Può, questEuropa,
assicurarci
la stabilità esterna, così come ci assicurò
in passato la pace fra di noi?
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DellEuropa tutti avvertiamo i successi passati e le prospettive
future, ma tutti ne siamo insoddisfatti, al punto di pensare
come molti pensano che essa sia un patrimonio che potrebbe
addirittura disperdersi se le riforme a cui ci si accinge non fossero
allaltezza delleffettivo bisogno. Non è, questo,
un paradosso? No, non lo è: i successi sono una realtà,
perché è una realtà la pace saldamente introdotta
fra i Paesi europei, lo è il tessuto di valori che essi largamente
condividono, lo è labbattimento delle frontiere interne
e quindi il mercato unico, lo è leuro. Ma è
realtà anche il cambiamento intervenuto nel mondo intorno
a noi , fonte di nuove diverse minacce (vere e presunte) rispetto
a quelle del passato, lo sono i cambiamenti intervenuti nelle nostre
stesse società e nelle prospettive, ben meno certe di quelle
di un tempo, che esse offrono di sviluppo e di occupazione, lo sono
i timori che in questo contesto suscita lallargamento in buona
parte delle nostre opinioni pubbliche.
E mentre, quindi, cambiano le ansie, le aspettative e le domande
che si rivolgono ai governanti nazionali ed europei, unEuropa
già molto più larga di quella iniziale incontra crescenti
difficoltà a trovare soluzioni davvero comuni ed è
percepita come un coacervo di sedi istituzionali in cui tutti co-decidono
su tutto e raggiungono con fatica soluzioni che sono indecifrabili
sommatorie di brandelli di interessi nazionali diversi.
Può, questEuropa, assicurarci la stabilità esterna,
così come ci assicurò in passato la pace fra di noi?
Può giocare un ruolo nel mondo, per combattere davvero la
povertà e il terrorismo che della povertà profitta,
può difenderci dai cambiamenti climatici, dalla criminalità
organizzata, dagli esorbitanti poteri economici e finanziari che
cavalcano un mercato globale povero di regole e di istituzioni?
E può invece rafforzare le nostre economie, riducendo le
incertezze che su questo fronte gravano sulle nostre vite?
Perché queste sono le domande che distinto gli europei
rivolgono allEuropa, consapevoli che soltanto al di sopra
di ciascuno dei nostri governi nazionali si possono giocare queste
partite.
Ma questo non basta ad avere fiducia nellEuropa, al contrario.
Vengono insomma al pettine i nodi a cui prima accennavo: il bisogno
di unEuropa politica che esca dal pantano dei continui negoziati
intergovernativi e divenga la sede, legittimata da tutti noi, in
cui si assolve in chiave davvero comune alle missioni a cui nessuno
può provvedere da solo; il bisogno di unEuropa che
non abbia solo una più forte legittimazione democratica,
ma che sia capace di rispondere con trasparente efficienza alle
inquietudini dei suoi cittadini, tornando ad essere come
fu ragione di speranze e di concreti benefici largamente
diffusi; il bisogno di unEuropa in cui le riforme vengono
calibrate su queste finalità e a queste finalità effettivamente
rispondono (più che agli equilibri sovrastrutturali fra governi
e istituzioni).
Dovrà essere impegno dei prossimi anni, quello per cui il
Consiglio europeo di Laeken ha istituito la Convenzione, che dovrà
in primo luogo ascoltare (e in parte orientare) le opinioni pubbliche
sul futuro europeo e quindi formulare raccomandazioni per la conferenza
intergovernativa del 2004.
* Organo composto da 99 membri, la Convenzione
europea dal primo marzo 2002 ha iniziato a preparare i lavori
per la riforma della Ue, che saranno portati a termine da una
conferenza intergovernativa tra la fine del 2003 e linizio
del 2004.
Oltre al Presidente, Valéry Giscard dEstaing, e
ai due vice, Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene, ne fa parte
una folta rappresentanza di parlamentari: 30 provenienti dai
Parlamenti nazionali, due per ogni Paese membro, e 16 eurodeputati.
15 i rappresentanti dei Governi nazionali (uno per ciascuno
Stato membro) e 2 quelli della Commissione europea (il responsabile
delle riforme, Michel Barnier, e quello degli affari interni,
Antonio Vitorino). La Convenzione è aperta anche a 36
rappresentanti dei 12 Paesi candidati (uno del Governo e 2 parlamentari),
i quali però non potranno bloccare una decisione consensuale
concordata dalla Convenzione. |
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