Dicembre 2003

CREDITO & modernità

Indietro
Banche
e fabbisogni professionali
Filippo Cucuccio
 
 

 

 

Il nuovo corso
dell’attività
bancaria scandito con tanta lucidità
e determinazione da Via Nazionale pone da subito
cruciali questioni in termini
di strutture
e di risorse umane.

 

Il richiamo era stato già forte e chiaro nelle Considerazioni finali dello scorso maggio: «Nel nuovo assetto dimensionale e organizzativo le banche in stretta complementarietà con il mercato dei capitali devono ora volgersi con più decisione a contribuire all’ammodernamento della nostra economia, mettere il loro patrimonio informativo a disposizione delle imprese, assisterle nei progetti di aggregazione e nella ricerca di forme di finanziamento più evolute».
Benché ricompresa nell’ambito di una serie di messaggi, la chiamata alla responsabilità di leadership verso le banche pronunciata dal Governatore non era certo sfuggita agli osservatori più attenti. Qualora però il messaggio non fosse stato recepito nella pienezza delle sue molteplici valenze, qualche settimana dopo, all’inizio dell’estate, in occasione dell’assemblea ordinaria dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), Antonio Fazio lo ha ripetuto e ulteriormente dettagliato. Non si corre, quindi, il rischio di enfatizzarlo troppo se, analizzandolo attentamente, lo si definisce un manifesto dell’attività bancaria.

Se ne possono scegliere tre brevi passi a conforto di altrettante valenze a cui deve essere informata l’attività bancaria in Italia.
Il primo, di carattere generale e fondamentale per il dispiego di questo tipo di attività, investe il nodo centrale del rapporto fiduciario, recentemente messo alla prova da alcune vicende non precisamente cristalline: «Le banche possono contribuire a rafforzare il legame di fiducia con la clientela con un’azione continua di informazione, di consulenza nella ricerca di forme di finanziamento più evolute, di sostegno nelle fasi più delicate di sviluppo e crescita dimensionale delle aziende». Una considerazione generale che ricolloca in una giusta dimensione la posizione del sistema bancario, declinando compiti e responsabilità in modo preciso e coerente con l’attribuzione del ruolo cruciale di leader dello sviluppo.
Il passaggio successivo è, se si vuole, una conseguenza di tipo applicativo a cui si debbono uniformare i comportamenti professionali delle banche nell’esercizio delle proprie attività: «I nuovi metodi di valutazione del rischio dovranno essere volti a meglio indirizzare le risorse di risparmio verso il finanziamento di imprese più efficienti nell’utilizzo dei fattori produttivi e in grado di promuovere innovazione di prodotto e di processo. E’ necessario che la svalutazione del merito di credito della clientela sia riferita non alla situazione attuale, ma anche alle capacità progettuali degli imprenditori e alle prospettive di reddito nel medio periodo; che sia estesa alla considerazione di fattori macroeconomici e settoriali in grado di incidere sulla situazione finanziaria dei debitori». Parole che fanno riflettere e che danno sostanza all’arte del banchiere, così come dovrebbe essere interpretata nell’attuale contesto economico.
In quest’ottica di applicazione virtuosa della professione bancaria merita un riferimento puntuale anche ciò che può e deve fare il sistema creditizio a fronte di un problema specifico del Paese, il Mezzogiorno: «Il sistema bancario rinnovato e rafforzato nella sua capacità patrimoniale e operativa deve fornire un contributo alla realizzazione delle potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno, anche al fine di ridurre le differenze tra le condizioni economiche e sociali nelle diverse aree del Paese».

Non si tratta di una mera affermazione di principio, né di un velleitarismo improduttivo, perché a conforto di questa affermazione il Governatore ha ricordato nella stessa sede i significativi passi in avanti compiuti nella struttura di offerta del credito degli intermediari meridionali dopo la recessione del 1993, offrendo puntuale riscontro in termini di indicatori di flussi di risorse e dei relativi prezzi.
Come si può intuire da questi brevi passi appena ricordati, il percorso dell’attività creditizia italiana viene delineato con chiarezza di intenti e obiettivi, stabilendone criteri e valenze oltre che modalità applicative; che in parte riecheggiano canoni tradizionali e soprattutto officiano il sistema bancario di attribuzioni e delle relative responsabilità di assoluta importanza e delicatezza.

Il nuovo corso dell’attività bancaria scandito con tanta lucidità e determinazione da Via Nazionale pone da subito cruciali questioni in termini di strutture e di risorse umane; in questa sede ci si soffermerà sulle seconde, che sono comunque il fattore essenziale in qualsiasi contesto per raggiungere gli obiettivi prefissati e conferire concretezza ed efficacia operativa a qualsiasi programma.
Il punto di partenza di questa ricognizione è, a mio avviso, la lucida visione dei fabbisogni professionali per poter operare un raccordo funzionale e fruttuoso con il nuovo indirizzo dell’attività creditizia. Soccorre in questa operazione di raccordo una pregevole ricerca patrocinata dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché da Enbicredito – Ente Bilaterale per il settore del credito dal titolo eloquente I fabbisogni professionali e formativi nel settore del credito.
La ricerca, coordinata dal prof. Marcello Messori e articolata in gruppi di lavoro dedicati, diretti da qualificati studiosi della materia, ha lo scopo di offrire una completa e documentata ricostruzione degli avvenimenti essenziali che hanno condotto ai mutamenti più significativi degli anni ‘90; da un lato, delineando un quadro articolato e dettagliato dei processi di innovazione e distribuzione dei servizi finanziari e delle conseguenti nuove professionalità ricercate, dall’altro traducendo questi input in altrettanti fabbisogni formativi.
L’ampio respiro di questa ricerca si può evincere anche dall’obiettivo sicuramente ambizioso enunciato nella presentazione, in cui Gianfranco Verzaro e Gianfranco Steffani (rispettivamente presidente e vice presidente di Enbicredito) testualmente affermano che [la ricerca] «consentirà di inserire il settore del credito nel sistema a rete di osservazione permanente di fabbisogni professionali in via di definizione da parte del Ministero del Lavoro».
In tal modo, in prospettiva, si crea un sistema informativo che costituirà un punto di riferimento per l’intera legislazione in tema di formazione e di mercato del lavoro, nonché per la programmazione degli interventi del Fondo Sociale Europeo nell’arco del settennio 2000-2006.
Ma rimaniamo all’oggi, cercando di ricordare almeno alcuni degli esiti più importanti ai quali è approdata la ricerca e dei quali si dà conto nel saggio conclusivo di Messori.
Una prima osservazione forse scontata, ma comunque opportuna da ricordare, è che le modificazioni esterne e interne alle banche hanno agito nel senso di sollecitare profondi cambiamenti nella domanda e nella gestione delle risorse umane: da qui la necessità di effettuare adeguamenti nei modelli e nei processi formativi finora sperimentati nel sistema bancario. Questa evoluzione interesserà o già sta interessando tutti e tre i livelli dimensionali in cui si articola il mondo del credito italiano: gruppi bancari nazionali, gruppi regionali e banche locali.
Una seconda considerazione riguarda l’emersione di nuove figure professionali, un fenomeno strettamente legato all’estensione dell’attività creditizia verso funzioni non tradizionalmente bancarie (come non ricordare i casi più eclatanti della distribuzione di prodotti assicurativi e/o della gestione di valori mobiliari?). L’arricchimento dei profili professionali e la rivisitazione dei ruoli più tradizionali costituiscono a loro volta i passaggi logici utili a comprendere l’inserimento della formazione nella visione strategica della singola banca, così come la reingegnerizzazione in atto dei processi formativi ne costituisce il puntuale riferimento in chiave tattica.
Un terzo aspetto concerne, poi, il dove reperire le competenze necessarie per fronteggiare la richiesta di ruoli professionali con la consueta alternativa mercato/risorse interne all’azienda; ove, però, la seconda opzione lancia un fascio di luce ancor più intenso sulla necessità di conferire alla formazione interna un ruolo propulsivo e particolarmente innovatore.

Una quarta osservazione, infine, ci riporta sul terreno delle competenze attraverso un’indagine qualitativa di quelle ritenute necessarie ad interpretare in modo coerente i ruoli professionali vecchi e nuovi: schiudendo un orizzonte dove si mescolano le competenze tecnico-specialistiche con quelle immateriali di tipo relazionale, senza naturalmente dimenticare quelle più squisitamente tecnologiche. Anche sotto quest’aspetto la formazione assume una valenza centrale sia di ordine tattico, in quanto anima vitale – come appena detto – dei processi di reingegnerizzazione; sia di natura strategica, in quanto fattore cruciale del piano industriale e della sua realizzazione.
Non a caso Messori, avviandosi alla propria conclusione, sottolinea come «il sistema bancario italiano ha cominciato a cogliere l’importanza della formazione e sta muovendo i primi passi verso un utilizzo più appropriato delle sue potenzialità, ma non ha percorso (ancora) la parte più importante del cammino intrapreso».
Occorre, dunque, incentivare e spingere senza alcun indugio la stessa pratica formativa verso linee guida ottimali: solo così, probabilmente, il sistema bancario italiano potrà reggere il confronto con quelle sfide appassionanti e meritarsi quelle attribuzioni di responsabilità autorevolmente ricordate dal Governatore Fazio.

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2003