La Carta di Nizza costituisce unottima premessa affinché
la Costituzione
europea traduca sul piano istituzionale
i diritti soggettivi
di intrapresa.
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Tutti ormai dicono che in Europa e in Italia servono riforme
strutturali. Di recente lhanno ripetuto in molti, dalla
Banca centrale europea al Fondo monetario internazionale. Vi sono
alcune differenze tra ciò che è stato affermato a
Francoforte, a Washington, a Parma. Ma cè molto di
comune, ed è utile sottolinearlo, proprio per capire le priorità
che dovrebbe darsi il nostro Parlamento nei prossimi anni.
Tre aspetti meritano in particolare di essere chiariti. Anzitutto,
si parla di riforme e non di politiche.
In altre parole, ciò che dobbiamo cambiare sono soprattutto
le regole di funzionamento del sistema, e non soltanto le politiche
di governo.
Ormai siamo tutti convinti che è un errore, ed è anche
una gran perdita di tempo, avere regole sbagliate che richiedono
di essere poi continuamente corrette dalle politiche del governo.
Si fa prima a migliorare le regole, in modo che lottimizzato
funzionamento del sistema non richieda più continui interventi
correttivi. Diciamo che deve lavorare molto il Parlamento, perché
abbia poi meno da fare il governo.
E unesigenza che vale assai nel caso dellItalia
perché noi abbiamo tante regole, molte delle quali
vecchie e sbagliate da cambiare ma in proporzione vale anche
per gli altri Paesi europei. I Paesi anglosassoni, che con Thatcher
e Reagan hanno già conosciuto anni fa una stagione molto
liberalizzante, oggi hanno meno da fare: perché possiedono
regole più recenti e meno invasive.
Unaltra osservazione, più di merito, riguarda il contenuto
delle regole stesse: la priorità è far funzionare
bene i mercati, questi essendo il meccanismo che abbiamo per selezionare
qualità dei prodotti e loro prezzi. Molte delle nostre regole
soprattutto quelle più vecchie, ma ciò vale
anche per molta legislazione degli anni scorsi i mercati
semplicemente le ignorano. Come ignorano che ovvie protagoniste
ne sono le imprese, realtà alla base di ogni produzione e
suo progresso. Pensare che il Paese cresca di più perché
lo vuole il governo è la più facile delle illusioni.
Ragionare sui problemi, sulle opportunità e sulle condizioni
di successo delle imprese e del Paese è sempre necessario.
Chi lo trascura, così come chi ritiene che basti predicare
il liberismo senza garantire anche lequità, ci fa soltanto
perdere del tempo. Lultima osservazione, importante perché
essenziale per lEuropa che resta da costruire, riguarda i
criteri di scelta. Come siamo sicuri che ciò che è
europeo nasca dalla selezione del meglio di ciascun Paese? Questo,
e non altro, è il criterio di successo dellUnione europea,
ma non abbiamo ancora iniziato a farlo in modo sistematico. Anzi,
stiamo ancora impedendolo in molti settori, quasi ragionando che
prima di fare lEuropa sia ancora necessario... fare lItalia
(e lo stesso vale per gli amici francesi e tedeschi).
Non viene applaudito a caso il discorso che ricorda lazione
di freno delle autorità centrali di vigilanza
volta a impedire che nascano vere banche europee. Daltra parte,
lo Statuto della Banca centrale europea, perché modellato
su quello della Bundesbank, non contempla un ruolo di vigilanza
bancaria né strutturale né prudenziale
a livello europeo. E le distanze tra i vari Paesi si stanno ampliando,
visto che la Germania si appresta a seguire lesempio inglese
di ununica autorità di vigilanza per tutti i servizi
finanziari.
In questo campo, uno sforzo di maggiore integrazione è dunque
urgente. Ma lo è anche in tutti i casi in cui nonostante
leuro le singole autorità nazionali continuano
a fare giochi che, non essendo cooperativi, hanno somma
zero: uno guadagna ciò che un altro perde. O in quei casi
in cui le riforme si fanno imitando gli altri Paesi, senza però
averle capite. Pensiamo allodierno dibattito sulla riforma
universitaria, dove cè chi adesso dice che tre anni
per giurisprudenza non bastano, e intanto 2.600 giovani diventano
avvocati a Catanzaro. Ci sarà mai un ministro che proverà
ad applicare lart. 34 della Costituzione, che dice che alluniversità
ci devono andare i giovani capaci e meritevoli? E quando
mai destra e sinistra si confronteranno su come dare unimpostazione
meritocratica al nostro intero sistema educativo?
In conclusione, lavvio delleuro è stato un successo
meritato dallItalia col ritorno alla normalità
nel campo della stabilità monetaria e del bilancio pubblico.
In ambedue questi campi, molto è stato già fatto e
dovrebbe bastare proseguire sulla strada tracciata con un po
meno polemiche.
Dove moltissimo resta da fare, e non abbiamo ancora neppure iniziato,
è nel campo delle riforme grazie alle quali leuro,
cioè il grande mercato europeo, garantirà laumento
di reddito e di benessere che dobbiamo ai nostri figli e nipoti.
LEuropa unita ha rappresentato sin dallinizio un fattore
di grandissima importanza per il libero mercato. Le Quattro
libertà stabilite nel Trattato di Roma (di movimento
delle persone, dei beni, dei capitali, dei servizi) sono state alla
base della creazione del mercato unico europeo, senza il quale il
nostro continente avrebbe conosciuto un declino inarrestabile.
Ma lEuropa ha rappresentato anche un elemento fondamentale
per lo sviluppo di uno dei fattori che compongono il libero mercato:
limpresa.
Lo si può comprendere già solo sul piano giuridico.
Se si guarda alla nostra Costituzione, si può vedere come
limpresa vi sia del tutto assente. Il Titolo III, dedicato
ai rapporti economici, non tutela né limpresa né
la libertà di intraprendere, mentre tutela sia il lavoro
sia la libertà sindacale. Limpresa viene menzionata
soltanto nellart. 43, per affermare che la legge può
stabilire lesproprio e il trasferimento, «ad enti pubblici
o a comunità di lavoratori o di utenti, di determinate imprese
o categorie di imprese». A essere tutelata è solo la
proprietà in generale, e comunque con una riserva fortissima.
La Costituzione afferma infatti che la legge deve determinarne «i
limiti»stabiliti «allo scopo di assicurarne la funzione
sociale».
Vi è una distanza abissale rispetto a come limpresa
è trattata nella Carta dei Diritti di Nizza. In questa, lart.
16 stabilisce infatti che «è riconosciuta la libertà
dimpresa, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni
e prassi nazionali». A sua volta, lart. 28 stabilisce
che «i lavoratori e i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni,
hanno, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni
e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti
collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in casi di conflitti
di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi,
compreso lo sciopero». Vi è quindi una perfetta simmetria
di diritti del tutto assente nella nostra Costituzione
tra lassociazionismo dei lavoratori e quello degli imprenditori.
Il che significa che limpresa non è considerata inferiore
al lavoro.
La Carta di Nizza costituisce unottima premessa affinché
la Costituzione europea che dovrà essere scritta e adottata
in un orizzonte temporale non molto lontano traduca sul piano istituzionale
i diritti soggettivi di intrapresa. Ovvero, che limpresa venga
considerata come un soggetto fondamentale dellordinamento
economico e sociale europeo, in modo che le norme e le politiche
dellUnione non siano mai in contrasto con lo sviluppo dellimprenditorialità
e dellimpresa. Tutto questo è perfettamente coerente
con i princìpi del libero mercato, e quindi non deve portare
a credere che la costituzione economica dellUnione
europea debba adottare il modello neo-corporativistico e dirigistico
che ancora oggi è così influente in Paesi come la
Germania e la Francia, come dimostra la forte opposizione di questi
Paesi alla liberalizzazione del mercato dellenergia, dellautomobile
o delle banche. Al contrario, la sola maniera efficace di tutelare
realmente limpresa è di crearle un ambiente concorrenziale,
che ne permetta uno sviluppo basato su efficienza e competitività.
Una Costituzione europea che riconosca il ruolo fondamentale dellimpresa
sarà un fattore molto importante affinché anche le
legislazioni e le politiche dei singoli Stati membri mutino in questa
direzione. Ma nellattesa che la Costituzione europea sia una
realtà, è del tutto auspicabile che i diversi Paesi
adottino politiche adeguate a quella autentica costituzione
materiale delleconomia che è costituita dal mercato
unico europeo. Perché il mercato unico europeo non può
rappresentare un vincolo e unopportunità soltanto per
le imprese che sono sottoposte ad una concorrenza molto più
elevata ma deve costituire un vincolo e unopportunità
anche per le altre parti sociali e finalmente per il legislatore,
al quale spetta la decisione su quali norme adottare per il funzionamento
del sistema economico nel senso più ampio del termine.
Se lEuropa ha un ruolo positivo, questo è di permettere
ad ogni Paese di imparare dalle migliori esperienze degli altri.
Alla competizione tra le imprese deve quindi corrispondere la competizione
tra i diversi sistemi normativi, che spinga le parti sociali e il
legislatore ad apportare quei cambiamenti necessari per garantire
la prosperità in un mondo in cambiamento.
Questo è oggi il problema fondamentale del nostro sistema
economico. Vi è unasimmetria tra la disciplina che
il mercato europeo e globale impone alle imprese, e linsieme
degli interessi, delle rendite di posizione, dei privilegi, che
legislazioni e normative del passato continuano a garantire sia
a piccoli gruppi di persone sia a strati più larghi della
popolazione. Il risultato di questa situazione è un gioco
a somma negativa, perché la perdita o la mancata crescita
della competitività delle imprese equivale allimpossibilità
di soddisfare le aspettative di prosperità non solo di chi
è oggi perdente nel gioco redistributivo, ma anche di chi
ne è beneficiario. Senza risorse i diritti legittimi si svuotano
di contenuto, e neanche i privilegi restano a lungo tali.
Insomma, le imprese italiane imparano dalle imprese europee, ma
il nostro sistema politico-sociale non impara altrettanto velocemente.
Questa è una realtà che non si può continuare
a ignorare in un Paese come lItalia, nel quale tutti o quasi
si proclamano europeisti convinti. E nellinteresse generale
di tutti i cittadini cambiare al più presto.
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