Occorre pensare
ad un impianto
costituzionale che non sia preda del vetero capitalismo dei clan,
che non
riduca lideologia del libero mercato ad una mera
riverniciatura della proprietà aziendale.
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Quando si trattano temi europei
si avverte unaria imbarazzata dinadeguatezza. Inadeguatezza
delle istituzioni, inadeguatezza delle proposte. Il cittadino europeo
assomiglia alluomo di un nostro caro poeta, Giorgio Caproni:
«Mero sperso. Annaspavo. Cercavo uno sfogo. Chiesi a uno:
Non sono mi rispose del luogo». Lo smarrimento
non può essere colmato dalla voce dei guitti che diventano
falsari quando continuano ad alimentare un trito buonismo di maniera.
Dopo lUnione monetaria la retorica dellintegrazione non
paga.
Sarebbe fatale se una tentazione in tal senso prendesse anche gli
addetti ai lavori della Convenzione europea che hanno il compito di
avanzare proposte per avvicinare lEuropa ai cittadini.
Noi non apparteniamo alla schiera degli euroscettici. Siamo convinti
tuttavia che la fede europea non si misura con il pallottoliere della
politica. Esistono movimenti collettivi diffusi, spesso ignorati o
inascoltati dalla cultura dei Palazzi, ma ugualmente creatori di correnti
culturali e stili di vita. Ragionando sul filo della memoria val la
pena ricordare che è nei movimenti latto di nascita della
Riforma protestante e delle moderne democrazie occidentali: Stati
Uniti, Germania, Francia, Italia. Adesso non cè un movimento
europeo secondo i canoni ottocenteschi, ma vi sono movimenti
collettivi che a vario titolo si identificano con le ragioni moderne
dellintegrazione (difesa dellambiente, tutela dei consumatori,
ecc.). Circolano molte preoccupazioni che in parte sottoponiamo a
chi ora ha il compito di dare norme e normalità al funzionamento
della futura democrazia europea (lampliamento previsto per il
2004 non sarà lunico, altri Stati seguiranno per convenienze
di bandiera e per opportunità economica).
Ladozione di regole e di istituti che intendono promuovere
e garantire lo sviluppo di democrazie maggioritarie o di coalizione
devessere accompagnata da regole chiare per la tutela delle
minoranze (non si identificano solo con le etnie). Questa preoccupazione
era già presente nel dibattito costituente degli Stati Uniti
(Federalist 1788) dove ne furono decisi portavoce Madison e Jefferson,
due futuri Presidenti. Ora è anche riproposta con le problematiche
odierne nel Rapporto sulla governabilità della democrazia,
elaborato da Huntington e altri per la Commissione Trilaterale.
Nella forbice tra il vecchio principio della rappresentanza e il
nuovo principio della sussidiarietà sono racchiusi furbizie
e paradossi che alimentano molte critiche di legittimità.
Anzitutto nel metodo. Si è deciso di varare una riforma dei
trattati e una bozza di Carta costituzionale senza dibattito pubblico,
senza una Costituente espressa da mandato popolare, con verifiche
e passaggi tutti interni al potere costituito. La cornice normativa
che si cerca di produrre non sarà certo motivata da fughe
in avanti, da ragioni di stravaganza, ma non può neanche
essere motivata da ragioni di omologazione dellimpianto esistente.
Un cattivo passato non giustifica un cattivo futuro.
Cè il rischio che un lavoro di alto profilo storico
subisca la suggestione del mercato politico, cioè
di quel certo calcolo costi/benefici che presiede alla gestione
del consenso elettorale. Quasi una commessa affidata a prestigiosi
advisor abituati a navigare tra interessi e alleanze a geometria
variabile.
I neofiti dellEuropa sono depositari di molti veleni. Non
potendo incorporare nella realtà costituente segnali tangibili
di società regressive bisognerà lavorare per incoraggiare
i valori dellinclusione e della solidarietà, con lintento
di sconfiggere delusioni e povertà storiche. Tuttavia, sarà
difficile conseguire risultati se nel dibattito costituente prevarrà
la virtù della prorogatio, istituzionalizzando
in un unico modello di democrazia reale lassenza di beni di
consumo e il rifiuto del consumismo.
Occorre avere dei problemi una visione sistematica e una coscienza
consapevole della forte interconnessione che caratterizza i comportamenti
delle istituzioni e degli attori dello sviluppo. E il prodotto
della globalizzazione, cioè di quel fenomeno che ha fatto
saltare tutte le regole e assegna al conflitto (laltra faccia
della concorrenza monopolistica) lunico carattere di permanenza
e continuità (la guerriglia globale ha nella distruzione
delle torri gemelle levento più appariscente). Assistiamo
invece ad una cultura politica dominata dal decisionismo verticistico
(a livello comunitario, statale, regionale, locale), poco interessata
allevoluzione dei processi di rappresentanza, al recupero
delle forze sociali, lasciate navigare in bassa marea, senza sedi
di partecipazione dove far crescere e maturare le direttrici dello
sviluppo (Carl Schmitt parla di distacco della politica e del diritto
dal territorio).
La tendenza a far coincidere la rappresentanza con linvestitura
popolare porta a depotenziare il ruolo contrattualista della Società
civile, porta a tentazioni di direttorio che non possono interpretare
il buon governo di società complesse in cui si esprimono
interessi molteplici e differenziati.
Unaltra preoccupazione nasce dalle forti asimmetrie presenti
tra le politiche nazionali di mercato in vista della realizzazione
di un mercato unico europeo. Abbiamo leuro. Ma un assegno
in euro emesso in Italia non viene ancora cambiato in Francia. E
un segnale forte di politica monetaria, ma poi occorre far funzionare
i meccanismi della concorrenza.
Con la recente approvazione nel Parlamento europeo del Rapporto
Lanfalussy è aperta la strada per la creazione di un
mercato azionario integrato e la completa unificazione dei mercati
finanziari. Ma restano aperte molte questioni in tema di diritto
societario e di certificazione dei bilanci (con un mandato che dura
nove, dieci anni si creano rapporti troppo stretti tra certificatore
e impresa). Inoltre, i grandi operatori vendono consulenza alle
società che devono collocare i propri titoli sul mercato,
ma contemporaneamente svolgono la stessa attività per soggetti
che devono comprare quei titoli. Sono palesi conflitti di interessi
intrinseci che richiedono maggiore attenzione nellattività
di vigilanza. Sono in ballo i temi cruciali della trasparenza dei
bilanci societari (chi rivede i revisori?), della corretta informazione
e della tutela delle minoranze azionarie.
Inoltre il nuovo quadro giuridico societario può procurare
sorprese inquietanti. La rigidità della normativa comunitaria
(regolamento per listituzione della SE-Società per
azioni europea) nei distretti con economia fragile (quelli che hanno
bisogno di maggiore sviluppo) può determinare crisi di rigetto,
possibili fughe da organizzazioni complesse e controlli. Semplicemente
perché il costo del passaggio alla legalità può
risultare superiore al costo e ai rischi delloperare nella
precarietà. Manca anche una politica degli investimenti nelle
banche, che non possono trasformarsi solo in supermercati del risparmio.
Con riferimento ai mercati finanziari, particolare attenzione va
posta alle obbligazioni emesse dagli enti pubblici territoriali
(regioni, comuni), dal momento che le sole valutazioni di rating
non appaiono indici sufficienti di garanzia (anche la tutela dei
risparmiatori ha bisogno di massima vigilanza). Per curare i problemi
della sicurezza economica e sociale e gestire i relativi contrasti
tra Stati si avverte la necessità di istituire un Consiglio
europeo delleconomia e del lavoro, strutturato in organi
collegiali dove dovrebbero trovare rappresentanza tutte le espressioni
del mondo del lavoro.
Cè la riforma dello Statuto della Banca Centrale Europea
(Bce). I tassi dinteresse delleuro sono ora decisi da
unassemblea di 18 persone: 12 governatori e 6 membri dellesecutivo
Bce. Troppi interessi rendono precaria la flessibilità necessaria
in questo settore (non a caso nella Federal Reserve e nella Banca
dInghilterra sono in pochi a decidere). Sono da rivedere anche
i poteri della Commissione. Particolare attenzione va riservata
al capitolo della tutela della concorrenza dove il procedimento
amministrativo attende ladozione di condizioni paritarie tra
accusa e difesa.
In breve, la Comunità deve acquistare razionalità,
credibilità e forza cogente, per incidere sul comportamento
delle imprese, del mercato e degli Stati. Compito non agevole, essendosi
affievolito dopo Maastricht lo slancio sovranazionale. Sembrano
prevalere al momento gli automatismi di mercato. Ma la voglia di
una democrazia nuova e rinvigorita attraverso la redistribuzione
dei poteri non può dare pseudo-risposte a pseudo-domande.
«Ciò che viene mandato in giro prima o poi ritorna»,
dicono gli americani. Obiettivamente non è facile conciliare
percorsi di segno molto diverso. Si ricompone la Mitteleuropa tedesca,
ma come si possono risolvere i dissidi e le contese tra rumeni,
ungheresi e slovacchi? Come possono convivere le problematiche dellarea
mediterranea con quelle dellarea danubiana? Come si può
contenere la forza dei grossi monopoli nel comprare influenza e
potere? In sede organizzativa conviene potenziare le burocrazie
interne o affidarsi alle agenzie, strutture più
autonome e snelle? Il check-up istituzionale si deve tradurre in
un sostanziale allargamento della democrazia (lintroduzione
del voto di maggioranza sarebbe doveroso).
La Convenzione Europea
Il 28 febbraio scorso hanno avuto inizio i lavori della Convenzione
presieduta da Valery Giscard dEstaing. Studierà
le riforme istituzionali per adeguarle ad unUnione allargata
ai Paesi dellEst ed elaborerà una bozza di Carta
costituzionale.
Listituzione ha poteri consultivi, non decisionali.
I progetti verranno trasmessi alla Conferenza intergovernativa
che adotterà le decisioni finali, probabilmente nella
seconda metà del 2003. E possibile che il trattato
costituzionale sia poi sottoposto a referendum popolare.
Fanno parte della Convenzione 105 membri in rappresentanza
di governi, parlamenti nazionali, Commissione ed europarlamento
(ciascuno dei 15 Paesi Ue e dei 13 Paesi candidati è
rappresentato da 3 membri).
Il calendario dei lavori si articolerà in 7 riunioni
prima delle ferie estive.
Il Presidium di 12 membri si riunirà 2 volte al mese.
Il Presidente e i due Vicepresidenti (litaliano Giuliano
Amato e il belga Jean Luc Dehaene) si incontreranno ogni settimana.
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A questo tema si collega la ricerca dei princìpi che dovrebbero
ispirare la Carta Costituzionale. Ovviamente, non si può
prescindere dal richiamo alla Carta dei diritti fondamentali dellUnione
europea, dove è descritta una vasta area di diritti politici,
civili e sociali del cittadino europeo.
Nel Preambolo si legge: «...lUnione si fonda sui valori
individuali e universali di dignità umana, di libertà,
di uguaglianza e di solidarietà; lUnione si basa sui
princìpi di democrazia e dello Stato di diritto...».
Parole importanti, ma notoriamente le democrazie moderne soffrono
devianze dovute alla pressione di forti interessi multinazionali.
Occorre dunque pensare ad un impianto costituzionale che non sia
preda del vetero capitalismo dei clan, che non riduca lideologia
del libero mercato (una conquista del mondo occidentale) ad una
mera riverniciatura della proprietà aziendale, che non assimili
formule vuote prodotte da un dibattito teologico. Restano centrali
due questioni delicate: trovare istituzioni che assicurino il giusto
equilibrio tra governo e mercato e che antepongano la centralità
della persona, dando collocazione strategica al capitale sociale
nellarticolazione delle politiche di sviluppo. Non cè
comunque unatmosfera da Cospirazione degli Eguali (Babeuf).
Molte sono le incertezze che circondano la forma e i contenuti dellUnione
politica. Così comè, fa venire in mente limmagine
del minotauro: metà organizzazione internazionale, metà
Stato federale. Una via di mezzo tra una tragedia greca e una commedia
veneziana.
Lintegrazione non è certo dietro langolo. Già
nel Medioevo lEuropa aveva avuto una forte integrazione culturale
tra antichi romani e barbari, altri fattori aggreganti
sono stati il cattolicesimo e il protestantesimo delle prime ore.
Poi sono subentrati conflitti e guerre di potere che hanno prodotto
divisioni tra nazioni e Stati sovrani. Oggi è il concetto
ottocentesco di sovranità che risulta difficile da superare.
Al conflitto di interessi si aggiunge il conflitto delle idee. E
noto che agli inglesi la parola costituzione non piace. Non a caso
Giscard dEstaing usa la formula trattato costitutivo
e Jacques Delors, ex Presidente della Commissione, parla di Federazione
di Stati-nazione. Se già cè incertezza
per la forma sarà difficile che possa accadere qualcosa dimportante
nella sostanza. Un trattato costituzionale ha il compito di definire
i contenuti di democrazia del sistema, la sua organizzazione istituzionale
e il grado di cooperazione tra i vari livelli di governo. Portando
la discussione dei temi europei nellalveo istituzionale ordinario.
Sottraendola ai rituali delle conferenze intergovernative e dei
vertici celebrativi che logorano limmagine delle autorità
politiche (sul piano internazionale inviano segnali tangibili di
scarsa coesione).
Cè unimmagine negativa di disordine politico,
di unità assente, che dovrebbe produrre allergia per il nazionalismo
culturale.
Probabilmente non ci sono oggi le condizioni per legittimare una
democrazia federale, cioè una ripartizione dei poteri
legislativo, esecutivo, giudiziario sotto il controllo dellelettorato
europeo. Ma andando oltre la razionalizzazione dellesistente
si aspetta almeno una manifestazione di volontà politica
che definisca un progetto-cornice, unimpalcatura legale per
la futura crescita istituzionale dellUnione. Una crescita
che si traduce al suo interno nellattuazione di processi relativi
di globalizzazione governata.
Lobiettivo centrale è quello di trasformare società
chiuse in società aperte. Qualche anticipazione sullutilità
di questo percorso può essere fornita dallindice generale
della globalizzazione elaborato da Atkemey-Foreign Policy Magazine.
Valuta il grado dintegrazione politica, economica, sociale
e tecnologica delle nazioni. I Paesi più duttili e ricettivi
nellassorbire i processi di globalizzazione sono quelli più
piccoli (lIrlanda, ad esempio). Segno palese di opportunità
straordinarie per quei Paesi europei che non hanno ancora un grande
mercato interno supportato da solidi sistemi politici. Questi processi
richiederanno certamente un grande confronto di interpretazione
ed esami severi di verifica dovendo perseguire, con limpulso
europeista, gli obiettivi centrali di una maggiore uguaglianza sociale
e di una maggiore libertà politica.
Ricordiamo che dalla Dichiarazione americana dei diritti (1776)
alla Carta francese (1785), alla Carta dellOnu (1948), fino
alla Carta europea dei diritti (2001) luguaglianza è
stata sempre considerata fattore di stabilizzazione degli ordinamenti
politici ed elemento di richiamo per i diritti individuali e collettivi.
Preoccupano i ritardi di una cultura politica di fronte allevoluzione
del costume civile. Lorganizzazione politica è in crisi,
perde attrazione il suo tradizionale potere rappresentativo. Viene
scavalcata da movimenti tematici che portano nelle piazze lespressione
molecolare delle società moderne, la molteplicità
delle rivendicazioni e degli interessi. Cè in queste
forme spontanee di aggregazione un dato nuovo e per certi versi
rivoluzionario.
Non si invocano governi insurrezionali sullo stile della Comune
di Parigi (ebbe vita breve, dal 18 marzo al 27 maggio 1871). Si
vogliono solo richiamare a voce alta i contenuti di una guida politica
per un futuro possibile, una guida che aiuti ad uscire dalla crisi
la gestione delle democrazie liberali.
Il cittadino appare più responsabile, chiede più partecipazione
diretta al processo decisionale, mettendo in discussione i filtri
del potere, le forme note di organizzazione sociale. «Let
we know what we are doing, fateci sapere ciò che stiamo
facendo, chiederebbero gli americani.
Occorre guardare oltre il velo del linguaggio diplomatico. Per lEuropa
politica si presentano percorsi più complessi della praticabilità
di schemi confezionati in laboratorio (aumenterà tra laltro
il livello conflittuale tra Stati nellinevitabile contenzioso
interpretativo). Più saggio sarebbe guardare fin dora
allambiente reticolare che produce istanze e attende una politica
delle cose, utilizzando un approccio ai temi europei meno elitario,
più pragmatico e spregiudicato.
La piattaforma che verrà preparata potrebbe risultare una
modesta produzione di piercing editoriale se non riuscirà
ad introdurre nel sistema cose realmente innovative, una fede e
unanima per lEuropa.
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