Dicembre 2002

DOLLARO DEBOLE?

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Ma l’Europa non s’illuda
Paul Samuelson Premio Nobel per l’Economia
 
 

 

 

 

 

L’euro in parità con il dollaro solleverà gli spiriti d’Europa, ma darà scarso
stimolo tanto alla ripresa americana quanto alla crescita
europea.

 

Gli undici partner dell’Unione monetaria evitino eccessivi entusiasmi psicologici. L’interpretazione più facile, che qualcuno in Europa è stato subito tentato di avanzare, è che le notizie sugli scandali finanziari a ripetizione a Wall Street di questi ultimi tempi hanno portato giù l’indice Dow Jones con conseguenze negative per il dollaro. Ma si tratta di una lettura viziata. Negli anni ‘98-‘99 l’Europa invidiava l’America protagonista della stagione dell’hi-tech, mentre l’euro andava giù. Ora nel Vecchio Continente c’è chi cerca facili riscatti, appunto, psicologici.

La realtà in questo momento è che l’economia americana attraversa una fase di modesta ripresa, che si distingue per profitti bassi. Questo è il motivo per cui Wall Street non corre e il dollaro si è indebolito. Ma prevedo che se il presidente americano farà un altro dei suoi discorsi sullo stato dell’economia, le Borse di Londra e di Milano si muoveranno all’unisono e raccoglieranno rapidamente i frutti. Le transazioni di denaro vedranno i dollari trasformarsi in euro. George Soros ormai è quasi un pensionato, ma i suoi giovani eredi, come chiunque commerci in denaro, operano cogliendo l’attimo, procedendo nella direzione del momento, e dunque continueranno a comprare la moneta europea fino a quando da Washington non arriveranno politiche diverse.
E’ vero che il Segretario al Tesoro americano ha più volte ripetuto che l’Amministrazione vuole un dollaro forte. Ma si sa, i Segretari al Tesoro parlano tutti la stessa lingua, dicono le stesse cose. E così fa quello statunitense: quando la sera torna a casa, dice alla moglie che lui è favorevole se il dollaro è forte. E chi non lo sarebbe? Ciò che capi di governo e ministri affermano sulla svalutazione delle loro monete non è mai la verità. Non dicono mai quando svalutano. Sicuramente, nessuno gronderà sangue a Washington perché il dollaro si è indebolito, tanto che né io né altri riteniamo che ci sarà un prossimo intervento da parte della Federal Reserve contro il rafforzamento dell’euro. Gli unici che potrebbero muoversi in questa direzione potrebbero essere i giapponesi, persone in una fase di profonda depressione.
La differenza è evidente. Oggi un dollaro debole serve in primo luogo ad incentivare le esportazioni americane. Le case automobilistiche Ford e General Motors potranno vendere le loro automobili facendo concorrenza a Mercedes e Toyota per conquistare nuovi territori. L’euro in parità con il dollaro solleverà gli spiriti d’Europa, ma darà scarso stimolo tanto alla ripresa americana quanto alla crescita europea. Il problema dell’euro sta a Francoforte. Se alla guida della Banca centrale europea ci fosse un uomo degno del presidente della Federal Reserve, coglierebbe l’occasione del rafforzamento monetario per ridurre in maniera significativa i tassi di interesse, avvicinandoli a quelli americani. Ma l’olandese Wim Duisenberg non ha alcuna intenzione di farlo prima di passare la mano al successore. Duisenberg non è un tipo di uomo capace di prendere decisioni rivoluzionarie e a pagarne il prezzo sarà l’euro-zone.

   
   
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