La popolazione
tedesca
sta invecchiando
a un ritmo tale
che la necessità
di un certo tipo
di manodopera
diventerà presto un bisogno disperato.
|
|
Nessuno, più della Germania, beneficerà dellallargamento
ad Est dellUnione europea. Nessuno, più della Germania,
teme lallargamento. Latteggiamento del Cancelliere germanico
e della sua coalizione racchiude con disinvoltura questi due estremi.
Negli ultimi tempi Berlino, dopo aver premuto per una moratoria
di ben sette anni prima di concedere ai lavoratori dei nuovi Paesi
membri la libera circolazione nel mercato Ue, è tornata a
recitare il ruolo di difensore dufficio del processo despansione,
definendo fra laltro ricattatoria la posizione della Spagna,
che vorrebbe legare il proprio assenso a precise garanzie sullafflusso
di fondi strutturali anche allindomani dellingresso
dei nuovi Stati dellEuropa Centro-Orientale.
Nel mirino della Germania cè anche lItalia,
che ha espresso la volontà di garantire gli interessi del
Mezzogiorno (anche in questo caso come ricettore di aiuti finanziari
Ue) e la loro compatibilità con larrivo di un gruppo
di Paesi a basso reddito: atteggiamento che non è piaciuto
al governo tedesco. «E inaccettabile che la Spagna e
lItalia cerchino di legare al processo di allargamento questioni
che con lallargamento non hanno nulla a che vedere»,
ha tuonato il ministro delle Finanze teutonico. Probabilmente, la
posizione di Madrid e quella di Roma non brilleranno per prospettiva
storica e lungimiranza, e forse sono una manifestazione poco elegante,
dal punto di vista formale e diplomatico, della difesa degli interessi
nazionali. Ma la Germania è ben lontana dagli slanci ideologici
e passionali nei confronti dellEuropa che avevano contraddistinto
la politica di Helmut Kohl. Tanto più lontana, quanto più
si avvicina lora di unUnione europea allargata a 20-25
Paesi, evento ormai più che probabile entro la fine di questo
decennio.
Quando parla di questa Europa, il Cancelliere non dimentica mai
gli aspetti più importanti di politica interna, le paure
della gente di confine e le sacche di arretratezza economica e sociale
dei Länder orientali.
Ci sono ormai decine di analisi e studi, da parte di esperti più
o meno filogovernativi, che propongono le stime più svariate
sullipotetico afflusso di lavoratori dallEst in Germania
e in Europa. Limpressione è che ci sia una generale
sopravvalutazione del fenomeno. Le stime vanno da 1,2 a 1,8 milioni,
in un arco di tempo compreso tra i dieci e i quindici anni successivi
allingresso dei primi Paesi.
Alcuni organi di stampa tedeschi hanno ricordato che, in occasione
dellallargamento a Sud, lEuropa visse unanaloga
ansia collettiva, a quanto è dato sapere mal riposta: «Quando
Spagna e Portogallo aderirono allUnione europea, spagnoli
e portoghesi cominciarono in realtà a tornare a casa, allettati
dalle prospettive di sviluppo che lintegrazione europea avrebbe
offerto alle economie dei loro Paesi».
Il presupposto che dovrebbe alimentare la presunta invasione di
lavoratori dallEst è legato soprattutto al differenziale
di reddito, ma questo da solo non basterebbe a spiegare flussi migratori
potenzialmente così consistenti. Altre motivazioni, di carattere
personale e quindi di difficile misurazione, sarebbero allorigine
degli spostamenti. Molte analisi, inoltre, non tengono conto di
un elemento che già contraddistingue il mercato del lavoro
nei Paesi che stanno negoziando lingresso con la Commissione
europea: la manodopera meno qualificata, quella proveniente dallindustria
pesante e dallagricoltura, è caratterizzata da una
scarsa mobilità interna. Alle porte di Varsavia, di Budapest
e di Praga, capitali con punte di ricchezza e dinamismo che danno
lillusione di uno sviluppo alleuropea, non premono per
il momento masse di diseredati.
Cè un altro aspetto, meno evidente a livello ufficiale,
che preoccupa la Germania, poiché potrebbe avere un impatto
più significativo sulla dinamica occupazionale: è
la libera circolazione delle società di servizio. In teoria,
questo capitolo del negoziato è stato già chiuso con
Polonia, Ungheria, Estonia, Slovenia e Repubblica Ceca, i cinque
Paesi probabili candidati al primo round (il little bang)
di allargamento, e la Commissione ha fatto sapere che non intende
riaprirlo in alcun modo. Sembra però che Berlino stia cercando
di contrattare alcune garanzie dietro le quinte, per il timore che
la moratoria sulla libera circolazione dei lavoratori possa essere
tranquillamente aggirata attraverso società di servizio con
sede in un nuovo Paese membro.
Latteggiamento tedesco rappresenta ancora il fattore decisivo
in grado di determinare la velocità o meno del processo di
allargamento. Molti osservatori politici fanno inoltre notare che
un contributo decisivo alla difficoltà generale dei negoziati
nasce in realtà dal raffreddamento dei rapporti tra Germania
e Polonia. I tempi della riconciliazione e della foga passionale
con cui il Cancelliere Kohl parlava ai suoi amici polacchi
nei primi anni di democrazia e libero mercato sono davvero lontani.
Riaffiorano tra i due Paesi diffidenze, paure, luoghi comuni. La
Germania ha paura di essere invasa da baffuti disoccupati che bevono
vodka, la Polonia vede già i propri terreni agricoli nelle
mani di ricchi imprenditori bavaresi.
La bassa tensione ideale che il Cancelliere sta mostrando nei confronti
dellallargamento è paradossalmente la miglior garanzia
possibile sul rapido ingresso dei Paesi dellEst. La popolazione
tedesca sta invecchiando a un ritmo tale che la necessità
di un certo tipo di manodopera diventerà presto un bisogno
disperato. La Germania ha finora mostrato un modo più elegante
di tutelare i propri interessi, riconducendoli nellambito
formale dei negoziati per ladesione tra candidati e Commissione
Ue. Un atteggiamento in apparenza meno politico e pregiudiziale,
ma molto più efficace per la tutela dellinteresse nazionale
che preme a Berlino non meno di quanto prema a Roma o a Madrid.
|