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Con la sua riforma
monetaria del 23 a.C., Augusto segnò il passaggio dalla
monetizzazione repubblicana a quella imperiale. Uno degli aspetti
più importanti di questa riforma fu di dare il via a
una regolare produzione monetaria aurea, che durante la Repubblica
era stata invece del tutto eccezionale. Così il sistema
monetario romano da monometallico (argento) diveniva bimetallico
(oro e argento). Moneta simbolo di questo nuovo corso fu laureus,
che divenne il nominale di riferimento per le grandi transazioni
commerciali e per laccumulo di capitali. |
Il primo gennaio 2002 (le-day, il giorno delleuro)
la nuova moneta transnazionale è stata introdotta. Leuro
circola in non meno di 14,5 miliardi di banconote e 56 miliardi
di pezzi metallici posti a disposizione. La sua adozione è
stata definita «la più importante transizione monetaria
della storia», una sfida senzaltro immane e ardua, sia
per il suo valore economico e politico sia per lo straordinario
numero di soggetti coinvolti. Ma non è la prima volta che
nella storia dEuropa si riscontra il fenomeno per cui tante
nazioni diverse e per nazioni intendiamo ricollegarci al
significato del termine latino: nationes, ovverosia popoli,
stirpi abbiano riconosciuto valida e quindi utilizzato
la stessa moneta. Il precedente più antico e più importante
per dimensioni è senzaltro quello messo in atto più
di duemila anni fa nellambito dellImpero romano, tanto
simile alleurosistema per ampiezza territoriale e per il numero
dei popoli coinvolti che può risultare interessante azzardare
un confronto tra i due fenomeni: lampio spazio cronologico
che li separa e le condizioni politico-economiche indubbiamente
diverse in cui essi si attuano ne metteranno senzaltro in
luce le differenze, ma ne faranno scaturire anche i curiosi parallelismi.
Quella che sembra la più grande differenza fra i due fenomeni
riguarda le diverse condizioni politiche che hanno portato a una
circolazione unica. Come tutti sappiamo, infatti, ladozione
delleuro quale valuta comune è stata una libera e ponderata
scelta da parte di alcuni Paesi membri dellUe (Danimarca,
Regno Unito e Svezia hanno procrastinato la loro partecipazione),
nellottica di costruire una comune economia, primo e necessario
passo per raggiungere quello che resta il sogno di tutti gli europeisti
convinti, vale a dire lunione politica degli Stati dEuropa.
NellImpero romano, invece, il processo fu esattamente lopposto.
Infatti, la progressiva unificazione politica delle varie nationes
avvenne non certo in modo spontaneo, dato che furono le spade delle
legioni a raggiungere questobiettivo. Dalla Scozia allEgitto,
dal Portogallo alla Siria, milioni di uomini si ritrovarono a convivere
sotto le aquile di Roma, accettandone o subendone
le leggi, gli ordinamenti amministrativi, le divinità, la
cultura e, dulcis in fundo, la moneta (laureo), che veniva
a costituire perciò una delle naturali conseguenze di uninnovazione
politica, e non uno dei mezzi per giungervi, comè invece
per lUnione europea. A mano a mano che i popoli cadevano sotto
il controllo dellImpero, le loro monetazioni nazionali (si
possono ricordare, fra le più famose e numismaticamente pregevoli,
quelle celtibere, galliche, numidiche, puniche, e, ovviamente, greche)
scomparivano e venivano rimpiazzate con quella imperiale.
Cè da dire, però, che le monete romane venivano
accettate allinterno dei territori delle varie nationes anche
prima della loro conquista, e questo grazie alla varietà
dei metalli usati e alluniversalmente riconosciuto potere
dacquisto garantito dalla solidità politica ed economica
di Roma (basti pensare che uningente quantità di monete
romane è stata ritrovata verso la fine degli anni Novanta
del Novecento nello scavo di un emporio commerciale sulle coste
dello Sri Lanka!): una sorta di sistema monetario parallelo, che
finì poi per sostituire quello nazionale.
E, più o meno, ciò che è accaduto fra
gennaio e febbraio 2002, quando le valute nazionali dei Paesi aderenti
alleurosistema sono coesistite con la nuova moneta, per essere
poi dismesse.
In realtà, nellambito dellorganizzazione monetaria
imperiale, il quadro non risultava così rigido come quello
previsto dallUem. Infatti, a causa della grave insufficienza
della coniazione ufficiale al cospetto della necessità di
denaro circolante nei territori di Roma in generale, e per il rispetto
delle antiche e importanti tradizioni politiche e culturali di quelli
della pars orientalis, durante i primi tre secoli dellImpero
(ovvero fino ad Aureliano, che governò dal 270 al 275 dopo
Cristo) fu concesso a molti municipi, colonie e altre ripartizioni
amministrative dellOriente di continuare a battere moneta
in proprio, sia in argento sia in bronzo, e, in più, secondo
tipologie valutarie caratteristiche di quei territori e diverse
da quelle ufficiali di Roma. Le comunità di Tiro in Fenicia,
Antiochia e Seleucia in Siria, Cesarea in Cappadocia, Tiberiade
in Galilea, Alessandria dEgitto, Sardi in Lidia, Samosata
in Commagene, tanto per citare solo alcune fra le moltissime, coniavano
in argento emidracme, dracme, didracme, tetradracme, cistofori,
oltre a una serie imprecisata di monete di bronzo, pressoché
tutte caratterizzate dalle legende in greco. Questa concessione
del potere imperiale, che a prima vista potrebbe sembrare un riconoscimento
anche politico di una certa autonomia di questi centri e il segno
di una minore autorità di Roma nei suoi territori orientali,
non deve però trarre in inganno: sul diritto di ogni moneta
coniata, infatti, campeggiava sempre leffige dellimperatore
regnante, e la scritta in greco intorno al suo profilo (come quelle
in latino della produzione ufficiale) esprimeva il suo
nome e la sua titolatura, monito sotto gli occhi di tutti a non
dimenticare che Roma, e solo Roma, era lunica signora del
mondo.
Riconnettendoci a questultimo argomento, veniamo ora a un
particolare di non secondaria importanza della moneta: liconografia.
Anche sotto questo aspetto, può essere interessante sottolineare
le differenze fra la monetazione circolante nei territori dellImpero
romano e quella che caratterizza i Paesi aderenti alleuro:
differenze riconducibili anche questa volta alla diversa concezione
politica dei rispettivi organismi. In ununione forzatamente
realizzata come quella dellImpero, infatti, la moneta costituiva
un mezzo sottile ma potente e capillare di propaganda. Così,
ogni moneta emessa allinterno dello Stato romano (tranne qualche
frazione minore di bronzo) presentava sul dritto, con martellante
ripetitività, il profilo dellimperatore in carica nelle
sue numerose varianti: a capo nudo, con corona di alloro, con corona
radiata, con abito panneggiato o corazzato. In tal modo, passando
svariate volte al giorno di mano in mano, una moneta faceva tangibilmente
sentire ai suoi fruitori lonnipresenza del potere imperiale
attraverso le effigi del suo augusto rappresentante e della sua
casata: madri, sorelle, mogli, figli. I loro lineamenti si imprimevano
nelle menti dei sudditi, in un tempo in cui limmediatezza
delle informazioni e delle immagini (tipiche dellattuale villaggio
globale) erano solo prerogativa degli dèi. Ma è
sul rovescio della moneta che labilità e la fantasia
degli zecchieri imperiali raggiunsero livelli forse mai eguagliati
nella storia della numismatica, soprattutto nei sesterzi che, dato
il loro ampio modulo, permettevano agli incisori maggiori possibilità
di virtuosismo. Scorrendo elenchi e testi compilativi delle monete
imperiali ci troviamo sommersi dalle tematiche più disparate
e dalle loro realizzazioni più eclettiche: divinità
classiche del pantheon romano (Giove, Ercole, Marte, Apollo...)
o quelle di provenienza provinciale (Serapide, Sole Invitto, Iside,
Elagabal...); allegorie di entità astratte (innumerevoli,
queste: dalle figure del Genio, della Vittoria, della Dea Roma,
fino alla Felicità, alla Salute, al Valore...), tutte sempre
in connessione con la figura imperiale; personificazioni di luoghi
geografici (come province, città, fiumi, ecc.); eventi militari,
politici o amministrativi condotti dallimperatore, compresi
atti di liberalità (remissione di debiti, costruzioni di
edifici pubblici, ecc.).
In sostanza, tutte queste immagini costituivano un altro penetrante
segno dellaffermazione del messaggio culturale di Roma, una
serie di autentici manifesti con cui lUrbe ora affermava e
imponeva ai sudditi le proprie tradizioni, ora si faceva ricettrice
delle tradizioni delle diverse nationes a lei soggette, catalizzandole
e facendole proprie allinterno dellunità dellImpero.
Per ciò che concerne liconografia adottata sulle banconote
e monete metalliche delleuro, invece, si può dire che
essa è improntata a un altrettanto forte valore simbolico,
caratterizzato però da presupposti politici diversi. Al contrario
delliconografia romana, infatti, che aveva come obiettivi
primari da una parte quello di inculcare lidea della supremazia
di Roma nei popoli soggetti, e dallaltra quello di contribuire
a creare uno strato culturale comune in cui questi potessero riconoscersi,
liconografia europea non ha né il compito di legittimare
la supremazia di un Paese sopra gli altri, visto che tutti gli Stati
aderenti alleurosistema godono di pari diritti, né
quello di creare unidentità culturale comune, poiché
questa già esiste: è lidentità culturale
europea, appartenente a tutti gli Stati in questione e che si è
venuta consolidando (proprio a partire dal comune substrato culturale
creato dallantica Roma) nel corso di 1500 anni di crescita.
Ed è proprio su questo patrimonio culturale comune che liconografia
delleuro insiste. Per i sette tagli delle banconote, per esempio,
sono stati scelti soggetti che celebrano gli stili architettonici
di altrettante epoche della storia artistica europea: classica,
romanica, gotica, rinascimentale, barocca e rococò, del ferro
e del vetro, del XX secolo. I soggetti sono incentrati su tre principali
elementi architettonici: le finestre e i portali (sul dritto), che
simboleggiano lo spirito di apertura e cooperazione che anima i
Paesi europei; i ponti (sul rovescio) che simboleggiano la comunicazione
fra i popoli europei, come pure fra lEuropa e il resto del
mondo.
Invece, per gli otto valori metallici, prodotti dalle zecche di
Stato dei Paesi appartenenti alleurosistema, mentre il dritto
ha uniconografia comune legata al valore espresso dalla moneta,
il rovescio raffigura uno o più simboli collegati alle diverse
identità nazionali. In sostanza, dunque, a differenza delliconografia
imperiale, quella delleuro reca un messaggio di pace e collaborazione,
non di egemonia e prevaricazione.
Infine, le zecche. In questo caso il parallelismo fra Impero romano
e Paesi appartenenti alleurosistema appare davvero stretto.
Comè noto, infatti, sotto la supervisione della Banca
centrale europea, situata a Francoforte sul Meno, le banconote e
le monete delleuro che circolano in Europa sono rispettivamente
stampate da dodici officine cartevalori e coniate da altrettante
zecche di Stato, situate ovviamente allinterno di ogni singolo
Paese. Anche per lImpero romano le zecche ufficiali erano
numerose, anzi erano assai di più di quelle delleurosistema:
inizialmente, infatti, vi era una sola zecca che provvedeva alle
emissioni monetarie, vale a dire quella della stessa Urbe (che in
origine era situata presso il tempio di Giunone Moneta, ossia Giunone
Ammonitrice, epiteto che in seguito passò ad indicare in
senso traslato la zecca stessa, e, per ultimo, il prodotto in essa
allestito). Quando però, successivamente, lespansione
territoriale dello Stato arrivò ben oltre i confini della
penisola italica, fu necessario procedere allapertura di altre
zecche succursali dislocate nelle maggiori città dellImpero.
Malgrado questo, in alcuni casi neanche tale soluzione fu sufficiente,
vista la concessione data a molte colonie e città provinciali
di provvedere a una propria monetazione.
A differenza, però, della moderna produzione metallica in
euro, dove la zecca di produzione si evince dalliconografia
del soggetto sul rovescio, sulle monete imperiali la menzione della
zecca di produzione appariva, anche se non sempre, abbreviata nella
parte inferiore del dritto. Trenta sono le zecche a noi note dalle
monete: fra queste si possono ricordare Antiochia, Alessandria dEgitto,
Costantinopoli, Milano, Londra, Salonicco, Cartagine.
Possiamo senzaltro affermare, a questo punto, che pur
con motivi differenti la moneta in sé rivestiva e
riveste un compito fondamentale quale coagulante e vettore politico
allinterno dei due apparati, imperiale ed europeo. Ma per
Roma la moneta unica costituì la naturale e diretta conseguenza
di uno status politico ben stabilito e stabile: venuto a mancare
questo, anche la forza e il significato della moneta unica svanirono.
Per i dodici Paesi aderenti alleurosistema, e per tutti quelli
che - lo speriamo ardentemente - vi aderiranno in seguito, la moneta
unica deve essere lo strumento sperimentale attraverso il quale
arrivare spontaneamente a comprendere che ununità politica
di intenti è lunica risposta a molti dubbi, lunica
speranza per una vera crescita comune. E, in questi tempi purtroppo
calamitosi, anche una flebile fiammella può illuminare come
una fiaccola.
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