Lenigmatico viaggiatore celeste, dopo avere
attraversato le porte di un palazzo, avrebbe contemplato le varie
parti del cielo.
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Le profezie di Gesù
in un nuovo manoscritto del Mar Morto conservato nel cuore dellEuropa.
E conservato in un monastero benedettino della Germania meridionale,
il leggendario Rotolo dellAngelo, e a Stephen Pfann, studioso
dellUniversità della Terra Santa, ne è giunta
una trascrizione che viene analizzata per la prima volta. «Come
gli altri testi di Qumran osserva Simone Venturini, direttore
della Biblioteca Pio IX della Pontificia Università
Lateranense anche il Rotolo dellAngelo sarebbe stato
scoperto da un beduino sulle rive del Mar Morto, ma non nellarea
di nord-ovest, bensì in quella di sud-est. Il manoscritto
sarebbe stato acquistato in seguito da un monaco benedettino, padre
Matheus Gunther, morto nel 1996 e tenuto nascosto fino ad oggi in
un convento tedesco ai confini con lAustria».
I suoi contenuti sono di interesse straordinario e ne potrebbero
fare il preziosissimo anello mancante, vale a dire la
dimostrazione del legame storico tra il Cristianesimo delle origini
e la comunità ebraica che ha redatto i misteriosi testi di
Qumran. Stephen Pfann, lunico studioso ad avere esaminato
la trascrizione del manoscritto, ne ha fornito unilluminante
descrizione. Il documento parla del viaggio di un certo Yeshua Ben
Padiah nel regno celeste, accompagnato da un angelo chiamato Panameia.
Lenigmatico viaggiatore celeste, dopo avere attraversato le
porte di un palazzo, avrebbe contemplato le varie parti del cielo.
Nel Rotolo dellAngelo viene poi raccontato il comportamento
morale che contraddistingue i figli della luce da quelli delle tenebre,
binomio antropologico tipico dei testi principali di Qumran. «Nelle
sezioni di testo visionate precisa il professor Venturini
si descrive anche lorigine di un essere umano nel grembo
materno. Luomo, si legge nel manoscritto, trae origine dallunione
di due semi, quello maschile e quello femminile, ciascuno fornendo
le proprie informazioni alla conoscenza (oggi noi diremmo codice
genetico) della combinazione che produce lessere umano».
In alcune parti, si racconta come Dio creò il mondo, e sono
elencate le proprietà curative di alcune erbe.
Nel documento si riscontrano concezioni teologiche e filosofiche
che fanno venire alla mente altri manoscritti di Qumran, e, in molti
casi, il Nuovo Testamento. Lautenticità del Rotolo
e la sua datazione (probabilmente ci troviamo di fronte a un testo
del primo secolo dopo Cristo) non potranno essere del tutto confermate
fino a che non si potrà prendere in esame il testo reale
(oppure le fotografie) e non le sue trascrizioni. Se però
fosse autentico e così antico, esso rivestirebbe unimmensa
importanza per far luce sullambiente storico e sul contesto
culturale in cui nacque il Cristianesimo. Lattesa per la pubblicazione
del testo integrale è dunque enorme e comprensibile, e si
spera che sia realizzata quanto prima possibile. Potrebbe trattarsi
davvero della scoperta archeologica del secolo.
Se si trattasse di un falso, sarebbe stato confezionato da una persona
con uneccellente conoscenza del linguaggio e dei temi di Qumran.
I dati paleografici, ovverosia il tipo di grafia ebraica, ricavati
da chi ha analizzato il Rotolo dellAngelo, lo fanno risalire
al primo secolo della nostra èra. Questa datazione è
stata confermata dallanalisi della pergamena al carbonio radioattivo.
Se si seguisse lipotesi del falso, secondo Venturini dovremmo
affermare che lautore ha una conoscenza dellebraico
e dei temi di Qumram fuori del comune, e che aveva a disposizione
una cospicua quantità di pergamene non scritte, antiche di
duemila anni. E ciò appare altamente improbabile.
Un Dio per amico
Linatteso Messia
Un umanissimo dubbio, una domanda angosciata. Giovanni il
Battista non aveva avuto incertezze nellindicare il
Gesù di Nazareth come «colui che deve venire»,
cioè il Messia. Poi, dal buio del carcere nella fortezza
di Macheronte, dovera stato gettato su istigazione di
Erodiade, manda alcuni suoi discepoli da Gesù per chiedergli:
Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne
un altro?
Che cosera successo? Che il Nazareno aveva sconvolto
le sue previsioni: invece di annunciare con parole tremende
comegli stesso faceva il giudizio di Dio
a cui sottrarsi con la conversione per sperare nella salvezza,
Gesù aveva cominciato con la misericordia. Non era
affatto quel Messia vendicatore di Dio, di cui era stato precursore.
Gesù conferma il ribaltamento di prospettiva. Assicura
di essere il Cristo facendo parlare i fatti. Chiede ai discepoli
del Battista di andare a riferire quello che vedono e odono:
dunque, segni visibili e tangibili. Si tratta di sei prodigi
della regale misericordia di Dio: per ciechi, zoppi, lebbrosi,
sordi, morti e poveri. E, per ultimo, il segno decisivo:
Beato chi non si scandalizza di me!
Lavvento di questo Cristo sorprende, quindi, anche il
suo precursore, che pure gli aveva preparato bene la strada.
E un ribaltamento di prospettive. Anche il Battista
ha dovuto rivedere la sua aspettativa. Dio viene con sorpresa,
inatteso nei tempi e nei modi. E se Giovanni, ormai prossimo
al martirio, è «più che un profeta»,
esaltato come «il più grande dei nati da donna»,
posto quindi come sigillo dellAntico Testamento, «tuttavia,
il più piccolo nel regno dei cieli è più
grande di lui». Duplice lezione: cercare Dio, ma non
pretenderlo a nostra misura; leggiamo i segni della sua presenza,
perché se non sappiamo scorgerli evidentemente non
siamo sulla sua lunghezza donda.
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Un Dio per amico
Il senso della fede
Nelle drammatiche sequenze di questi ultimi anni, la parola
fede è stata associata alle esperienze
più diverse, persino a quelle più folli. Si
è parlato di guerra di religione, di fedi in conflitto.
Si è voluto sapere di più sullIslam. Perciò,
forse, non è inutile ripensare a che cosa significhi
credere anche per il cristiano, erede e testimone della fede
che ha segnato di sé il destino dellOccidente
e di gran parte del mondo. Due parole del Messia possono guidarci
in questo cammino: «Gli dissero gli apostoli:
Aumenta la nostra fede! Il Signore rispose: Se aveste
fede quanto un granello di senapa, potreste dire a questo
gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe,
potreste dire a questo monte: spostati da qui a là,
ed esso si sposterebbe». Nessun gelso ci ha ascoltati,
nessuna montagna si è spostata.
Dovè, allora, sulla terra, la fede di cui ha
parlato il Messia? E forse nel dolore straziante delle
vittime e dei sopravvissuti del terrorismo e delle guerre?
E nel grido inarticolato di chi resta schiacciato dallingiustizia
e dalla violenza dei suoi simili? Perché il silenzio
di Dio davanti al dolore del mondo? Debolezza della fede o
indifferenza divina? Durezza del cuore umano o del cuore di
Dio? Perché questa assenza di segni? Le domande potrebbero
continuare, facendosi eco della fatica di credere che pesa
su molti cuori sfidati dalle tante repliche negative della
storia del mondo e della vita personale allaudacia della
fede.
Sono queste domande, però, a consentirci di dire che
cosa è e che cosa non è, per il cristiano, la
fede. Credere non è, anzitutto, assentire a una tesi
chiara, evidente, a un progetto privo di incognite e di conflitti:
non si crede a qualcosa, che si possa possedere e gestire
a propria garanzia e piacimento. Credere è fidarsi
di qualcuno, assentire alla chiamata dello straniero
che invita, rimettere la propria vita nelle mani di un altro,
perché sia lui ad esserne lunico, e vero Signore.
Una suggestiva etimologia medioevale legge credere
come cor dare, dare il cuore: crede chi si lascia
far prigioniero dellinvisibile Dio, chi accetta di essere
posseduto da Lui nellascolto obbediente e nella docilità
più profonda del cuore. Fede non è possesso,
garanzia, sicurezza; è resa, consegna, abbandono. Credere,
perciò, non è evitare lo scandalo, fuggire il
rischio, avanzare nella serena luminosità del giorno:
si crede non nonostante lo scandalo e il rischio, ma proprio
sfidati da essi e in essi; chi crede cammina nella notte,
pellegrino verso la luce. La sua è una conoscenza nella
penombra della sera, non ancora un conoscere nello splendore
della visione. «Credere afferma Kierkegaard
significa stare sullorlo dellabisso oscuro, e
udire una Voce che grida: Gettati, ti prenderò fra
le mie braccia!». Ed è sullorlo di quellabisso
che si affacciano le domande inquietanti: se invece di braccia
accoglienti ci fossero solo rocce laceranti? E se oltre la
siepe non ci fosse nientaltro che il buio del nulla?
Credere è resistere e sopportare sotto il peso di queste
domande: non pretendere segni, ma offrire segni damore
allinvisibile Amante che chiama. E allora credere è
un perdere tutto? E non avere più sicurezza,
né discendenza, né patria? E un rinunciare
a ogni segno e ad ogni sogno di miracolo? Rispondere sì
a queste domande sarebbe cadere nella seduzione opposta a
quella di chi cerca segni ad ogni costo; sarebbe un dimenticare
la tenerezza e la misericordia di Dio; sarebbe persino un
rischiare il buio della ragione, proprio di ogni fondamentalismo.
Cè sempre un Tabor per rischiarare il cammino:
un segno ci è stato dato con la Resurrezione, viatico
ai pellegrini, conforto agli incerti, strada agli smarriti.
Testimoniare la fede non è dare risposte già
pronte; è contagiare la pace; accettare linvito
non è risolvere tutte le oscure domande, ma portarle
allAltro e insieme con lAltro. Il credente resta
per tutto il tempo dei suoi giorni nientaltro che un
povero ateo che si sforza sempre di nuovo di cominciare a
credere. E proprio così la sua fede può essere
umile e vera, audacia di un possibile, impossibile amore:
impossibile alluomo, possibile a partire da Dio, come
grida la silenziosa eloquenza di un Francesco, di una Teresa
di Calcutta, di un Martino che divide il mantello...
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Da parecchi anni, studiosi di tutto il mondo sostenevano che, da
qualche parte in Europa si trovasse un manoscritto del tutto simile
a quelli del Mar Morto. Poco prima di morire, padre Matheus Gunther
volle rivelare il suo segreto ad un amico israeliano, il quale,
senza informare la comunità scientifica, ne starebbe curando
la pubblicazione. Se dovesse rivelarsi veramente autentico, il Rotolo
dellAngelo avrebbe una rilevanza assoluta anche sotto il profilo
della storicità dei Vangeli, per la consapevolezza dellunicità
del messaggio di Gesù.
Da quello che già conosciamo del nuovo testo del Mar Morto,
emergono pure dei paralleli con i Vangeli sinottici: «Il manoscritto,
a quanto pare sostiene Venturini contiene fra laltro
una sezione profetica che preannuncia lassedio di Gerusalemme
e del suo Tempio, insieme alle sofferenze dei giusti. Anche Gesù
parla dellassedio della città e della distruzione del
Tempio. Se lautenticità e la datazione del Rotolo dellAngelo
venissero confermate sulla base di un esame diretto e accurato del
manoscritto, allora si potrebbe pensare che le profezie di Gesù
sullo stesso argomento riportate dai sinottici (Marco, capitolo
13, versetti 1 e seguenti; Matteo, capitolo 24, versetti 1-3; Luca,
capitolo 21, versetti 5-7) siano ben più radicate nel mondo
giudaico di quanto si pensi e non siano semplicemente delle riflessioni
delle comunità giudaico-cristiane compiute dopo laccadimento
di quei drammatici eventi».
Del resto, anche gli altri manoscritti del Mar Morto, quelli la
cui autenticità e
antichità sono riconosciute da tutti, non fanno che confermare
indirettamente dati fondamentali della fede cristiana, quali lidentità
umana e divina di Gesù di Nazareth, la straordinarietà
di ciò che Cristo fece e insegnò, le caratteristiche
fondanti della comunità che egli creò. Sono realtà
pienamente evidenti nei Vangeli sinottici letti e interpretati alla
luce dei manoscritti di Qumran.
AllÉcole Biblique di Gerusalemme sono convinti che
la vita della primitiva comunità di cristiani sia molto più
comprensibile se la si interpreta tenendo conto dei manoscritti
di Qumran, trovati mezzo secolo fa negli antri incombenti sul Mar
Morto. A questi antichissimi testi, quindi, sta per essere aggiunto
il misterioso, quanto affascinante, Rotolo dellAngelo.
Naturalmente, il dibattito è aperto a tutto campo. Compreso
il terreno del confronto con altri testi, meno noti ai più,
ma ben conosciuti dagli studiosi. Qualcuno dei quali si stupisce
dello stupore, e sostiene che ancor di più «stupisce
la volontà di stupire». Giochi di parole a parte, il
discorso è questo: da decenni è ormai noto che i manoscritti
del Mar Morto contribuiscono in modo decisivo a comprendere meglio
il Nuovo Testamento e a precisare il quadro culturale e teologico
del giudaismo fino al 70, vale a dire il periodo in cui hanno vissuto
Gesù (morto intorno al 30 della nostra èra) e i suoi
discepoli, e in cui si sono formate le tradizioni poi confluite
nella redazione degli scritti neotestamentari.
Sono praticamente innumerevoli i passi, le frasi e i concetti del
Nuovo Testamento che possono trovare paralleli o somiglianze e comunque
ricevere illuminazione da testi provenienti dalle grotte di Qumran.
Del resto, la più recente ricerca sul Gesù storico
si orienta nellindividuazione dellebraicità del
Cristo: Gesù era un ebreo della prima metà dellèra
volgare. Questo obbliga a conoscere i giudaismi del
tempo e le testimonianze letterarie che ci hanno lasciato. Allora,
accanto ai manoscritti del Mar Morto occorre mettere i cosiddetti
apocrifi dellAT, anchessi importantissimi
per comprendere la figura di Gesù; né si può
tralasciare la testimonianza della Mishnah che, seppure redatta
più tardi (nel 200 dopo Cristo), contiene tradizioni molto
più antiche.
E certamente ipotizzabile che la formazione culturale di
Gesù abbia risentito in maniera importante di un ambiente
essenico, ma sono significative anche le distanze e le differenze
che separano Gesù dal mondo teologico e culturale che possiamo
conoscere a partire dai testi qumranici. Lidea che il Cristianesimo
sia stato un «essenismo che ha avuto successo» (come
aveva sostenuto Ernest Renan) è stata riconosciuta come semplicistica.
Il problema, allora, non è tanto quello di entusiasmarsi
al sapere che in un inedito testo qumranico, forse databile al primo
secolo dopo Cristo, sono contenute la narrazione di unascesa
al cielo (secondo il diffusissimo modello apocalittico attestato
in molti Apocrifi dellAT) di un personaggio sconosciuto e
una profezia della distruzione di Gerusalemme (analoga a quella
pronunciata da Gesù, secondo i Vangeli sinottici).
Già Geremia aveva profetizzato contro il Tempio (Geremia,
7) e prima di lui, a testimoniare una vera e propria tradizione
profetica, anche Michea (Geremia 26, 17-19; Michea 3, 12), e dopo
di lui un certo galileo, Yeshua (Gesù) ben Anania, martirizzato
per aver predicato contro il Tempio nel 62 dopo Cristo. La ricerca
storica si nutre di prudenza, non di sensazionalismo. Pertanto,
è giusto attendere pazientemente lesame diretto del
frammento che, se falso, (cosa che sembra abbastanza improbabile)
non inciderebbe più di tanto sulla fede e sulle stesse redazioni
evangeliche.
Anche perché sono state riscontrate già notevoli
analogie tra i testi qumranici e i libri neotestamentari, in modo
particolare nel noto frammento 7Q5.
Resta il fascino della scoperta. E resta la speranza di ritrovare
altre pergamene fra le colline e le grotte grigiochiare che sovrastano
il mare senza vita che si allarga in una delle più profonde
depressioni del mondo, nella sorprendente terra di Palestina. Scoperte
occasionali o ricerche portate avanti con metodo scientifico che
siano, in unarea che sulla spina dorsale di una strada di
terra battuta fa intravedere un convento incastonato nella roccia,
da una parte, e le rovine della cittadella degli Esseni,
dallaltra, col miracolo delle canalette che un giorno vi portavano
lacqua e facevano fiorire il deserto di Giuda, è certo
che altro materiale archeologico potrebbe emergere, oltre le undici
grotte conosciute e frugate; se è vero, come sembra vero,
che il frammento emerso nel convento tedesco era stato rinvenuto
in direzione diametralmente opposta rispetto a quella degli altri
frammenti (questi a nord-ovest, quello a sud-est), non è
improbabile che le indagini vengano svolte in recinti e in perimetri
diversi da quelli tradizionali. Forse è solo questione di
tempo, e di stabilità della regione, oggi coinvolta in vicende
politiche e di guerriglia che non consentono alcuna attività,
compresa quella del turismo. E figuriamoci se sia possibile impiantarvi
cantieri per gli scavi.
Sempre tenendo conto del fatto che per i cristiani i frammenti hanno,
sicuramente, valore di conferma dei testi evangelici, ma non è
che siano più rilevanti di tanto. Nel senso che il valore
più alto era e resta quello della fede, la stessa che ebbero
i discepoli e le pie donne che, di fronte al sepolcro vuoto, da
un Angelo ebbero lannuncio: «E risorto. Non è
qui». E credettero.
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