Marzo 2002

LE PERSECUZIONI DEI CRISTIANI

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Nel nome del Calvario
M. d. T.
 
 

 

 

 

 

Oggi,
il Cristianesimo
è la religione
più perseguitata
del pianeta, spesso
nell’indifferenza
dello stesso mondo cattolico.

 

 

28 ottobre 2001: venti bare bianche, con una sottile croce dipinta in rosso sul coperchio, sono allineate in una chiesa di Bahawalpur, nel Pakistan orientale. Contengono i corpi di cristiani falciati mentre assistevano alla messa domenicale. A sparare con i kalashnikov ad altezza d’uomo, un gruppo di integralisti islamici che hanno in odio la fede in Cristo. E questa non è che la punta di un iceberg, che sotto il pelo dell’acqua cela una spaventosa realtà.
Le cifre diffuse dalle organizzazioni internazionali parlano di 250 milioni di cristiani che vivono a rischio di persecuzioni, di 160 mila vittime cristiane ogni anno, di 604 missionari trucidati negli ultimi dieci anni. E il problema è in massima parte concentrato nelle regioni islamiche.
Oggi, il Cristianesimo è la religione più perseguitata del pianeta, spesso nell’indifferenza dello stesso mondo cattolico che pure alza la voce e organizza marce per tutte le cause. In Sudan, da anni è in atto un genocidio che «ha già provocato più vittime che Ruanda, Bosnia e Kosovo sommati insieme», come ha scritto il New York Times. Due milioni di innocenti massacrati solo perché non sono musulmani. Oltre quattro milioni di profughi. Almeno duecentomila donne e bambini neri, non musulmani, ridotti in schiavitù. Altro sangue scorre nelle sempre meno cattoliche Filippine e in Indonesia, in Algeria, in Nigeria, dove l’integralismo islamico è da anni sul piede di guerra. Dovunque la conversione di un islamico al Cristianesimo è considerata un reato che può costare anche la vita. E il cosiddetto Islam moderato? In Arabia Saudita, che ha una popolazione di diciannove milioni di persone, gli 880 mila cattolici non hanno alcun diritto. Non è consentita, neanche in privato, alcuna pratica religiosa non islamica (e le pene previste sono durissime), ed è severamente proibito anche avere segni cristiani, come croci o rosari.
Di fronte a questo Islam intollerante e aggressivo, non si tratta di fare guerre di religione, ma neanche di colpevolizzarsi. Attraverso il dialogo, le relazioni culturali e commerciali, anche le pressioni politiche e i trattati internazionali, si può e si deve chiedere un’evoluzione delle società chiuse verso la tolleranza e il reciproco, progressivo rispetto dei diritti civili. Anche il fenomeno dell’immigrazione può essere prezioso. Ormai il numero di musulmani che vivono in Europa si aggira sui venti milioni. Possono influenzare in senso positivo i Paesi d’origine? Se consideriamo la Dichiarazione Islamica Universale dei Diritti dell’Uomo emanata anni fa dal Consiglio Islamico d’Europa, c’è da temere il contrario.
Ma la libertà è un bene straordinariamente contagioso, purché i popoli occidentali siano consapevoli e fieri delle loro società aperte e la smettano di battersi il petto per “colpe” remote, e i loro governi capiscano che i diritti umani sono beni preziosi e irrinunciabili. Così come i governi dei Paesi musulmani debbono capire che la destabilizzazione mondiale non è prodotta da un eccesso di liberalismo e di democrazia, ma dalla loro assenza.

Dove Cristo può costare la vita

Algeria: la Costituzione definisce l’Islam religione di Stato, l’unica praticabile senza limiti giuridici. Le conversioni ad altre religioni sono rare e spesso clandestine. Centinaia di cristiani vengono uccisi da gruppi integristi.

Libano: la popolazione cristiana della “fascia di sicurezza”, abbandonata nel maggio 2000 dalle truppe israeliane, è in stato di allarme permanente. I corpi di monaci, vittime di integristi islamici, sono stati trovati in fosse comuni.

Iran: un giro di vite è stato dato con gli atti in difesa della purezza islamica, promossi dagli ambienti della magistratura musulmana più conservatrice (i mullah: dottori della legge islamica). I cattolici soffrono dell’instabilità prodotta dal braccio di ferro tra riformatori e tradizionalisti.

Pakistan: i cattolici sono le principali vittime dell’apartheid religioso. La legge sulla blasfemia consente di condannare con qualsiasi pretesto chiunque non sia musulmano. All’Assemblea Nazionale, su un totale di 217 seggi, soltanto quattro spettano ai cristiani.

Filippine: i cattolici sono nel mirino degli estremisti del gruppo Abu Sayyaf, il cui scopo è creare uno Stato musulmano indipendente. Anche un altro gruppo islamico, il Fronte di Liberazione Islamico Moro, ha ucciso nell’ultimo decennio migliaia di cristiani.

Nigeria: migliaia di cristiani trucidati negli ultimi due anni, dopo l’introduzione della legge coranica in alcuni Stati del Paese. In soli quattro giorni, tra il 21 e il 24 febbraio 2000, furono uccise più di trecento persone e bruciate cento chiese.

Indonesia: nell’Arcipelago delle Molucche, dal gennaio 1999, le comunità cristiane sono decimate dagli attacchi di milizie musulmane, responsabili della morte di ottomila persone e dello sfollamento di circa 250 mila, dopo la distruzione dei loro villaggi. Analoga situazione a Timor Est, nel Borneo, a Giava e in altre regioni del Pacifico.

Sudan: la Chiesa è accusata di sostenere la ribellione anti-islamica. Numerose chiese, centri e scuole sono stati chiusi, confiscati o distrutti. I cristiani vivono ammassati in campi di raccolta, dove vengono costretti a convertirsi all’Islam.

Egitto: i cristiani risultano discriminati in numerosi settori, dalle forze armate al pubblico impiego. Molti sono stati uccisi perché costruivano chiese. Dal 1992 ad oggi sono stati massacrati non meno di 1.200 cristiani.

Arabia Saudita: la libertà di religione è inesistente. I cristiani, ai quali è impedito di costruire chiese, non possono neppure riunirsi in una casa privata per pregare. Le retate della polizia religiosa sono all’ordine del giorno.

   
   
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