Marzo 2002

IPOTESI PER LA RIPRESA

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Agevolare le imprese
Paul Samuelson Premio Nobel per l’Economia
 
 

 

 

Le cassandre
a tutti i costi
fanno paragoni
con il 1980, quando risentimmo dello shock petrolifero
e della scarsa
produttività.

 

 

Per scaramanzia, non voglio parlare di “recessione”, e meno che mai di “recessione globale”. Parlerò invece di limbo imprevedibile: siamo tutti in una zona economica grigia che rischia di diventare ancora più buia. I giapponesi da qualche anno, noi americani da parecchi mesi e voi europei insieme con noi: tutti nella stessa barca. Con la crisi di Wall Street che, nel recentissimo passato, non ha fatto che peggiorare la situazione. Non è roba su cui scherzare: ci sono andati di mezzo anche i piccoli risparmiatori, i pensionati, e così via.
A dire la verità, mi aspettavo tutto questo. Vedevo arrivare il crollo del Prodotto interno lordo del Giappone e temevo un improvviso aumento della disoccupazione negli Stati Uniti. Chi non se l’aspettava era la Borsa, che poi ha accusato il colpo e ha perso un altro bel po’ di miliardi di dollari. Il fatto è che Wall Street aveva nutrito troppe aspettative sulla nuova economia. Quando ha cominciato a fare i conti, ha visto che troppe sue aziende non fornivano più profitti. E così non ha potuto evitare la caduta. In seguito è arrivata la crisi della vecchia economia, che aveva accumulato troppi inventari, e che ha dunque impedito alla Borsa di rialzarsi. Il resto lo ha fatto l’attacco terroristico a New York.
Malgrado tutto ciò, non intendo parlare di recessione. L’America è in ristagno. Ma non voglio fare della semantica: la reazione della gente è importante, c’è stata, e sembra continuare positivamente. E sinora l’economia è stata sorretta dai consumi, che non sono scesi più di tanto, anche se è impossibile prevedere il loro andamento nell’immediato futuro. Ora, i consumi americani sono fortemente legati all’edilizia, che è stata salvata dai ribassi dei tassi di interesse della Federal Reserve: la stragrande maggioranza degli americani deriva la propria ricchezza dalla casa. Fino a che il mercato edile resterà forte, i consumi reggeranno. Temo che possano calare, se cambia la tendenza. La caduta della Borsa ha danneggiato gli investimenti di capitale un po’ dovunque, e infatti si trova in difficoltà anche l’industria dei servizi, non più soltanto l’industria manifatturiera. Il ribasso dei tassi non serve a rilanciare gli investimenti. Ripeto: serve a difendere i consumi. Chi ha soldi non se la sente di rischiare in un panorama così incerto.
D’altra parte, la congiuntura internazionale non aiuta. In Asia sono impantanati anche Singapore e Taiwan, oltre al Sol Levante. In Europa, la Germania non va benissimo, come del resto la Francia e il Regno Unito, e l’Italia ha bisogno di riforme strutturali. L’America Latina perde colpi. Se anche il dollaro continuasse a deprezzarsi rispetto all’euro, cosa tutt’altro che certa, non potremmo contare su un aumento delle nostre esportazioni, perché quasi tutti i mercati globali sono in contrazione.

Come uscirne? Intanto, la Federal Reserve ha continuato ad abbassare i tassi, anche perché l’inflazione è bassa. La Banca centrale europea dovrebbe prendere esempio, continuando a fare altrettanto, perché l’Europa ha altrettanto bisogno, quanto noi. E deve adottare altre misure espansionistiche. In Italia, si devono ridurre le tasse sulle piccole e medie imprese. Da noi, in Usa, potrebbero rivelarsi utili altri sgravi fiscali. Nel migliore dei casi, otterremo risultati entro i primi quattro mesi del 2002. Chi aveva previsto riprese miracolose, si era semplicemente illuso. La china non sarà facile da risalire, anche se è stata imboccata la strada giusta e si sono fatti i primi, importantissimi passi avanti.
In questo senso, non è il caso di fare analogie col passato. Le cassandre a tutti i costi fanno paragoni con il 1980, quando risentimmo dello shock petrolifero e della scarsa produttività. Mi sembra eccessivo. C’è il cinquanta per cento di probabilità che riusciamo ad evitare il peggio. Ma è necessario che, nei limiti del possibile, coordiniamo le nostre politiche economiche.

   
   
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