Secondo lassociazione ACS Aiuto
alla Chiesa che Soffre i cristiani sono oggetto di discriminazione
in Bosnia Erzegovina, Cuba, Uruguay, Algeria, Congo, Libia, nella
più gran parte del Vicino Oriente, in India, Myanmar-Birmania,
Cambogia, Hong Kong, Malaysia, Laos, Mindanao e Nepal; di discriminazione
e persecuzione in Egitto, Iraq, Iran, Turchia, Yemen, Nigeria, Nord
Benin, Indonesia e Pakistan; di persecuzione in Ruanda, Sudan, Arabia
Saudita, Cina, Corea del Nord, Timor Est, Maldive e Vietnam.
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Centosessantamila morti nel 2000.
Centosessantacinquemila nel 2001. Sono i dati accertati di un allarme
mondiale: la persecuzione nei confronti dei cristiani sta crescendo
praticamente in ogni angolo del pianeta, anche in aree nelle quali
fino a qualche anno fa lequilibrio religioso ed etnico (come,
ad esempio, in Indonesia) sembrava un fatto acquisito. Lallarme
riecheggia da più parti: dalle Nazioni Unite, dalle Organizzazioni
dei diritti umani, dalla Commissione Giustizia e Pace, dalla Federazione
protestante di Francia, dai Cristiani contro la tortura, dallassociazione
Aiuto alla Chiesa che Soffre. Denunce, richieste di attenzione, interventi
di difesa, riassunti in Rapporti sulla libertà religiosa nel
mondo, lultimo dei quali è stato amplificato dalla sezione
olandese di ACS, che ha reso note le cifre relative ai cristiani (non
soltanto cattolici, ma cristiani di tutte le confessioni) e ha stilato
una mappa di tutti i livelli di pressione, individuandoli in tre gradini
di intolleranza: discriminazione, discriminazione con persecuzione,
persecuzione tout court.
Il rapporto cita le proiezioni di un docente di Statistica di Richmond,
David B. Barret, secondo il quale i martiri cristiani per la fede
nel 2000 sono aumentati del dieci per cento rispetto allanno
precedente, con particolare accentuazione in India, Indonesia, Timor
Est ed Egitto. In sintesi, sostengono i ricercatori olandesi, duecento
milioni di cristiani soffrono a causa della loro religione.
Ovviamente, non sono i soli. Gli spazi di libertà religiosa
si sono ristretti in misura sensibile in molti Paesi, e persino in
Francia un progetto di legge, teoricamente contro le sette, è
fermo in Parlamento dopo le proteste della Chiesa cattolica, della
Comunità israelitica e dellUnione evangelica. «Vengono
introdotti criteri sanzionatori nei confronti delle idee da parte
del ministero dellInterno chiarisce il direttore generale
di ACS, Attilio Tamburrini. Si è detto e scritto tanto sullInquisizione,
e ora la facciamo in chiave laicista?».
Rapida ricognizione delle situazioni nelle diverse aree di peggioramento.
Irrigidimento non previsto a Cuba. LAfrica è un dramma,
una specie di mondo al suicidio per scontri tribali finanziati da
chi ha giganteschi interessi: «Qui lattività
del missionario, ma anche del missionario laico di Médecins
sans frontières, è ogni giorno a rischio». In
Sudan la situazione si complica perché alcuni gruppi armati
hanno perso connotazione politica e si sono trasformati in bande
che non rispondono più a nessuno, e la loro guerriglia si
somma a quella scatenata dal nord del Paese per lislamizzazione
forzata. Le Molucche e lIndonesia sono due ferite incancrenite
dallodio tribale. Di fatto, qui, siamo al massacro. LIslam
è un problema anche dal punto di vista della denuncia: «Cè
il grave handicap che i Paesi considerati a torto o a ragione più
filo-occidentali, come lArabia Saudita, sono i più
duri dal punto di vista religioso». In tutti i Paesi islamici
le conversioni o sono proibite esplicitamente, o rese di fatto impossibili
dalla pressione sociale. Gravissima, poi, la situazione in Cina,
in Vietnam, nella Corea del Nord, e ovunque siano al potere regimi
marxisti, ideologicamente negatori di ogni espressione religiosa.
E stato scritto che ci eravamo abituati a pensare al martirio
(alla morte subita in nome della testimonianza resa alla fede cristiana
professata) come ad una realtà lontana, e persino remota,
confinata in secoli dimenticati o in regioni marginali, oppure a
un evento individuale, conseguenza dellaudacia di qualche
missionario o del coraggio di qualche profeta scomodo. Da parecchi
anni a questa parte, invece, la velocità della comunicazione
ci ha reso consapevoli di una dimensione vasta e consistente del
fenomeno: è il ritorno alla possibilità quotidiana,
e non eccezionale, del martirio, per cui vescovi, presbiteri, missionari,
religiose, semplici fedeli delle confessioni cristiane e dogni
latitudine del pianeta testimoniano fino al sangue che vale la pena
di vivere e morire per Cristo, che essere battezzati è un
fatto impegnativo, capace di determinare il senso della vita e la
stessa morte fisica. Anche oggi, come una volta, stilare questi
innumerevoli sommersi della storia significa ristabilire
la dignità e riaffermare quelle verità di fede che
i persecutori vorrebbero annientare con loro, trasformandosi in
carnefici.
Calzante la cronaca quattrocentesca di Konstantin Michailovic,
serbo di Ostroviça, rapito dai turchi poco più che
ventenne per esser fatto musulmano a forza e arruolato nel celebre
corpo dei giannizzeri. Dalle sue esperienze di insider della macchina
bellica islamica, il riluttante convertito ricavò i dati
per un prezioso manuale sui presupposti e le modalità del
jihad, o guerra santa, tra musulmani e occidentali. Questo, il vero
contenuto della sua Cronaca turca, ovvero Memorie di un giannizzero,
nelle quali si afferma: «Chiamano lo Spirito Santo Roch Ullach,
lanima la chiamano djan, gli angeli feriisteler, il
paradiso dienet, linferno ifsy chalvetii, il diavolo fegiiatar.
Considerano noi cristiani un popolo di smarriti, perché crediamo
e confessiamo la Santa Trinità. Per questo hanno chiamato
i cristiani Kaury, cioè smarriti o rinnegati».
Dunque, lespansionismo degli islamici «è simile
al mare, che mai cresce o diminuisce, e così i pagani non
hanno mai pace, sono sempre in movimento». Come le acque dolci
e buone quando si immettono nel mare e si mescolano con la sua acqua
diventano aspre e salate, così «i prigionieri cristiani
vengono convertiti deportandoli in mezzo ai pagani, in modo che
si guastino come le acque dei fiumi nel mare».
Rileggendo in proiezione contemporanea queste pagine, si è
portati a dedurre che lAmerica non abbia compreso il carattere
epocale e culturale del nuovo terrorismo. Come ha notato
Francesco Cossiga, nascondersi dietro la tolleranza,
il rifiuto del concetto stesso di guerriglia di religione,
il sostenere (come si è fatto in Italia e in Germania nei
confronti delle Brigate Rosse e della Rote Armée Fraktion)
la pura laicità criminale comune del terrorismo di bin Laden,
può certo far parte della prudenza diplomatica, ma a lungo
non della saggezza politica o della strategia antiterrorismo. Oggi
dobbiamo prendere atto che il nuovo terrorismo è
un terrorismo religioso che si appella alla superiorità di
una certa concezione dellIslam, che esclude non soltanto la
verità, anche parziale, degli altri, soprattutto
dei cristiani e degli ebrei, e poi anche degli occidentali in generale,
ma anche e persino il loro diritto a essere diversi,
e dunque ad essere come sono.
Detto questo, un occidentale, cristiano e liberale, non invoca la
guerra di religione contro lIslam, ma la piena
e decisa difesa dalle guerre di religione altrui. Un occidentale,
cristiano e liberale, a Poitiers non poteva che stare fra le schiere
di Carlo Martello, a Lepanto con il Tercio di Cerdeña sulle
navi di don Giovanni dAustria, a Vienna con il Re Polacco
e il Principe di Savoia-Carignano. E, oggi, non può che stare
risolutamente con gli americani, gli inglesi, i francesi e gli italiani
in Afghanistan.
Tautologico: ciascuno ha il diritto di esprimere il proprio pensiero.
Altrettanto tautologico: chiunque ha il diritto di dissentire. Allora:
subito dopo l11 settembre alcuni sostennero che lOccidente
aveva fabbricato il mostro con le proprie mani: e questo
procurò qualche sollievo e non poche rimozioni, così
che lattentato alle Twin Towers veniva recepito come una sorta
di incidente domestico. Altri ebbero minor pudore, e conclusero
elettivamente che le (mai realisticamente quantificate) diverse
migliaia di morti di Manhattan quasi quasi ce leravamo meritate.
Linterpretazione più esasperata (e più cinica)
va accreditata al filosofo Jean Baudrillard: ciò che avevamo
visto era una chimera, la strage non era stata strage, e non a unecatombe
avevamo assistito, ma solo e semplicemente al suicidio delle due
Torri Gemelle e dellAmerica. Svaniti gli aerei attentatori.
Cancellati, relegati nel più cupo anonimato i morti. Lapatia
e lo smemoramento come filosofia dellesistenza apparvero a
molti come la soluzione risolutiva. Come se nulla fosse stato
divenne una riconfortante ideologia sospesa tra il nihilismo e la
fuga dalla realtà.
Altra strada, e ben più ripida, quella imboccata da André
Glucksman: gli occhi restano fermi sulla verità dellaccaduto
Manhattan violata, le Towers vulnerate, le grida disperate
dei morituri, quelle dei superstiti e lumana requisitoria
contro le elucubrazioni consolatorie degli strateghi del nihilismo.
Linea rossa del ragionamento: non aiuta a resistere limperturbabilità
stoica dei materialisti europei (col cuore a sinistra, col portafogli
a destra), ma la finestra spalancata dalla quale emerge il grido
delle persone colpite a morte, o consapevoli dellirreparabilità
di una morte imminente. Non le Torri implose resteranno impresse
nella nostra memoria, ma la sagoma scomposta delluomo che
si era gettato nel gran vuoto, Icaro senza neanche le ali posticce,
insieme col gran panno bianco sventolato da una donna che così
urlava il suo incubo dal quale non si sarebbe voluta svegliare mai,
come Stephen immaginava nellUlisse di Joyce.
Sicché, a perpetua vergogna di certi intellettuali italioti,
non la stoica ed evocatrice del Nulla imperturbabilità aiuterà
a capire e a resistere, ma la dolente emozione di chi spalanca il
cuore e ascolta leco della disperazione delle singole persone
condannate e colpite a morte. Non sarà il nihilista di Dostoewskij,
inaccessibile ormai alluomo del Terzo Millennio, a renderci
confidenti alla distruttività allo stato puro, alle rovine
dietro e dentro di noi. Non sarà il Male, che pure la letteratura,
insieme o anche prima della Storia, ha scavato a fondo, dai tragici
greci a Flaubert, Pascal, Conrad, e soprattutto dai russi, il citato
Dostoewskij, e Turgenev, Cechov, Lermontov, Chadajev, Puskin, fino
ai gulag descritti da Salomov e Solzenicyn: un po tutti figli
ideali (generati, o comunque preannunciati) di unEmma Bovary
che legge Walter Scott o George Sand scambiandoli banalmente con
la vita, così come càpita agli essenzialisti musulmani
che leggono il Corano ritenendo di scorgervi e dunque di possedere
in esclusiva la legge unica, meccanica e spirituale, regolatrice
delluniverso.
Gli scrittori possono conoscere e descrivere queste
tentazioni. I politici possono conoscerle, ma non consentire che
si trasformino in divenire effettuale e contingente. Devono capire
il mondo e opporsi alla condizione di una contemporaneità
chiusa in un involucro sepolcrale che preservi da paure, da occhi
del ciclone, da delusioni. UnEuropa figlia (piaccia oppure
no) dellannuncio cristiano non può serrarsi nella ridotta
buzzatiana, in attesa di Tartari che colpiscono già da tempo
lungo e oltre tutti i confini. LEuropa che ritiene di potersi
adagiare sugli allori (altrui) dopo la caduta del Muro di Berlino
in realtà è un colloidale Giardino dei ciliegi cechoviano,
nel quale i protagonisti del dramma ritengono di potersi mettere
al riparo rintanandosi in un finto fondale floreale. Di fatto, il
loro, il nostro mondo muta e l'aggressività dilaga. Le Towers
sono crollate intorno a noi, così come le seghe abbattevano
i ciuffi di ciliegi di Cechov, simbolo di un mondo che si voleva
ritenere non vulnerabile, e che si scopriva mortale, proprio come
lumanità che apriva gli occhi sulla realtà nei
minuti fatali in cui angeli saturnini generati da una religione
monoteista impiccata fra spiritualismo ed edonismo, fra tradizione
(inossidabile) e modernità (indotta a fatica proprio dal
nemico Occidente), fra micidiali povertà e giganteschi privilegi
di censo, lanciavano unimpossibile sfida alluniverso
occidentale.
Moriranno ancora cristiani, missionari o semplici fedeli, occidentali.
Continueremo a registrare le cifre drammatiche dei massacri consumati
ovunque la Cristianità abbia piantato radici: tenendo conto
che nellOriente Vicino ed Estremo e nel Continente Nero ci
sono milioni di essenzialisti pronti a morire in nome del loro Dio
(che è diverso dal mio), mentre in Occidente si è
pronti a sopravvivere prevaricando con semantiche stortignaccole
su civiltà, cultura, ideali e altre minuterie, a patto che
sia fatto salvo il grafico della crescita economica e produttiva.
Allora, che saranno mai duecento milioni di cristiani discriminati
e/o perseguitati, in grandissima parte da islamici legati a concezioni
giurassiche del diritto, a scansioni tribali invalicabili, alla
sottomissione religiosa sostenuta dalle armi invece
che con la predicazione? Hanno qualcosa da dire le porpore che si
ispirano alla limitata forza culturale e alla umanamente ed ecclesiasticamente
rispettabile, ma incerta, confusa sapienza di maestro di un Giovanni
XXIII, semmai rinnovatore, ma non certo riformatore della Chiesa
cattolica?
E vero: lIslam non ha soltanto bin Laden, ha avuto anche
Averroè e gli altri filosofi (genericamente) arabi, i grandi
aristotelici senza i quali probabilmente non sarebbero cresciuti
né Tommaso DAquino né Anselmo di Canterbury
né Bonaventura né Duns Scoto né altri spiriti
magni del Medioevo. Ma è altrettanto vero che sul piano delle
grandi correnti ideologiche, politiche ed ecclesiali, lEuropa
ha avuto Lord Acton e, anche, John Henry Newman, britannici; Lacordaire,
Montalembert, Lamennais e Ozanam, francesi; Cesare Balbo, Manzoni,
Tommaseo, Rosmini, Gino Capponi, il poco fortunato Romolo Murri
e il più fortunato Luigi Sturzo, in Italia. Cioè:
ci sono anche radici europee che affondano meno nella tradizione
della Rivoluzione francese e ancor meno in quella idealistica tedesca,
e molto di più nelle teorie sullo Stato e sulla società
di Locke, negli ideali della Rivoluzione britannica e soprattutto
in quelli cristiani e democratici della Rivoluzione americana. In
un terreno, insomma, nel quale è totale la libertà
religiosa, e netta è la separazione tra Stato e Chiesa. Con
la Chiesa, comunque, disarmata. E con lo Stato che è tenuto
a difendere la propria civiltà e cultura.
Il che, comè noto, nellIslam non è stato,
e non è. Mullah chiusi alla conoscenza del mondo, interpretando
la shariah, incrociano sure e scimitarre, versetti e armi
automatiche, fra moschee e santuari del terrore. E il volto
sanguinario di una religione stravolta dai Dottori della Legge,
il versante feroce di un monoteismo ambiguamente manipolato, sofisticamente
proposto dai suoi intellettuali ortodossi, ostinatamente imposto,
nella visione apocalittica di un finale scenario da Armageddon.
Perché ad Allah, e solo ad Allah, appartengono il cielo e
la terra. O no?
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