Quanti cristiani
sono morti per
la loro fede nel
Novecento?
Non solo cattolici, ma cristiani di tutte le confessioni.
Forse tre milioni?
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La situazione dei cristiani nel
mondo musulmano è difficile di fronte allinsorgere dellorgoglio
islamico. Lo sanno da tempo i copti dEgitto; i cristiani nel
Sudan lacerato da una divisione fra Nord arabo-musulmano e Sud afro-cristiano
e animista; quelli in Nigeria, in Algeria e altrove in Africa; quelli
sterminati in Pakistan, nella vecchia Indocina e altrove in Asia;
quelli addirittura abbattuti a colpi di mitra in Perù
e in Colombia, perché contrari alle guerriglie e ai traffici
di droga. Forse i cristiani meno in difficoltà vivono sotto
il regime di Saddam Hussein, in Iraq, e sotto il governo baathista,
in Siria. E una realtà del mondo contemporaneo troppo
a lungo oscurata, che balza oggi allattenzione generale.
Non sempre la vita è stata tanto dura per i cristiani nel mondo
musulmano, come nei lunghi secoli dellImpero Ottomano, quando
avevano un loro statuto in posizione seconda rispetto ai sudditi islamici.
I cristiani hanno vissuto in Oriente per lunghi periodi meglio di
come vivevano gli ebrei in Europa. Le potenze cristiane
si sono presentate per secoli come protettrici dei cristiani dOriente,
spesso utilizzando i loro problemi ai fini dellaffermazione
dei propri interessi. E la storia ambigua di quello che vuol
dire uno Stato cristiano. La Francia laica dinizio
Novecento organizzò una manifestazione militare contro la Sublime
Porta, perché questa ritardava a riconoscere un patriarca cattolico
caldeo. Dopo la grande guerra, labbandono in cui sono stati
lasciati gli armeni sia dalla Francia sia dagli Stati Uniti ha segnato
la fine di questa protezione ambigua. E forse è stato meglio.
Tuttavia, i cristiani dOriente hanno sperato nei mandati occidentali;
poi hanno confidato nel nazionalismo arabo o post-coloniale; infine
si sono misurati con la rinascita dellorgoglio musulmano e dellintegralismo.
In Egitto, il papa Shenouda II, patriarca dei copti, ha ristrutturato
la sua Chiesa per resistere alla pressione musulmana. Si rimane sempre
sorpresi dalla limitata solidarietà dei cristiani dOccidente.
Ricordiamo negli anni Ottanta la vicenda di un gruppo di caldei costretti
allemigrazione dallIraq e ammassati a Istanbul in una
condizione inumana. Solo un ministro dellInterno italiano riuscì
ad aprire una strada per loro. I cristiani dOccidente hanno
scelto unattenzione ben diversa dalla solidarietà ebraica
verso i correligionari in ogni parte del mondo.
«Tutte le guerre sono guerre di religione»: è
stato il contestatissimo teologo cattolico Hans Küng a ventilare,
una ventina di anni fa, questa diagnosi dei conflitti che insanguinano
il mondo. I continui massacri di cristiani sono soltanto gli odiosi
ultimi esempi di politiche e di fedi che vogliono asservire altre
fedi. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di SantEgidio
e storico di professione, ha pubblicato unattenta ricerca
(Il secolo dei martiri) su quello che può legittimamente
chiamarsi lolocausto cristiano, non in contrapposizione,
ma a fianco di quello del popolo ebreo. Chiede Riccardi: «Quanti
cristiani sono morti per la loro fede nel Novecento? Non solo cattolici,
ma cristiani di tutte le confessioni. Forse tre milioni?».
Anche di più, se consideriamo che solo nella vecchia Unione
Sovietica ne sono stati sterminati alcuni milioni, non meno di due.
Laffermazione di Küng sollevò scandalo perché
non faceva sconti a nessuno, ma, correttamente, alcune distinzioni
si debbono fare. Una in particolare: il massacro di persone innocenti,
a motivo della loro fede, è ben altro dal combattere ed eventualmente
morire in nome di un malinteso mandato divino, quando le vere ragioni
possono essere più terrene e ignobili. Non si possono assimilare
i carnefici alle vittime, i persecutori ai perseguitati, i terroristi
agli inermi cittadini, chi attacca con chi legittimamente si difende.
Confusioni di questo tipo continuano a generare mostri. Le difficoltà
maggiori si riscontrano nel mondo musulmano, nonostante gli sforzi
di laicizzazione dei Paesi più avanzati e moderati dellIslam:
il Marocco, per citarne uno, non ha nulla a che vedere con lAfghanistan
dei talebani. E unevoluzione che va aiutata, senza pretendere
di azzerare i tempi di maturazione. Nel tempo intermedio,
carico di angoscia e di fosche prospettive qual è quello
in cui viviamo, la via duscita non può essere solo
la guerra unilaterale, certa nelle devastazioni che produce, ambigua
nei risultati.
LIslam chieda una tregua al suo Dio, e rifletta sulla propria
storia e sui comportamenti delle sue grandi masse integraliste.
La fede che sposta le montagne è in grado di
dare il massimo quando gli ostacoli sembrano insormontabili. Un
sogno? Che sia. Altrimenti potrà essere olocausto ancora,
ma questa volta planetario, barbaramente consumato in nome di una
fede che ci è estranea.
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