Dicembre 2003

Responsabili scelte delle forme societarie

Indietro
La libertà
delle imprese bancarie
Antonio Patuelli
 
 

 

 

Compito
delle istituzioni
è quello di essere garanti del
mercato,
senza ingerirsi nelle scelte
che nel mercato spettano soltanto alla libertà,
alla responsabilità e al rischio
degli azionisti.

 

Le banche, di qualsiasi dimensione, origine e natura (grandi gruppi, banche popolari, banche di credito cooperativo, società per azioni “storiche” e Casse SpA autonome), sono accomunate innanzitutto nel legittimo interesse a competere nel mercato aperto con le regole dell’Unione europea e della moneta unica, senza privilegi o discriminazioni, nel convergente interesse all’efficienza e alla produttività. Le banche sono fortemente interessate a vedere garantiti uguali punti di partenza nella competizione del mercato.
In questo quadro sono, invece, penalizzanti l’incertezza del diritto e i tentativi legislativi di condizionare la composizione, la forma e la natura societaria delle banche. Infatti, dopo la piena applicazione della legge Ciampi e dopo la grande riorganizzazione del sistema bancario italiano, si è concluso il processo di privatizzazione delle banche italiane, che erano state in larga parte nazionalizzate nel ventennio fascista. Questo processo si è completato in maniera irreversibile e contestuale alla nascita della Banca centrale europea e dell’Euro, con tutto ciò che ne è conseguito. Pertanto, ora le banche italiane vivono una nuova fase della loro storia, totalmente inserite e protagoniste nel mercato e nelle regole europee e si deve ritenere completata la fase storica di intervento legislativo sulla natura delle banche.

In proposito, riteniamo convintamente che i trattati europei vigenti prima ancora della nascente Costituzione europea e la sempre vigente Costituzione della nostra Repubblica garantiscono appieno l’autonomia, la libertà e la responsabilità di banche sempre più europee. Tutto ciò deve essere rispettato anche dal legislatore italiano, che ora non deve più interferire in scelte societarie che spettano unicamente agli organi delle banche, innanzitutto al loro libero azionariato, sotto la vigilanza delle autorità autonome di garanzia, soprattutto della Banca d’Italia.
Insomma, sono soltanto gli azionisti delle banche, che sono imprese e non più enti o istituzioni, che debbono sviluppare le proprie strategie e misurarsi sul mercato e possono decidere, sotto la loro responsabilità imprenditoriale, le eventuali trasformazioni societarie previste dal Testo Unico, senza costrizioni o condizionamenti politici e legislativi di alcun livello istituzionale. Questa profonda libertà e responsabilità di scelta è strettamente connessa alla natura privata delle banche e dei loro azionisti, nelle varie forme individuali, societarie o di investitori istituzionali, fra i quali vanno contemplate pure le Fondazioni di origine bancaria che hanno anche in larghissima parte dismesso il controllo sulle rispettive banche e che comunque sono sempre soggetti privati, nati e cresciuti con fondi esclusivamente non pubblici e comunque privatizzate dalla legge Ciampi.
Pertanto non rivendichiamo soltanto la responsabilità e la libertà di scelta di tutti gli azionisti delle banche, ma in particolare riteniamo che un filo comune di principio oggi più che mai colleghi l’impegno per l’autodeterminazione responsabile dei propri destini di ciascuna banca, sia essa una Cassa SpA autonoma, un grande gruppo, una banca popolare, una SpA storica o una banca di credito cooperativo. Inoltre, sollecitiamo uguali norme europee, che garantiscano uguaglianza nei punti di partenza nella competitività, in particolare sul fisco, sull’Opa e su tutte quelle regole che debbono essere uniformate in un mercato unico con moneta unica.

Anche nel nostro linguaggio dobbiamo essere attenti: non si può, infatti, più parlare di enti conferenti e di conferitarie. Il tempo dei conferimenti è passato e concluso da un pezzo: le Fondazioni non sono più ormai gli Enti conferenti, ma investitori istituzionali come tanti altri, e le banche conferitarie sono società come tante altre che possono avere o meno nel loro azionariato anche quote di Fondazioni, così come talune Fondazioni sono azioniste di banche SpA storiche che non sono mai state società conferitarie.
Insomma, parafrasando Kant, che sosteneva che ognuno può essere felice a modo suo, possiamo dire che ognuno deve essere responsabile della propria azienda.
Tutti i cambiamenti che sono intervenuti non debbono far venir meno l’orgoglio per la propria storia e natura, per il ruolo aggregante nella società che quotidianamente viene svolto e che per le Casse ha ricevuto un significativo riconoscimento perfino nel più recente libro di Ralf Dahrendorf sulla “libertà attiva”.
Bisogna, pertanto, che anche in Italia non sussista per le banche di ogni tipo, natura e storia l’incertezza del diritto innanzitutto a livello costituzionale.
L’art. 117 della Costituzione, innovato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, numero 3, tra le “materie di legislazione concorrente” tra lo Stato e le Regioni elenca diverse questioni di rilievo per le banche (specifichiamo che «nella natura di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato»). Tra le “materie di legislazione concorrente” figurano anche: «Casse di Risparmio, Casse Rurali, Aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale».
L’incertezza del diritto appare evidente e foriera di equivoci e rischi. Infatti la Costituzione ora parla di “Casse di risparmio”, ovvero di banche-enti che non esistono più da un decennio. Oltretutto, il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ha realizzato per le banche un netto passo avanti abolendo la vecchia categoria delle Casse di risparmio, che da anni sono società per azioni.
Anche la dizione “Casse rurali” ricorda una definizione delle Banche di credito cooperativo antecedente al Testo Unico del Credito. Non è nemmeno inequivoca la definizione di “Aziende di credito a carattere regionale”. Inoltre, dove sono ormai gli “Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale”, visto il modello di “banca universale” espresso dal Testo Unico bancario del 1993?
Più chiaro è il sempre vigente articolo 47 della Costituzione, che continua a disporre che «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito».
Si attendono, pertanto, dalla Corte Costituzionale e dal Parlamento decisioni inequivoche che superino i possibili equivoci ed evitino la tentazione di cercare di imporre per legge a qualsivoglia tipologia di banche obblighi di organizzazione societaria che non siano conseguenti ad esigenze di solidità, trasparenza e correttezza, sintomi di sana e prudente gestione, disposte autonomamente e con imparzialità dalla Vigilanza della Banca d’Italia.
Oltretutto, la sempre vigente Costituzione della Repubblica dispone che «l’iniziativa privata è libera» (articolo 41), mentre i vigenti trattati sui quali poggia l’Unione europea dispongono, tra l’altro, «il ravvicinamento delle legislazioni nella misura necessaria al funzionamento del mercato comune».
Insomma, compito delle istituzioni è quello di essere garanti del mercato, senza ingerirsi nelle scelte che nel mercato spettano soltanto alla libertà, alla responsabilità e al rischio degli azionisti, degli amministratori e dei dirigenti delle aziende di credito ai quali (e non ad altri) spetta anche la competenza sulle tipologie e forme societarie e sulla libera scelta di eventuali trasformazioni e passaggi da una ad altre forme aziendali.

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2003