dall’universo delle imprese private (Tab. 5).
La formulazione di previsioni circa la probabile evoluzione occupazionale di extracomunitari è molto importante.
Nella tavola statistica le indicazioni circa le assunzioni di personale extracomunitario sono articolate per settore di attività e incrociate con alcuni elementi significativi, quali le dimensioni delle imprese, la necessità di formazione, un’età al di sotto dei 25 anni e la non esperienza richiesta.

Osserviamo i settori dell’industria e dei servizi. Il numero potenziale di lavoratori extracomunitari che il settore dell’industria locale prevede di assumere è il 18,6% del totale assunzioni.
L’edilizia è il settore che registra un’incidenza percentuale più alta degli avviamenti di stranieri, pari a 633 unità, il 35,4% del totale, e questo dato conferma il dinamismo del comparto e la difficoltà di reperimento di forza lavoro autoctona: per gli imprenditori rivolgersi agli immigrati è quindi una necessità.
Inoltre, nel 96,4% dei casi le assunzioni sono in imprese con meno di 50 dipendenti e per il 34,9% non è richiesta l’esperienza.
Nei servizi la percentuale di assunzioni scende al 13,2% sul totale e il comparto terziario di punta risulta quello dei servizi operativi alle imprese (40,1%).
Il significato delle previsioni raccolte attraverso l’indagine Excelsior non misura quelle che saranno le effettive assunzioni. Le imprese locali sono interessate ad assumere manodopera straniera in maniera molto ridotta: in vari settori la percentuale di impiego degli extracomunitari scende al di sotto della metà della media nazionale.
Il processo di immigrazione può favorire, a determinate condizioni, dinamiche di sviluppo, di crescita, di progresso, non solo con riferimento agli immigrati, ma anche con riferimento alla popolazione locale.
Alcune teorie economiche evidenziano il ruolo di “funzionalità” al sistema capitalistico dell’immigrazione di forza lavoro anche in presenza di disoccupazione interna. L’interpretazione più accreditata delle dinamiche che determinano gli attuali flussi migratori è quella che privilegia i “fattori di attrazione” operanti nei Paesi industriali avanzati. L’attrazione alla quale si riferisce tale approccio è quella esercitata dalla domanda di lavoro rivolta alla popolazione lavorativa dei Paesi in via di sviluppo per supplire alla scarsità di lavoro esistente in alcuni settori dell’economia.
Il modello teorico sottostante a tale interpretazione è quello di un mercato del lavoro segmentato in due grandi comparti: uno centrale, dove le garanzie contrattuali e normative della forza lavoro sono elevate, e uno marginale, dove tali garanzie sono labili. La domanda di lavoro immigrato si forma in gran misura in quest’ultimo segmento del mercato, dove l’occupazione è instabile, mal retribuita e di basso prestigio sociale.
Al contempo, il livello di “benessere” raggiunto dai Paesi a sviluppo avanzato fa sì che la popolazione locale non accetti il tipo di occupazione nel settore marginale. A tale domanda di lavoro non accettata dalla popolazione autoctona risponde la forza lavoro reperibile al di là dei confini nazionali.
La nozione di complementarietà della manodopera immigrata, applicata ai mercati del lavoro locali, è assai fondata. Il lavoratore immigrato fornisce ai datori di lavoro un’alternativa al trasferimento di determinate lavorazioni in altre regioni in cui l’offerta di manodopera è più abbondante; oppure, nel caso di attività o servizi che non possono essere trasferiti, consente di non intraprendere onerosi sforzi per attrarre forza lavoro locale. Sotto questa condizione la manodopera immigrata svolge una funzione di supporto all’economia locale.
In linea generale, l’immigrazione, determinando un aumento della popolazione, crea una domanda aggiuntiva di beni e servizi che ha una ricaduta sull’economia locale e quindi contribuisce a far aumentare la domanda di lavoratori nazionali.

   
   
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