Le famiglie con figli minori hanno non solo una
probabilità più elevata
di essere povere,
ma di rimanerlo
più a lungo.
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Insieme con lInghilterra, il nostro è il Paese che
presenta il più alto tasso di povertà minorile. Le
stime presentate di recente dalla Commissione di indagine sulla
esclusione sociale nel suo Rapporto annuale indicano in un milione
e 704 mila il numero di minori poveri nel 2000, pari al 16,9 per
cento di tutti i minori: una quota più alta di quella rilevata
per gli individui adulti fino ai 64 anni e simile a quella riscontrata
tra gli anziani con 65 anni o più (16,7 per cento), anche
se il fenomeno non sembra attrarre altrettanta attenzione nel dibattito
corrente.
Di più, la povertà tra i minori e tra le famiglie
con minori presenta una tendenza allaumento negli ultimi dieci
anni, nonostante in generale lincidenza della povertà
sia rimasta sostanzialmente stabile a partire dal 1997, coinvolgendo
ogni anno circa il 12 per cento delle famiglie. Tra le famiglie
con figli minori, infatti, la diffusione della povertà è
passata dal 14 per cento nel 1997 al 15,1 per cento nel 2000. Sono
le famiglie con due e, soprattutto, con tre figli minori quelle
in maggiore difficoltà: nel 2000 era povero il 16,4 per cento
delle prime e il 25,5 per cento delle seconde. Esse sono concentrate
nelle regioni meridionali e nelle Isole, dove è povero il
27,4 per cento di tutti i minori, a fronte del 7,4 per cento nel
Nord e l11,3 per cento nel Centro.
Il rischio di povertà per i minori è massimo quando
nessuno degli adulti con cui vivono è occupato, rimane elevato
quando un solo genitore è occupato, e diminuisce sensibilmente
quando entrambi i genitori lavorano. Il sostegno alloccupazione
delle madri appare quindi uno strumento fondamentale di contrasto
alla povertà, sia nelle famiglie in cui sono presenti entrambi
i genitori sia in quelle in cui è presente la sola madre.
Le famiglie con figli minori hanno non solo una probabilità
più elevata, rispetto a tutte le altre, di essere povere,
ma di rimanerlo più a lungo. E un dato preoccupante,
che emerge dallanalisi dinamica della povertà effettuata
dalla Commissione sulla base dei dati del Panel Europeo delle Famiglie
e relativa al quadriennio 1993-96. La povertà quindi
colpisce la vita dei minori ben due volte: peggiorandone le condizioni
durante linfanzia e ladolescenza, e riducendone le opportunità
nel corso della vita da adulti.
Se il sostegno alloccupazione degli adulti, dei genitori,
è lo strumento principe di contrasto alla povertà
dei minori e delle loro famiglie, esso non appare sufficiente: sia
perché il fenomeno dei lavori a bassa remunerazione (e talvolta
anche a bassa protezione) non mette neppure tutti gli occupati al
riparo dalla povertà, sia perché non può essere
lasciato alla sola remunerazione del lavoro il compito di compensare
i costi che i genitori sostengono per allevare i figli.
E più che noto come nel nostro Paese, a differenza
che nella maggioranza dei Paesi europei, la questione del costo
dei figli non abbia ancora trovato forme di riconoscimento efficaci,
nonostante negli ultimi anni siano stati fatti alcuni passi in questa
direzione: accanto allassegno al nucleo familiare, uno strumento
tanto popolare quanto fortemente criticato e criticabile per la
ristrettezza della sua platea e la scarsa razionalità dei
meccanismi che lo regolano, nelle ultime finanziarie si è
proceduto con altri due strumenti: laumento delle detrazioni
fiscali e lintroduzione di un nuovo tipo di assegno, destinato
alle famiglie con reddito molto modesto e almeno tre figli minori.
Il primo strumento certamente realizza forme di equità orizzontale
tra chi ha figli e chi non ne ha, a parità di reddito. Tuttavia
non riesce a incidere sulla situazione delle famiglie povere e molto
povere, per la ben nota questione della incapienza. E una
questione già segnalata dalla Commissione lo scorso anno,
divenuta ancora più urgente con lultima Finanziaria,
con un ulteriore, generoso aumento alle famiglie a reddito medio-basso.
Il secondo strumento, lassegno per le famiglie numerose, è
stato introdotto nel 1999 e si è dimostrato efficace dal
punto di vista redistributivo. I dati presentati nel Rapporto della
Commissione mostrano come la distribuzione dei beneficiari si sovrapponga
quasi perfettamente alla distribuzione della povertà tra
i minori. Di più, la significativa riduzione dellincidenza
della povertà che si è avuta proprio tra le famiglie
con almeno tre figli minori nel 1999 e nel 2000 (pur continuando
a riguardare un quarto di queste famiglie), in controtendenza rispetto
al generale aumento della povertà tra le famiglie con minori,
costituisce un indicatore indiretto della sua, ancorché molto
parziale, efficacia nel contrastare la povertà. Per essere
più incisiva, dovrebbe allargare la platea dei beneficiari
ed essere ripensato negli importi.
Allo stesso tempo, occorre trarre indicazioni dalla sperimentazione
attuata e in corso di attuazione in alcuni comuni del reddito minimo
di inserimento, ai fini di una sua definitiva estensione e messa
a regime. Pur con i limiti e necessità di rimessa a punto
evidenziati dal lavoro di valutazione e messi in rilievo anche dalla
Commissione nel proprio Rapporto, esso si è rivelato uno
strumento di particolare importanza proprio nei confronti delle
famiglie con minori e dei minori stessi: non soltanto perché
ha fornito garanzie di reddito minime a famiglie prive di mezzi,
ma perché, impegnando i genitori in una riflessione sulle
proprie responsabilità e sui propri doveri, ha costituito
uno strumento efficace di contrasto allevasione scolastica,
incoraggiando anche il ritorno in formazione di adolescenti e giovani
che lavevano abbandonata troppo presto.
Non sappiamo se e come la persistenza e laumento della povertà
tra i minori e le loro famiglie riuscirà ad attrarre sufficiente
attenzione, per motivare politiche meno timide e possibilmente risolutive.
Peraltro, il contrasto alla povertà e ai rischi di esclusione
sociale delle generazioni più giovani costituirà uno
dei punti di attenzione nella verifica dellefficacia nelle
azioni di contrasto alla povertà che ogni Paese dellUnione
europea si è impegnato a sviluppare nel biennio appena iniziato.
Tenendo conto, per quel che ci riguarda più da vicino, che
a soffrire di più delle deficienze nazionali sono, tanto
per cambiare, le regioni meridionali e le Isole. Eterno discorso
del dualismo italiano, sempre duro a morire.
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