Chi sollecita
a spendere,
intuisce che se tutti spendessero a cuor leggero la domanda riprenderebbe
e il vento tornerebbe a soffiare nelle vele di tutta leconomia
produttiva.
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Pochi giorni prima che venisse recuperato da un passato non proprio
gradevole il termine sacrifici, gli italiani erano stati
sollecitati a spendere, a consumare e a non preoccuparsi per il
futuro. Un sia pure astratto fondamento economico ad una sollecitazione
del genere non può essere negato. Quanto più il reddito
è elevato, infatti, tanto più nella struttura della
domanda perdono peso i beni essenziali, (lalimentazione, la
casa, labbigliamento), per concederne a beni e servizi accessori,
superflui, comunque non vitali. Quanto più il reddito è
elevato, di conseguenza, tanto più il sistema economico diventa
instabile. Si struttura e si dimensiona per il volume di domanda
che il reddito consente, ma la corrispondenza di quella domanda
a quel reddito diventa elastica, potendosi modificare anche in funzione
di atteggiamenti soggettivi, psicologici, umorali, dovuti alle cause
più diverse, ma che in prima approssimazione possiamo ricondurre
alla fiducia nel futuro.
Nelle economie preindustriali, delle quali abbiamo moltissimi esempi
ancora nel nostro tempo, il problema non si pone: in gran parte
dellAfrica, come è risaputo, il livello di vita è
talmente basso da lasciare ben pochi margini oltre alla pura e semplice
sussistenza. In quelle aree non cè una congiuntura
economica; non ci sono cicli da governare, né comportamenti
da indirizzare. Nelle economie evolute, invece, il problema si pone
perché ampia è la quota della domanda di beni e di
servizi il cui acquisto può essere graduato, sospeso, rinviato,
e persino escluso, imponendo la continua ricerca di un equilibrio
tra la domanda di beni e di servizi e il dimensionamento del sistema
produttivo in termini di impianti e di forza lavoro
necessario per soddisfarla.
Il primo compito di un governo, quindi, è quello di evitare
sbalzi della domanda che rendano inadeguato il dimensionamento del
sistema produttivo: se la domanda cresce senza dare tempo al sistema
di adeguarsi, si ha inflazione; se diminuisce, si ha eccesso di
capacità produttiva e, di conseguenza, taglio di investimenti,
riduzione di occupazione, arresto della crescita, o, addirittura,
recessione.
Questultima sembra essere la condizione nella quale versa
leconomia italiana, insieme a gran parte dei sistemi economici
del mondo più evoluto: è caratterizzata da una spirale
lungo la quale lincertezza del futuro induce parsimonia, la
parsimonia determina una flessione della domanda, questa comporta
stagnazione degli investimenti e precarietà delloccupazione,
rafforzando in definitiva i motivi che inducono alla parsimonia.
Chi, dunque, sollecita a spendere, intuisce che se tutti spendessero
più a cuor leggero, vivendo sullattimo fuggente, la
domanda riprenderebbe e il vento tornerebbe a soffiare nelle vele
di tutta leconomia produttiva. Purtroppo, però, si
tratta di unastrazione perché, se cè un
calo di fiducia, ognuno si comporterà di conseguenza, guardandosi
bene dallo scommettere su un comportamento forzato che può
avere successo soltanto allincerta e improbabile condizione
che sia generalizzato. Per questo motivo, uno dei più grandi
economisti di tutti i tempi, un certo Lord Keynes, formulò
la ben nota teoria secondo la quale, quando vi siano risorse produttive
inutilizzate, debba essere il settore pubblico ad attivare il volàno
della domanda, in modo che leconomia possa ripartire e la
domanda privata superare le remore della sfiducia.
Sebbene siano state collaudate con successo in più occasioni,
però, oggi le teorie keynesiane hanno scarsa fortuna; a motivo
del ruolo attivo che assegnano al settore pubblico, passano per
essere di sinistra, in contrasto quindi con le politiche liberiste
che affidano il destino delleconomia alle scelte dei privati,
delle persone e delle imprese, sulle quali lo Stato deve intervenire
il meno possibile. E infatti (rifacendoci al caso italiano) per
raddrizzare il percorso logico che è andato dalla sollecitazione
a spendere per far aumentare i consumi allannuncio di sacrifici,
il Capo del governo ha precisato che questi ultimi non verranno
chiesti ai cittadini, i quali, anzi, beneficeranno della riduzione
del prelievo fiscale sui redditi più bassi, potendo in questo
modo consumare di più e trarre leconomia dal pantano
della stagnazione.
Ma la forma che i sacrifici possono assumere non è solo quella
fiscale, bensì anche quella della riduzione dei servizi assicurati
da Stato, Regioni, Province e Comuni, ai quali i sacrifici sono
stati chiesti e confermati. Quale sarà il saldo finale, e
se davvero aumenteranno le risorse per alimentare una maggiore propensione
al consumo, si potrà dunque verificare solo col tempo. Per
ora il giudizio sulla compatibilità di una sollecitazione
a consumare con la prospettiva di sacrifici, sia pure soltanto per
gli enti statali e locali, deve rimanere quanto meno sospeso.
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