In questo film Totò compare vestito
da Pulcinella,
quasi a dire che lui è il nuovo Pulcinella,
la maschera
napoletana
per eccellenza.
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Dal 1946 in poi, Totò ha imparato a fare del cinema, tanti
sono i film che ebbero successo, o comunque ha imparato a scegliere
i registi dei propri film. Troviamo, infatti, nomi come quello di
Carlo Ludovico Bragaglia, Mario Mattoli, Luigi Comencini, Mario
Monicelli e Stefano Vanzina, che davano pieno affidamento per i
film da farsi. Ciò vale anche se Carlo Ludovico Bragaglia
lasciò Totò dopo 47 morto che parla, che
è del 1950. Ma, soprattutto, Totò ha imparato a conoscere
se stesso e le proprie straordinarie qualità comiche.
Va detto a questo punto che quasi tutti questi film hanno un riferimento
alla realtà contemporanea, sia quella politica sia quella
non politica.
Fifa e arena, del 1948, è di Mario Mattoli e
ricorda Sangue e arena interpretato da Tyron Power.
Già in questo cè un riferimento alla realtà
contemporanea, perché il film interpretato da Tyron Power
era molto visto nel tempo in cui fu fatto Fifa e arena.
Montecitoros, il club taurino femminile che concede
a Nicolete (Totò) il privilegio di entrare nellarena,
è una corruzione di Montecitorio, e infatti una sovrascritta
avverte che tutti i Montecitoros sono uguali, tanto
è il vocio che da esso proviene.
Totò al Giro dItalia è del 1948.
E anchesso di Mario Mattoli. Uscì nello stesso
anno di Fifa e arena. Totò comincia a realizzare
più di un film allanno. Giancarlo Governi in occasione
del programma Rai Totò cento film, naturalmente/opera (quasi)
omnia, da lui curato, nel presentare questo film ha detto più
o meno che Totò univa il pubblico italiano attorno al suo
nome, mentre Coppi e Bartali lo dividevano.
Il riferimento alla realtà politica contemporanea è
dato dal fatto che Totò, parlando al diavolo al quale ha
ceduto lanima per vincere il Giro dItalia, fa un cenno
ai sindacati e alla magistratura del lavoro. Inoltre nel corso di
una tappa del Giro dItalia, Totò si trova a fare il
saluto comunista, al quale rispondono i membri del ristoro del Giro.
In I pompieri di Viggiù, del 1949, sempre di
Mattoli, il riferimento alla realtà contemporanea è
dato dal tema del film, che è il teatro di varietà,
molto in voga al tempo in cui il film fu girato, e che è
un residuo della teatralità degli anni Trenta.
Nel film compaiono come attori i capi, e donatori del proprio nome,
delle più note compagnie di rivista del tempo, da Carlo Dapporto
a Wanda Osiris, da Nino Taranto allo stesso Totò. Sembra
che questultimo guardi con simpatia al teatro di rivista e
con nostalgia allavanspettacolo, del quale è stato
un maestro.
Yvonne la Nuit è del 1949. E tra i film
più deboli interpretati da Totò. Ricorda da vicino
Cavalleria di Goffredo Alessandrini, che è del
1936. Forse Totò, o per lui Giuseppe Amato, il regista del
film, si aspettava che nessuno prendesse in considerazione questa
pellicola, sia perché era del periodo fascista, sia perché
Alessandrini era epurato. Alessandrini era stato il primo marito
di Anna Magnani. Nel film interpretato da Totò a ricordare
il film di Alessandrini ci sono i cavalli e i cavalieri, i lancieri
a cavallo che fanno una carica contro lartiglieria nemica,
cè persino un riferimento al cuore gettato oltre lostacolo,
che poi il cavaliere deve raccogliere.
Cè anche unimitazione della commedia di Eduardo
Napoli milionaria, del 1945, dalla quale è stato tratto il
film Napoli milionaria, dello stesso Eduardo, e della
quale abbiamo già parlato a proposito di Mario Alicata, che
volle esprimere il suo giudizio su Eduardo facendolo apparire su
Rinascita, e della quale riparleremo. Il film interpretato da Totò
imita la commedia di Eduardo, quando Totò appare vestito
da soldato a Yvonne per darle la lettera in cui le comunica il suo
amore. Ricorda troppo la commedia di Eduardo, nella parte in cui
Gennaro Iovine, interpretato da Eduardo stesso, appare vestito da
soldato a un portinaio e gli racconta dessere stato prigioniero
in diversi Paesi dopo aver seguito il consiglio datogli da quel
portinaio, il quale gli aveva detto che bastava fare un percorso
semplice per tornare a casa, il che non era vero, anzi proprio facendo
quel percorso era stato fatto prigioniero dai tedeschi. Lunica
cosa che cambia è che Totò è pronto a partire
per la prima guerra mondiale, mentre Eduardo sta facendo la seconda,
ma, a parte questo, tutto si svolge allo stesso modo. Cè
nel film di Giuseppe Amato anche un riferimento alla precedente
attività teatrale di Totò con la macchietta di Ciccio
Formaggio che suscita le risate di una donna prosperosa che è
tra il pubblico.
Di Totò cerca casa Giancarlo Governi disse:
«E un film di svolta». Il riferimento alla realtà
contemporanea è, infatti, immediato, perché tratta
la ricerca di alloggio che assillava gli italiani. Il film, realizzato
da Monicelli e Stefano Vanzina, noto come Steno, i quali avevano
collaborato alla sceneggiatura del film con Agenore Incrocci e Furio
Scarpelli, noti al pubblico come Age e Scarpelli, è del 1949.
Tratta in tono farsesco, per dirla con Giancarlo Governi, il tema
della ricostruzione. Ma molti sono i riferimenti alla realtà
contemporanea, a cominciare dalla serie di partiti (socialdemocratico,
monarchico, repubblicano), ai quali Totò dice di appartenere
rivolgendosi alla misteriosa donna alla quale deve fare il ritratto,
per arrivare alla mania per i monumenti che caratterizza lItalia
del dopoguerra e agli ospedali come luogo di riposo.
Cè anche un riferimento al clima antifascista del tempo,
quando Totò, che fa la parte dellimpiegato dellanagrafe,
chiede al contadino che gli si presenta cosa voglia e il contadino
gli risponde che è lì per denunciare la nascita di
un bambino che i genitori intendevano chiamare Franco, ma Totò
lo sconsiglia perché si poteva equivocare col dittatore spagnolo,
allora il contadino propone Umberto, ma Totò sconsiglia anche
questo nome, perché si poteva equivocare con Umberto di Savoia,
il re di Maggio. Alla fine Totò consente che un nome venga
dato al fantolino, come definisce il neonato.
Totò le Mokò è del 1950, ed è
di Carlo Ludovico Bragaglia. Giancarlo Governi, nel presentare il
film per la Rai, ha detto che il film trae spunto dal film di Duvivier,
che ha diretto i primi film di Don Camillo e Peppone, Pepé
le Mokò. Tra gli attori, cè Luigi Pavese, che
fa il generico, come in molti film di Totò, e non la spalla
di Totò; cè anche Mario Castellani, la vera
spalla di Totò. Questultimo canta la Mazurka
di Totò, che, musicalmente, ricorda quella della Nonna,
che Totò canta in San Giovanni decollato.
In Limperatore di Capri, che è del 1950,
ed è diretto da Luigi Comencini, il riferimento alla realtà
politica contemporanea è rappresentato da un tentativo di
Totò di prendere il vaporetto per Capri, mentre è
in atto uno sciopero. E un marinaio del vaporetto a ricordarlo
a Totò, chiamandolo crumiro, e Totò gli risponde che
quello dei marinai è un atteggiamento antituristico, mentre
cerca di ammansire il marinaio, un energumeno, che però si
arrabbia di più costringendo Totò a ripararsi dalla
minaccia dei suoi colpi. Inoltre al personaggio, interpretato da
Galeazzo Benti, Totò si presenta come democristiano antemarcia,
per dire che essere democristiani è come essere fascisti.
Poi, verso la fine, Totò nomina addirittura Di Vittorio,
dicendo che ha un accordo segreto con Di Vittorio e Castellani il
quale ha dimenticato lo sciopero ricordando a Totò che la
moglie può raggiungerlo col vaporetto. Un altro riferimento
alla realtà politica contemporanea è rappresentato
dalla domanda di Totò a Dodo (Galeazzo Benti) che gli propone
di candidarlo la sera per lelezione di mister Capri, ma non
gli spiega di che cosa si tratta, per cui Totò ha ben ragione
di chiedere se loro eleggono un deputato, al che Dodo, Turacciolo
e gli altri rispondono che è una buona battuta.
E inoltre la prima volta che si sente la battuta: «Ho
fatto il militare a Cuneo» e «Siamo uomini o caporali?»,
che si sente due volte. Entrambe le battute sono state rese famose
da Totò, ma la seconda ha dato vita addirittura a un film
intitolato appunto Siamo uomini o caporali?.
In Totò cerca moglie, che è del 1950,
ed è di Carlo Ludovico Bragaglia, il riferimento alla realtà
politica contemporanea è uno solo, ma cè. Si
tratta del taxi che Totò prende tornando a casa sua dallAmbasciata
di Papillonia. Totò non ha i soldi per pagarlo e il tassista
gli propone di andare allambasciata a farsi pagare e Totò
approva dicendogli anche di farsi dare un po di danaro in
più per pagarsi da bere. E lo saluta chiamandolo compagno.
Quasi a dire che nel 1950 bastava pagare da bere a un tassista per
considerarsi suo compagno.
Ma, come dice Giancarlo Governi nel presentarlo, il film è
un ritorno agli sketch teatrali di prima della guerra. E infatti
una serie di scene teatrali a carattere farsesco, impostate in modo
da suscitare il riso, che sono anche esilaranti, ma restano teatrali.
In Napoli milionaria i riferimenti alla realtà
politica contemporanea sono tutti alla fine. Mentre il film si svolge
tutto in un vicolo di Napoli, abitato da una parte del popolo, che
rappresenta lintero popolo napoletano, lultima parte
si svolge nelle vie e nelle piazze più rappresentative della
città di Napoli, dove si svolgono manifestazioni di entrambe
le parti in lizza (i cattolici e le sinistre), con il risultato
che i politici appaiono su un piano superiore a quello del popolo
che vive nel vicolo.
Finale è pure la scena in cui Eduardo e Totò, alias
Gennaro Iovine e Pasquale, vengono presi per persone che stanno
dalla parte dei democristiani. Prima compare Totò, che è
stato affittato dai cattolici perché dicesse
soltanto due parole, per tacitare gli uomini della sinistra, che
avevano minacciato di far tacere con la forza loratore.
Ma, non sapendo cosa dire, fa un discorso che lo riguarda, e dice
che si trova lì, perché ha una famiglia da mantenere
e deve fare quel mestiere, toccando lanimo di Eduardo De Filippo,
ovvero di Gennaro Iovine, che lo conosce. Iovine, che deve andare
ad accogliere il figlio, arrestato tre anni prima, viene scambiato
per simpatizzante dei cattolici. Il figlio, ex ladro di automobili,
dice di essere passato dalla parte della legalità, e di non
tollerare che il padre si dimostri un borghese. Al che Gennaro Iovine
cerca di spiegare quale sia la verità, che cioè ha
solamente preso le parti di Pasquale-Totò, ma non viene creduto.
Figaro qua...Figaro là, del 1950, è tratto
da Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini, ed è di
Carlo Ludovico Bragaglia, che era fratello di Anton Giulio Bragaglia,
regista e fondatore del Teatro Interlandi, futuro direttore della
Difesa della razza, e di Arturo Bragaglia, attore caratterista,
che si è già trovato in Due cuori tra le belve,
ed è comparso in numerosi altri film.
E un film che vede due comici, Totò e Renato Rascel,
recitare fianco a fianco, forse per questo si risolve in una serie
di battute verbali di Totò. Totò si abbandona alla
sua serie di battute, e ciò sta a significare che il film
è, in fondo, teatrale e quindi statico, perché tale
lo rendono le battute che potrebbero ben figurare anche in unopera
teatrale, facendo lo stesso effetto che fanno in questo film.
La cosa interessante è che in questo film Totò compare
vestito da Pulcinella, quasi a dire che lui è il nuovo Pulcinella,
la maschera napoletana per eccellenza. Totò fa spesso la
gag di quando riceve un colpo o quando si spaventa: è come
se si intenerisse.
Totòtarzan, del 1950, è di Mario Mattoli.
Il tema è la critica alla civiltà moderna. Totòtarzan
viene portato in Europa, che è «la culla della civiltà»,
dice Mario Castellani e Totò osserva: «Cosè
questa civiltà?», come a dire che non conosce la civiltà.
Spartaco, personaggio interpretato da Tino Buazzelli, che Totò
chiama Spartacone o Spartacaccio, sincaricherà di fargli
conoscere la civiltà, ma Totò gli riserva un trattamento
sostanziato dallodio e dallantipatia, come se il portatore
della civiltà fosse lui, che la mostra nei suoi effetti che
consistono «nel far vivere come dice lui più
o meno luomo più comodamente».
Così presenta il letto, lascensore, il telefono, lacqua
calda e fredda dai rubinetti del lavandino e della vasca da bagno,
e tratta male Antonio Della Buffas, ovvero Totò, tutte le
volte che tratta male o dice male di un portato della civiltà,
tanto che Iva (Marilyn Buferd) dice a Stanis (Mario Castellani)
che Spartaco è troppo severo con la scimmia bianca, come
gli indigeni chiamano Totò.
Questi a sua volta spiega a Bongo, una scimmia vera, che «la
civiltà è tutto quello che non vuoi nel momento in
cui non ti serve» e appende il cartello guasto
al collo di Spartaco, che ha visto vanificata la sua spiegazione
«che lascensore è un dono del progresso, perché
serve a far salire luomo più comodamente», mentre
Totò si abbandona a crasse risate.
E indubbio che il film Totòtarzan sia una
critica del progresso, come pure è vero che il lato debole
di Totòtarzan siano le donne, come dimostra la maestra, che
esce dalla camera dalbergo di Totòtarzan discinta dicendo
che quelluomo, Totòtarzan, non ha bisogno dimparare
nulla, perché sa tutto (sulle donne), o il rapporto che sinstaura
con il gruppo delle donne indigene alla fine del film. Il film è
fatto di una serie di battute di Totò, ma, a differenza di
Figaro qua...Figaro là, la comicità viene
ottenuta con immagini visive.
E quello che avviene nella lunga scena riguardante larruolamento
di Totò-Antonio Della Buffas nel gruppo specialista commandos.
La scena si conclude con latterraggio di Totòtarzan
nel I campo Totòtarzanista mentre il barone Rosen si mette
daccordo con Stanis e Spartaco per uccidere Totòtarzan
e dividere leredità, al che Iva si ribella perché
ormai vuol bene a Totòtarzan, che raggiunge a Rivabella.
Ha saputo che Totò si trova a Rivabella dalla radio, che
ha trasmesso unintervista a Totòtarzan, fatta da un
radiocronista, nella quale lui dice che preferisce la giungla alla
civiltà, ripetendo ciò che ha detto a Bongo quando
lo ha ritrovato, che, cioè, è stanco della civiltà
e preferisce la libertà della giungla.
Alla fine del film Totòtarzan distrugge la radio che Bongo
ha acceso, per non utilizzare uno strumento che è reso possibile
dal progresso tecnico, e quando le donne gli portano «tutti
i conforti della civiltà» lui le accoglie con il lancio
di noci di cocco, per significare che non vuole quei conforti.
Ma ci sono anche riferimenti alla realtà politica contemporanea.
Sul treno Totò si spaccia, con il controllore, che gli ha
chiesto se sono deputati, per deputato dellMSI e fa passare
lo scimmione Bongo, che indossa un impermeabile e un berretto per
non essere riconosciuto, per un senatore.
Totò sceicco è un altro degli otto film
che Totò interpretò nel 1950. E di Mario Mattoli,
ed è uno dei più riusciti tra quelli che interpretò
lattore in quel periodo. E il più riuscito nel
senso che è tra i più divertenti e il più filmico
tra i film di Totò appartenenti a quel periodo, tanto che
ancora se ne ricordano le battute.
Totò rimette in discussione il mondo contemporaneo durante
la rassegna delle truppe arabe, e lo fa equivocando sulle risposte
dei suoi armati, come quando chiede ad un soldato le cause della
cicatrice che porta sul volto e il soldato risponde che è
stato un infedele, al che Totò osserva che le donne sono
o infedeli e basta oppure infliggono una cicatrice al malcapitato
che le ha scoperte infedeli. Alla domanda su come ha fatto a perdere
un occhio si sente rispondere dal soldato che ha dato un occhio
per la causa, e Totò, equivocando sulla parola causa
e credendo che si tratta di una causa giudiziaria, dice che le cause
costano e che gli avvocati vogliono farle perché sono loro
a guadagnarci; oppure facendo alcune cose di sua iniziativa, come
quando schiaffeggia un moro e se la ride dicendo a Castellani che
sta «castigando ridendo mores», equivocando sul significato
della frase del poeta latino Orazio, o come quando dice a Fatma,
la sorella del figlio dello sceicco, quindi sorella finta di Totò,
«Guarda o mare quantè bello, spira tanto
sentimento», riferendosi a se stesso, che si chiama Omar,
o come quando dice al suo aiutante, e lo dice anche per rendere
omaggio a Napoli, sua città natale, che il popolo inneggia
a lui non perché è il figlio dello sceicco, come ha
detto il suo aiutante, ma perché si sono accorti che lui
è napoletano e i meridionali hanno sempre avuto successo
allestero. Oppure quando a Fatma, che pur offrendogli il suo
amore gli dice più o meno: «Come osi toccarmi? Io sono
un membro duna famiglia di alto lignaggio», Totò
risponde più o meno così: «Oso, perché
io sono monarchico, e una mano lava laltra».
Ancora, quando Antonio-Totò e Gastone-Aroldo Tieri sono prigionieri
dei ribelli che li tengono nella sabbia del deserto, tranne la testa,
che sarà raggiunta dalle terribili lance dei
guerrieri ribelli, credendo di vedere i legionari accorsi in loro
aiuto Totò sostiene che non si può dire camerati,
perché sembra che quei legionari siano fascisti. Quando,
poi, nella necropoli in cui Gastone e Antonio cadono, trovano un
gatto finto, Gastone sostiene che il gatto è un animale mediterraneo,
mentre Antonio sostiene che è un gatto atlantico, equivocando
con il Patto Atlantico, che è stato firmato anche dallItalia,
e tra numerose polemiche, lanno precedente a quello del film.
47 morto che parla è del 1950, ed è lultimo
film che Carlo Ludovico Bragaglia fece con Totò. Da allora
infatti decise che con Totò non avrebbe fatto altri film.
Secondo Giancarlo Governi e il suo Ritratti, la rottura sarebbe
dovuta a Silvana Pampanini, che Totò conobbe in occasione
del film, al quale la Pampanini partecipò, e della quale
si innamorò follemente al punto che disse a Bragaglia di
farsi gli affari suoi dopo aver saputo che aveva detto alla Pampanini
che la moglie di Totò era bella, dolce e giovane, mentre
Totò parlava con la Pampanini in toni diversi di sua moglie.
Il film è tratto da un bozzetto di Ettore Petrolini, ma,
come dice lo stesso regista del film, Carlo Ludovico Bragaglia,
che lo esalta come un classico di Totò, dicendo che è
bellissimo, ma «era molto difficile farne un film. Allora
abbiamo preso lAvaro di Molière, almeno lidea,
e abbiamo fatto un miscuglio di Petrolini e Molière ed è
venuto fuori un film molto divertente». E qui Carlo Ludovico
Bragaglia ricorda la scena dellaldilà, che è
lunica proveniente da Petrolini e dice: «La scena dellaldilà
è stata girata a Pozzuoli, alle zolfatare. Se si accende
un pezzo di carta tutta la montagna fuma per dei canali sotterranei,
tutte le bocche sono collegate, non cera bisogno di mettere
dei fumoni artificiali, è tutto vero: bastava che vicino
alla macchina da presa si accendesse un gran falò, subito
tutta la montagna fumava».
Di Totò dice Ermanno Contini: «Sfortuna vuole che
non si abbia più troppa fede né fiato per poter credere
nellavvento di una vecchia Befana con un Totò diverso
da centodue-e-rotti Totò, già visti e dimenticati
in questi anni. Bisogna anzi aggiungere che non fui sicuro delle
novità comiche (di cui abbonda 47 morto che parla)
se non quando le risate a crepapelle della platea non mi costrinsero
a spalancare gli occhi su questa svolta veramente inaspettata
dopo una così lunga serie di delusioni dateci dallattore».
Il critico mette su un piatto della bilancia le risate a crepapelle
suscitate dal film nel pubblico, sullaltro piatto della bilancia
mette le delusioni avute da Totò nel corso degli anni, e
in tal caso pone le delusioni teatrali di Totò
negli anni Trenta sullo stesso piano di chi diceva che Totò
era mal diretto, perciò interpretava solo film commerciali.
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