Giugno 2002

TRA SCOPERTE E RIVALUTAZIONI

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I Longobardi che raggiunsero il Sud
Ada Provenzano - Elio Moreno - Enzo Sabelli
 
 

 

 

 

Quando l’esercito di Carlo Magno distrusse il regno longobardo,
all’interno
di questo era già germogliata
l’esile pianta
del Medioevo.

  In quel poderoso dramma della storia, che da scolari apprendemmo a definire come il periodo delle invasioni barbariche, i Longobardi compaiono sulla scena peninsulare soltanto all’ultimo atto, e più precisamente nell’anno 568 dopo Cristo, quando cioè scavalcarono le Alpi e si stanziarono in Italia. Alle loro spalle stavano però già mille anni di migrazioni, un lunghissimo periodo di tempo in cui, dall’estremo Nord Scandinavo, mossero i loro primi passi verso il bacino dell’Elba, verso la Boemia, verso l’Ungheria, dove costruirono villaggi e case, per poi arrivare in Lombardia, la terra che porta ancora oggi il loro nome, e dove pervennero al massimo del loro splendore.
Tutto il mondo sembrò trattenere il respiro quando essi occuparono le vette e i passi alpini, per poi discendere e stabilire il proprio dominio sul corpo straziato ed esangue dell’Italia.

Chi erano questi uomini? Crudeli conquistatori che rinnovavano i lutti e le miserie delle precedenti invasioni con stragi e saccheggi? Pagani che immolavano vittime umane ai loro dèi? Barbari che distruggevano quanto era rimasto dell’antica civiltà classica?
Certo, queste affermazioni contengono, ciascuna, una parte di verità. Ma non tutta la verità. Quando, due secoli più tardi, l’esercito di Carlo Magno distrusse il regno longobardo, all’interno di questo era già germogliata un’esile pianta che, col passare degli anni, sarebbe diventata un albero imponente, la cui ombra avrebbe poi ricoperto tutta l’Europa: il Medioevo.

Nessun incontro tra cultura germanica e cultura classica fu più fruttuoso e denso di significato per lo sviluppo della civiltà occidentale (è qui infatti che essa ha le sue radici), né alcun Paese dell’Europa svolse, per un periodo di tempo altrettanto lungo, un ruolo di pari importanza e intensità in campo culturale ed economico come l’Italia longobarda (del Nord e del Sud). Nella capitale del regno, Pavia, e nelle varie residenze ducali, prime fra tutte quelle di Benevento e di Salerno, furono gettate le fondamenta di ciò che, più tardi, col Rinascimento, a Firenze, a Venezia, a Milano, a Bologna, e in filoni riconoscibili del Centro-Sud, raggiungerà il massimo del suo splendore.
Sotto il dominio longobardo si sviluppò, a sud delle Alpi e a Sud, una vera e propria struttura cittadina, con una classe nobiliare, agli inizi essenzialmente legata alla conduzione della guerra, una libera borghesia e una fascia di ceti artigiani autonomi, depositari delle tecniche allora conosciute. Il rifiorente commercio riallacciò una vasta rete di importanti relazioni, raggiungendo prosperità ed efficienza. L’istruzione in generale si collocò su livelli piuttosto elevati e anche l’arte intraprese nuove, inedite strade. La lingua latina infine, diffusasi dall’Italia nell’intero Occidente europeo, consentì che divenisse patrimonio comune a molti una produzione letteraria tra le più raffinate, colte e importanti mai comparse sulla terra.

La scoperta, o meglio ancora, la riscoperta è quella della Cappella Palatina di Arechi II, il principe di Benevento che aveva sposato una figlia di Desiderio, re dei Longobardi, e che si trovava ad affrontare Carlo Magno dopo che il sovrano aveva sconfitto, nel 774, Desiderio, alle Chiuse in Val di Susa, aveva conquistato Pavia e si era impadronito del Regno d’Italia.
Non si tratta, però, soltanto della riscoperta, con i nuovi scavi e restauri, della Cappella Palatina, ma del progetto di recupero dell’intera reggia, attualmente sepolta dentro sovrastrutture, aggiunte, modifiche e rifacimenti dal Rinascimento all’Ottocento: una reggia che affacciava sopra le mura sul mare e che aveva un grande loggiato e in basso un lungo porticato di antiche colonne. Una reggia che possedeva anche una Cappella di Palazzo, ancora oggi ben conservata, e vasti ambienti e luoghi di soggiorno. Una reggia che resterà in uso, anche con pubbliche funzioni, fino al XIII secolo, e che, in ogni caso, sarà fino al Cinquecento una presenza viva all’interno della città.

Il progetto non lascia luogo a dubbi: recuperare la civiltà longobarda del Sud, costruire una grande rassegna che ponga il problema della cosiddetta “Langobardia minor”, programmare una serie di restauri che possano supportare questo progetto e che integrino quello in corso della zona superiore della Cappella Palatina, proseguendo, si spera, con l’intero palazzo di Arechi.
Cerchiamo di capire e di farci capire: “Langobardia major” è quella al Settentrione, quella con capitale Pavia; l’altra, la “Langobardia minor”, sta al Sud, dopo Spoleto, ed è quel Ducato di Benevento che restò, ancora per tre secoli dopo la fine di Desiderio, a proseguire una civiltà e una cultura altissima, e in gran parte ancora da recuperare.
Ma che cosa accadde al tempo di Arechi? Carlo Magno scese a Roma e al Meridione nel 787. Voleva distruggere il Ducato di Benevento ed eliminarvi i Longobardi. Ma Arechi inviò ambasciatori, lasciò il figlio e la figlia come ostaggi, si sottomise e restò duca. E tuttavia comprese bene il grave pericolo che correva. Per questo diede inizio a un’impresa nuova: rifondare la città antica di Salerno, come alternativa più sicura rispetto a Benevento. Salerno, scrive Erchemperto un secolo dopo, venne rifondata tra Paestum e Nocera, «perché fosse di rifugio ai principi nel caso un esercito minacciasse Benevento».

La storia

569
I Longobardi guidati da Alboino entrano in Italia, diffondendosi prima in Val Padana, e in seguito, fino a Benevento.

571
Dopo un lungo assedio, Pavia cade e viene eletta capitale del Regno.

584
La monarchia viene restaurata con Autari. Questi, nel 589, sposa Teodolina e comincia la conversione dei Longobardi al Cristianesimo.

640
Benevento entra nel Principato di Salerno, raggiungendo sotto il regno di Arechi II (vissuto dal 734 al 787) grande splendore.

643
Re Rotari promulga l’editto con il quale codifica le usanze longobarde.

653-668
Il regno piomba nuovamente nell’anarchia. Con la spedizione di Costante II, i Bizantini tentano di recuperare l’Italia.

749-756
Astolfo riprende la politica di conquista dell’Italia bizantina, provocando l’intervento di Pipino il Breve.

774
Carlo Magno conquista Pavia, fa prigioniero Desiderio ed esilia di fatto il figlio Adelchi.

Ancora oggi, di quelle fortificazioni resta, al culmine del monte, il castello, che riutilizza però una torre bizantina antecedente mentre le mura scendono a forma di “V” verso la pianura, dove è appunto Salerno. Sul mare, lungo una strada che era in origine un percorso navigabile dotato di catena per bloccare il transito di vascelli ostili, Arechi II fece edificare la città di forma più o meno rettangolare, molto munita, con pochissime strade che calavano dal monte e con altre che invece correvano parallele alla costa. Qui, sul mare, collocò la reggia. Le colonne del porticato attualmente sono sparse nel centro storico, mentre le mura urbane sono distrutte o nascoste dagli edifici. Ai nostri giorni il mare è lontano, ma il palazzo di Arechi doveva essere abbastanza simile al palazzo di Diocleziano a Spalato, che include splendide logge insieme con poderose fortificazioni.
La Cronaca salernitana descrive la reggia al momento in cui Carlo Magno inviò i propri ambasciatori: questi salirono la scalinata del palazzo lungo la quale stavano giovani con sparvieri, poi passarono per un atrio dove altri giovani giocavano a un tavolo, poi superarono numerose altre stanze, e alla fine pervennero alla sala del trono, dove Arechi era attorniato dagli anziani. Dunque, si trattava di un grande palazzo al quale, a nord, era annessa la Cappella appena restaurata, quella che si chiamerà nel Medio Evo, e continua a chiamarsi ancora oggi, San Pietro a Corte. Il palazzo era grande, poteva ospitare comodamente gli ambasciatori di Carlo Magno con il seguito, e naturalmente Arechi e la sua corte: si estendeva, infatti, per un intero isolato, tra gli odierni vicolo Adelperga e vicolo dei Sartori, via Mercato, via Dogana Vecchia e largo San Pietro a Corte. Sarà sufficiente scavare qui, e si troverà tutto, le mura medioevali sicuramente, e sotto di esse anche le mura della città romana, e i resti delle terme già individuati sotto la chiesa a pianta centrale del San Salvatore, che riusa le antiche strutture come fondazioni.

Ma le novità, cioè le scoperte più recenti, vengono da San Pietro a Corte. Scavare qui, vuol dire andare indietro nel tempo. A sei metri si trovano gli strati romani, quindi il livello paleocristiano, infine quello di Arechi che, con il terreno più alto forse di cinque metri, usa strutture romane come fondazione, ma nello stesso tempo crea dei pilastri al centro e duplica i muri per costruire la sua Cappella.
Questa aveva tre livelli, con in alto una gran loggia dotata di splendidi capitelli, e, sotto, una zona sacrale, una chiesa che in seguito venne affrescata con dipinti che datano con tutta probabilità tra l’XI e il XII secolo. Insomma, spazi complessi, articolazione di un monumento che aveva all’interno, ma anche all’esterno, un’iscrizione importante: quella interna dettata da Paolo Diacono. La scritta esalta Arechi sovrano che, in onore di Dio, «ha costruito una sede degna della tre volte nazione ebrea figlia di Salomone e nel portarla a termine l’ha circondata di purissimo oro fino, aumentandola di valore con uno straordinario apparato di figure».
Ebbene, proprio l’archeologo che porta avanti con passione i lavori di restauro, Paolo Peduto, ha ritrovato nelle macerie di scavo destinate ad esser buttate in discarica, nei resti dei muri antichi crollati dentro la Cappella, alcuni frammenti di questa aulica iscrizione, lettere incise nel marmo entro cui fissare le sagome di bronzo. Sono state anche ritrovate parti dei rivestimenti parietali coloratissimi e dei pavimenti a marmi commessi. La Cappella, in altri termini, era un edificio tanto magnifico quanto imponente.
Adesso, il problema è come recuperare l’intera reggia di Arechi, complesso unico in Italia; per farlo, si dovrebbero spostare le abitazioni di decine di salernitani, e sicuramente questo sarebbe un ritrovamento eccezionale.
Numerosi sono i luoghi importanti della Salerno longobarda: parte del castello, le mura, parte dell’acquedotto medioevale, la Chiesa Inferiore di Santa Maria de Lama. Ma è la reggia, insieme con la Cappella Palatina, il fulcro della città antica di Arechi II e dei Longobardi del Sud, e nello stesso tempo la testimonianza visibile che la civiltà longobarda del Meridione non ha nulla da invidiare alla “Langobardia major” del Settentrione.

   
   
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