Siamo
nel campo della
musica popolare,
che frequentemente
vuol dire musica
di protesta, di
nostalgia, di spleen, di fatalismo come resa a una sorte
matrigna.
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Bella o brutta, popolare o colta che sia, la musica arriva al cuore
ed è, secondo il giudizio di molti, il suono dei nostri sentimenti
e delle emozioni umane. Che la musica e le emozioni siano strettamente
connesse, e che luna non possa esistere senza le altre, è
unidea ovvia, e quasi banale. Chiunque si avvicini alla musica,
come ascoltatore, esecutore o compositore (anche autodidatta), non
può non ammettere che la ragione principale del suo interesse
sia legata in qualche modo a unesperienza sensoriale. Tuttavia,
gli aspetti emotivi dellascolto musicale hanno sorprendentemente
ricevuto pochissima attenzione nei poco meno di cinquantanni
che ci separano dalla pubblicazione di Musica, emozione e significato,
di Leonard B. Meyer, il primo a parlare in termini concreti della
rilevanza delle emozioni in musica secondo le teorie della Gestalt.
Nel frattempo, la psicologia e la filosofia della musica, da una
parte, e la psicologia della percezione e delle emozioni, dallaltra,
hanno sviluppato originali percorsi autonomi e, almeno in apparenza,
distinti. Music and Emotion, un volume oxfordiano appena edito per
la cura di John Sloboda e Patrik Juslin, tenta per la prima volta
di raccogliere in unantologia i contributi di autori che da
diverse angolazioni hanno cercato di spiegare che cosa renda la
musica così speciale e diversa rispetto alle altre forme
dellarte, e di fare il punto di quel che si conosce oggi della
complessa relazione tra musica ed emozione. Si tratta di una raccolta
di venti saggi di alcuni tra i più autorevoli studiosi di
scienze musicali interessati, oltre che alla musica
in sé, anche alla sua azione sul corpo e sullanima.
La prima sezione del testo presenta una rassegna integrata delle
diverse prospettive delle scienze umane con i contributi di filosofi,
psicologi, musicologi, biologi, antropologi e sociologi chiamati
a chiarire che cosa siano le emozioni musicali e in che modo possano
aspirare ad una trattazione a parte, nellattuale ricerca scientifica.
Nella seconda e nella terza parte lattenzione si sposta sul
versante dei compositori e dei musicisti, e alle strategie espressive
della comunicazione, al di là delle note in cui si articola
la musica. La quarta e ultima sezione perviene al capolinea della
musica: lascoltatore. Tutto si gioca nel tentativo di dare
una definizione delle componenti emotive dellascolto e di
spiegare come i nostri sentimenti siano guidati, stimolati e influenzati
dalla musica.
Qui, siamo nel campo della musica popolare, che frequentemente vuol
dire musica di protesta, di nostalgia, di spleen, di fatalismo come
resa a una sorte matrigna, di speranza accesa dallo spirito davventura,
di liberazione da una condizione disperata e non più difendibile
sul piano della sopravvivenza, e anche di contestazione non disgiunta
da istanze ideologiche. I canti degli emigranti/emigrati fiorivano
per naturale spontaneità, erano facilmente orecchiabili,
si diffondevano con sorprendente velocità. E molto spesso
si identificavano geograficamente per luso del dialetto. E
il caso del canto brianzolo Ciapa la rocca e l fus:
Ciapa la rocca e l fus / che andem in California, /
andarem in California / in California a stopà i bus! // Gingin
bell bell - oè oè oè / gingin bell bell - gingin
bell bell / oè lè lè. // Stoppaa che avremm
i bus / i bus in California / piantaremm la California / tornarem
con rocca e fus. // Gingin bell bell - oè oè oè
/ gingin bell bell - gingin bell bell / oè lè lè.
Di soli quattro versi, invece, un ritornello trevigiano: O
mamma fêmi la dota / che in Merica voi ndar! /
Ma cossa xela sta Merica? / Lè n mazzolin
de fior.
E sempre dellarea di Treviso sono quattro versi con tema emigrazione:
Andiamo in Transilvania / a menar la carioleta / che lItalia
povereta / no ha bezzi da pagar.
Veneto, invece, un canto speranzoso, se non proprio intriso dentusiasmo,
alle soglie della nuova avventura: America America / si campa
a meraviglia, / andiamo nel Brasile / con tutta la famiglia. //
America America / si sente a cantare, / andiamo nel Brasile, / Brasile
a popolare. // Lavoratevi i campi, / noi andiamo in America!.
Dal Friuli: Cui sà il gno moro / dulà cal
è / dulà cal va / (biat mai lu!). / Al è
in Gjarmanie / a fâ scudielis / a fâ plàneli
/ a fâ modòn / al è in Gjarmanie / a lavorà.
Un canto raccolto nel Lazio, area di Viterbo, con connotazioni di
tipo politico: Un giorno andando in Francia / in pover abito
borghese / e pochi soldi e molte spese / per cercare di campà.
// Ringraziamo sta nazione / che ci accoglie tuttiquanti,
/ siamo poveri emigranti / che andiamo a lavorar. // Maledetto sto
governo / maledetti sti signori / che non pensano ai dolori
/ di chi campa di lavor. // Noi partiamo con rimpianto, / con in
cuore la tristezza, / ma la casa che ci aspetta / un bel dì
ci rivedrà. // O compagni che restate, / combattete anche
per noi, / anche lontani siam con voi / pronti a batterci e a lottar.
Rattenute le emozioni (la paura dellignoto, la mozione degli
affetti, il legame onfalico con la madre e la trasposizione religiosa
verso laltra Madre) in questo canto siciliano: Iu mi
nni vaju a America, Rusina, / unni si vannu a buscanu li grana.
// Si mi vo beniveni appressu a mia, / a me fortuna
vogghiu dari a tia. // Si me vo beni fatti a truscitedda,
/ salutati lamici da vanedda. // Iu vasu a me matruzza criatura
/ e sugnu prontu pi chistavventura. // A Matri
Santa navissi a aiutari, / ca a America furtuna
avemu a fari.
Ironia piuttosto afosa di uno spirito (forse) eccessivamente disincantato,
in questo canto del territorio di Brescia: Cara moglie di
nuovo ti scrivo / che mi trovo al confin dela Francia / anche questanno
cè poca speransa / di poterti mandar dei danè.
// La cucina lè molto asai cara / e di paga si piglia
asai poco / e i bresiani se ne vanno al galopo / questa vita la
poso più far. // Cara moglie di nuovo ti scrivo / di non
darla né a preti né a frati / e dalla pure ai più
disperati / che nel mondo la pace non ha.
Tutta la forza della maledizione umana, dellinvettiva, contro
la malasorte (identificata nel treno), in un canto di quattro versi
molisani: Pozzèsse accise u trene e chi
lu tire/ che mha purtate lu figlie a Geresedire. / Pozzessaccise
u trene e chi lu tocche / che mha purtate ninne a Nove-Iorche.
Tema riecheggiato (con identificazione della sorte avversa nella
ferrovia) in questi altri quattro versi, raccolti anche nella Puglia
centrale: Maledetta la ferrovia / e lingegnere che la
disegnò, / lo mio amore è andato via / e chi sa quando
lo rivedrò.
Per chiudere questa breve rassegna, un classico del Nord e un superclassico
che, pur essendo del Sud (Napoli, ovviamente), ha fatto e rifatto
il giro del mondo.
Trenta giorni di macchina a vapore / nella Merica ghe semo
arrivati, / ma nella Merica che semo arrivati / no abbiamo
trovato né paglia né fien. // E Merica, Merica, Merica,
/ cossa saràla sta Merica? / Merica, Merica, Merica
/ in Merica voglio andar. // Abbiam dormito sul nudo terreno / come
le bestie che va a riposar. / E la Merica lè lunga,
lè larga / circondata da fiumi e montagne, / e co
laiuto dei nostri italiani / abbiam formato paesi e città.
// E Merica, Merica, Merica / cossa saràla sta Merica?
/ Merica, Merica, Merica, / in Merica voglio andar. // E co
laiuto dei nostri italiani / abbiam formato paesi e città.
Notissima, infine, la melodia partenopea: Partono e
bastimente / pe terre assai luntane ... càntano a buordo:
so napulitane... // Càntano pe tramente / o
golfo già scumpare / e a luna a miezzo
mare/ nu poco e Napule fa vedè. // Santa Lucia, luntana
te / quanta malincunia! / Se gira o munno sano, / se va a
cercà fortuna... / ma quanno sponta a luna / luntano
a Napule nun se pò stà!.
A differenza di altri giacimenti musicali locali (canti delle mondine,
canti dei trainieri, canti grichi e/o grecanici o albanesi, canti
dei minatori, questi ultimi ancora quasi del tutto da riscoprire),
i canti dellemigrazione sui vari registri dialettali hanno
unito il proletariato dellintero Paese, conferendogli i caratteri
distintivi di una massa di esuli della fame, nello stesso tempo
magmatica, disgregata in gruppi e piccole comunità solidali,
perduta al faticoso progresso della nazione, che proprio le espulsioni
demografiche avevano per la loro parte determinato. Restano, a testimoniare
tutto questo, i ritmi lenti, e quasi sempre corali, di questa straordinaria
musica popolare, oggi fruibile non senza unimmediatezza emotiva
per le drammatiche ragioni che la determinarono.
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