Il Paese non ha
ancora introiettato il concetto di mercato,
che è stato
combattuto
da marxisti
e cattolici e ha finito per assumere
limmagine di
unisola del peccato.
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Se non è finita, la nostra Belle Epoque è profondamente
ferita dopo gli attentati di New York e di Washington. Ma i venti
di guerra e la tensione internazionale non possono far passare sotto
silenzio i problemi interni. Nel Paese resta forte la domanda di
diversità, che non può essere sospesa o disattesa.
Tuttavia lavvio di una stagione di riforme, ancora possibile
nella eccezionalità del momento, rischia di risultare sterile
se non si interviene sulle procedure e non si ha cura di innovare
cultura e formazione della classe dirigente (la genteel society,
fattore strategico nel governo dello sviluppo pensato in termini
di liberismo costituzionale).
E difficile coniugare uneconomia nuova con
forme arcaiche di tutela e di organizzazione. Già nel 1972
il banchiere umanista Raffaele Mattioli aveva creato una Associazione
per lo studio della formazione della classe dirigente dellItalia
unita che aveva il compito di studiare i comportamenti di
tutti coloro che erano impegnati nella «gestione degli affari
del Paese». Il progetto non decollò per la morte di
Mattioli.
Adesso il tema acquista nuovo spessore per la progressiva erosione
della mediazione politica e per laccresciuta qualità
richiesta al fattore umano nei cambiamenti sollecitati dalla new
economy.
Una recente graduatoria sulla crescita del fatturato delle imprese
europee, elaborata dallAssociazione Growth Plus, vede il nostro
Paese allultimo posto con 56 imprese classificate (49 al Nord,
7 al Centro, nessuna al Sud, tutte di dimensione medio-grande).
Si attendono dunque serie riforme strutturali, essendo esaurita
la possibilità di utilizzare il tradizionale binomio svalutazione-esportazione.
Ma per attivare uno sviluppo making sense and making money occorre
valutare equilibri e squilibri della crescita nellultimo mezzo
secolo, bisogni e valori che danno oggi identità alla nostra
società civile. Per rendere praticabile un impegno corale
di comportamenti individuali e collettivi, superando alcune espressioni
di storica arretratezza, dalle paratie classiste alla logica dei
modelli spartitori imposti dalle maggioranze politiche. Lattuazione
della legge sulle grandi opere è un esempio concreto di questa
esigenza. Il libro bianco del Touring Club Italiano, Un paese spaesato,
traccia una radiografia agghiacciante sullo stato del paesaggio.
Elaborata da geologi, urbanisti, giuristi, naturalisti, sottolinea
lurgenza di nuove sinergie tra pubblico e privato, capaci
di produrre una progettualità pluritematica con finalità
strettamente interrelate. Evidenziando la necessità di definire
nel pre-politico i valori fondamentali da porre a presidio della
comunità politica (non tutto è catalogabile nel processo
di legittimazione o delegittimazione politica, antico e attuale
vizio nazionale).
Si parla sempre più spesso di banca etica e di marchio etico
per la produzione industriale (lAvvocato Agnelli lo indica
tra le priorità necessarie). Questi nuovi valori economici
sono perseguibili se contestualmente si coltiva il concetto di dirigenza
etica. Cioè lesercizio di responsabilità
personali con motivazioni che abbiano come snodo centrale e misura
di riferimento il cittadino-consumatore-risparmiatore, la sua vita,
la sua dignità e la sua libertà (istanze riconosciute
dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea).
Da non confondere con i codici di autodisciplina, astratti itinerari
disseminati di trappole per funzionari scrupolosi. Da praticare
come testimonianza di una religione civile, diversa dal credo di
appartenenza, senza cedere alla tentazione quotidiana di coniugare
lovvio con la retorica. Ciò che è efficiente
non è più sufficiente.
E un monito che viene anche dalla tragedia americana, rendendo
evidenti i limiti dellillusione occidentale del progresso
tecnologico.
Si attendono sostanziali contributi al deprezzamento dellumanesimo
inumano espresso dal fondamentalismo di mercato e allaffermazione
di quel capitalismo naturale che, privilegiando la tutela
dellecosistema, rende vivibile e percorribile la terza rivoluzione
industriale (al declino dellera dellacciaio, del petrolio
e del silicio si accompagna lo sviluppo di tecnologie alternative-fibre
di carbonio, fibre ottiche, propellenti allidrogeno, energia
solare, ecc.). Passando dal primato della produttività del
lavoro, in un modello con risorse illimitate, al primato della produttività
delle risorse, nel modello emergente delle scarsità. Con
determinazione e senza traumi, ma con il ripudio del silenzio, facile
sostegno del potere costituito che ha dellinnovazione un concetto
mercantile di breve periodo.
Non sintende qui promuovere un ritorno al mondo francescano,
visto che diventa sempre più difficile vedere in giro un
saio. Si vuole solo evidenziare la necessità di strategie
economiche in cui la dirigenza si eserciti su nuovi
orizzonti valoriali, centrati su una forte caratterizzazione sociale
e sulla ricerca e limpiego di parametri interdisciplinari
nellanalisi economica (una precondizione dello sviluppo).
Nel lungo periodo ciò significa che la governabilità
del sistema deve privilegiare gli interessi della gente, non quelli
immediati del business. Lassenza di una riflessione etica
implica laccentuazione di forme estreme di egocentrismo dovute,
con buona probabilità, a un difetto di conoscenza più
che allassenza di solidarietà.
E noto il deficit di cultura di governo che in Italia investe
le istituzioni e il mondo degli affari. Conflitto di interessi,
moralità pubblica, rispetto della legalità, trasparenza
nei rapporti finanziari e nella gestione societaria sono tematiche
di diritto e di costume che riguardano tutte le sfere della politica,
delleconomia e delle istituzioni. Investono direttamente le
pratiche attuative dello sviluppo e indicano il vero spartiacque
tra unera crepuscolare e una di rinnovamento (la Transparency
International, autorevole organizzazione mondiale che controlla
landamento della corruzione nei vari Paesi, ha espresso ancora
giudizio negativo sullItalia. Su 10 punti ne ha assegnati
5,5 a Namibia, Estonia, Taiwan, contro i 9,9 della Finlandia, i
9,5 della Danimarca, i 9,4 della nuova Irlanda).
Cose non nuove se già Cavour nella fase formativa dello Stato
unitario sentiva la necessità di affermare: «Che furfanti
saremmo se facessimo per noi le cose che siamo pronti a fare per
lItalia» (Elogio delluomo politico di Frederik
S. Oliver). Ma cose sicuramente nuove e importanti per istituzioni
che oggi hanno responsabilità internazionali di primo piano
(Nato, G-8, Wto, formazione della futura Europa).
Fatti nuovi richiedono nuove opinioni, recita un vecchio adagio
inglese ispiratore della realpolitik. Emerge un modello complesso
di Società relazionale che a livello internazionale
crea un intreccio sempre più fitto di rapporti commerciali,
finanziari e culturali. Un fatto nuovo che mal sopporta il precariato
della governabilità, sia essa di centro o di periferia, internazionale,
regionale o locale.
La globalizzazione, tema ingombrante e insidioso della modernità,
fa crescere insieme ricchezza e disuguaglianza, ponendo seri problemi
di giustizia redistributiva. Come tutte le rivoluzioni, attenta
allautorità dei governi, senza produrre ancora forme
visibili di globalizzazione governata (più esattamente, senza
produrre unarea giuridica globalizzata).
Tuttavia, dopo i massacri dell11 settembre, è doveroso
registrare una battuta darresto. Di fronte ad uninedita,
grande alleanza contro lislamismo radicale, i movimenti delle
persone e dei capitali diventano più difficili per ragioni
di sicurezza.
Paradossalmente una nuova, possibile coalizione politica può
rallentare il processo di coesione economica (i soci hanno ancora
interessi molto diversi, soprattutto quando si cerca di disegnare
una nuova mappa del potere petrolifero).
In Italia le tensioni provocate dalla ricerca geopolitica di nuove
aree dinfluenza si aggiungono ai nostri mali endemici, avendo
un Nord in cui il particolare prevale sulluniversale e un
Sud in cui lantico sentimento del tragico continua a coniugarsi
al singolare, mentre la collettività avverte linquietudine
e il disagio dellesclusione. Si evidenzia nei fatti un vissuto
di costante incomunicabilità che stenta a dare corpo a formule
leggibili di codificazione nazionale (anche il traguardo delluguaglianza
digitale finisce per accrescere le differenze sociali perché
premia i più informati e scolarizzati).
Queste quotidiane condizioni di disagio, fortemente limitative
delle politiche di sviluppo, richiedono a livello di management
istituzionale e aziendale unaccresciuta sensibilità
verso la promozione di aree omogenee, coordinate da regole
che implicano un patto sociale condiviso. Sovente si commette lerrore
di ritenere che questo tema competa alla dialettica politico-legislativa.
Certamente le leggi sono necessarie ma in larga misura le regole
in questione hanno valenza aggregante e forte impatto sul costume,
perciò appartengono al momento pre-politico di cui fa parte
la cultura di governo (le funzioni possono variare ma dipendono
sempre dalla qualità del funzionario). Cest le
ton qui fait la musique! Anche a legislazione invariata.
Oltre alle questioni di merito esistono importanti questioni di
metodo, soprattutto quando leconomia globale veste i panni
di un potere trasversale che provoca fenomeni crescenti di relativismo
giuridico e normativo, evidenziando lusura delle leggi nazionali
e internazionali (un meta-potere, sostiene Ulrick Beck, che riduce
lautonomia dei governi a vantaggio di nuovi centri di potere
non rappresentativi).
Il Paese non ha ancora introiettato il concetto di mercato, che
da noi non ha mai avuto buona accoglienza. E stato combattuto
da marxisti e cattolici e ha finito per assumere limmagine
di unisola del peccato, di un Club per gli affari dei ricchi.
Ora la globalizzazione lo ha eletto giudice supremo cambiando, con
leclisse dellonnipotenza statale, le direttrici della
politica e della storia. Non siamo più agli albori di questo
fenomeno. Ci siamo tutti dentro, imbrigliati nei sofismi liberisti
e nelle maglie della protesta antiglobal (anche se la possibilità
dimporsi allopinione internazionale come soggetto politico
è molto frustrata dai toni romantici del nichilismo esistenzialista
e dalle procedure di guerriglia urbana che prevalgono nel movimento,
ancora lontano dal definire un suo statuto di universalità).
Le nuove circostanze ampliano di fatto la sfera delle libertà
economiche e ciò richiede aggiornamenti sostanziali e valori
etici allimpegno della classe dirigente, apprezzata più
per la capacità di creare valore, meno per labilità
nel tessere sottotraccia trame di potere (si legga la carta dei
valori di Federmanager che dà una definizione del manager
del terzo millennio).
Così, nel progressivo radicamento della devolution, è
normale che si affermi una forte dialettica tra autorità
centrali e periferiche, ma è compito della classe dirigente
(soprattutto del core business della Pubblica Amministrazione) dare
testimonianza di protagonismo sinergico e preservare dal declino
il concetto di Nazione, inteso come identità di cultura,
lingua, costumi e tradizioni.
Certamente lutopia di un potere assoluto della meritocrazia,
con il lavoratore che licenzia il datore di lavoro, non è
ancora a portata di mano.
Perciò un dibattito franco e civile su qualità e autonomia
della classe dirigente resta attuale e centrale nelle nuove strategie
di crescita, nella ridefinizione di ruoli ed equilibri dellordine
economico e istituzionale, nellarticolazione di nuovi scenari
di democrazia conseguenti alla destrutturazione dellapparato
statale.
Non si può disconoscere che la classe politica abbia prodotto
sostanziali innovazioni organizzative, surrogando i tradizionali
pensatoi di partito con strutture esterne più agili. Mutuando
lesperienza di prestigiose think tanks americane come lHeritage
Foundation o la Brookings Institution, sono state create Fondazioni
e Associazioni che in concorso con centri universitari hanno il
compito di mettere a punto i progetti più impegnativi. Ma
restano i buchi neri delle categorie storiche utilizzate per interpretare
la realtà, delle metodologie adottate nel lavoro di ricerca
e della cultura di governo, ampiamente omologata alle logiche di
regime.
Lanalisi economica risulta proiettata verso studi specialistici
e approfondimenti settoriali (domina lidea di un progresso
lineare), mentre dalla new economy, dalla tecnologia dellinformazione
e dalle problematiche ambientali arrivano sollecitazioni per nuove
filosofie gestionali e forti motivazioni di ricerca interdisciplinare
(anche la recente riforma universitaria sembra incoraggiare i tradizionali
steccati tra facoltà umanistiche e scientifiche).
Nelleconomia reale lintegrazione tra tecniche finanziarie
e nuove tecnologie accresce la collaborazione tra istituzioni finanziarie
e imprese. Mentre le strategie dellinnovazione disegnano percorsi
di competitività che, ponendosi sempre più chiaramente
a livello di macroregioni europee e mondiali, sollecitano istanze
nuove dintegrazione formativa e conoscitiva (per le responsabilità
operative sono sempre più richiesti i global executives).
Non a caso lultimo Nobel per leconomia è stato
assegnato a tre americani studiosi delle asimmetrie informative
nelle relazioni tra i diversi attori delleconomia (Michael
Spence, George A. Akerlof, Joseph Stiglitz).
Non si possono più ostentare successi prodotti dal modello
renano, lombardo o bretone. Sono in atto mutamenti radicali che
implicano nuove responsabilità anche nellesercizio
delle professioni e dovrebbero perciò sollecitare linteresse
degli ordini professionali. Linternazionalizzazione dei mercati
induce avvocati, ingegneri, commercialisti e altre figure professionali
a fare riferimento a studi esteri con frequenza crescente. La Fifa
(Federazione italiana del terziario avanzato - Confindustria) ha
valutato per il 2000 un deficit commerciale del settore del 50%
rispetto allanno precedente (mentre i primi cento studi legali
inglesi nello stesso periodo hanno fatturato 18 mila miliardi di
lire, di cui il 30% conseguito allestero). Proprio nel settore
legale, a fronte di una sovraesposizione del diritto amministrativo
(sconosciuto al mondo anglosassone) si fa notare una marcata sottovalutazione,
delle tematiche di diritto internazionale e comparato, con carenze
gravi per la pianificazione di strategie dimpatto economico-giuridico
sul territorio (si avverte ad esempio la necessità di conoscere
il diritto serbo, croato, albanese, per dare attualità e
impulsi nuovi ai servizi dimpresa).
Il valore aggiunto dellinformation technology risulta inoltre
superiore per chi lo utilizza rispetto a chi lo produce e ciò
consente di prevedere maggiore autonomia e potere negoziale per
gli addetti alle libere professioni (dovrebbero intensificarsi i
rapporti fiduciari di tipo orizzontale). Se incoraggiata, questa
prospettiva potrebbe avere rilevanza per una diversa gestione del
sistema-Paese, producendo una governabilità meno soggetta
alla gerarchia verticale, allinfluenza della politica istituzionalizzata.
Anche il management aziendale versa in condizioni di eccessivo
ossequio verso una proprietà che nonostante le privatizzazioni
continua ad essere di Stato, familiare o a struttura rigida, governata
dai patti di sindacato (i fondi pensione, le public companies e
lazionariato popolare hanno grandi difficoltà a farsi
largo). Le famiglie italiane detengono un quarto dei titoli trattati
in Borsa, ma al mercato si continua a credere poco. E da condividere
un giudizio recente di Le Monde: «... la Penisola sta trasformando
il suo capitalismo... ma è priva di nuovi imprenditori».
Produce più investitori finanziari (impegnati soprattutto
nei flussi di capitali di breve periodo) che veri imprenditori,
avallando una diarchia tra mondo bancario, sempre più chiuso
in un recinto autarchico, e mondo industriale, sempre più
esposto al rischio delle incursioni estere e al controllo di pochi
e noti gruppi nazionali.
In uneconomia fortemente personalizzata si fanno sentire tutti
i limiti dovuti allassenza di un management libero e di un
capitale libero. Uno stato di fatto che, in assenza di un mercato
dei manager, penalizza la formazione e la progressione di carriera
della categoria. Meno interna, gestita dagli uffici
del personale, e più esterna, con forme nuove
di mobilità interaziendale, costruita secondo criteri soggettivi
di pianificazione.
Sul piano della ricerca gli studi di organizzazione, management
e analisi dei processi decisionali si esercitano sempre più
sullinterazione tra obiettivi complementari e concorrenti
e avvertono maggiore sensibilità verso la psicologia cognitiva
e le valutazioni empiriche dei comportamenti economici (torna in
primo piano il pensiero di Herbert Simon e la sua teoria delle decisioni
razionali fondate sullintreccio dei saperi).
Grande attenzione viene anche riservata al glocalismo
(studio degli eventi globali e relativo impatto locale), evidenziando
lutilità di introdurre nel dialogo impresa-sindacato
le tematiche più care alla Società civile (salute,
ambiente, diritti dei consumatori). Avendo chiaro lobiettivo
di perseguire in ogni contesto la compatibilità tra economia
dei flussi ed economia dei luoghi, per non lasciare spazi territoriali
ai margini del benessere e della democrazia.
Mentre si concentra il potere economico, lanalisi economica
si interiorizza, scoprendo importanti connessioni tra i diritti
della persona (individuali e collettivi) e il mercato, termini apparentemente
contraddittori nellequazione classica delleconomia liberale.
Il nostro timore è che di fronte al fervore rinascimentale
che anima il governo, la gestione dello sviluppo segua percorsi
distorsivi già visti (si pensi ai poli industriali e ai danni
che hanno causato al Mezzogiorno). Anche per limmobilismo
di una classe dirigente che non ha un alto livello di credibilità
(il suo maggiore capitale) e non appare sufficientemente motivata
ad assolvere in autonomia quei compiti di vigilanza e impegno propositivo
che le sono richiesti in una moderna democrazia industriale.
E facile passare dal brodo ai cappelletti, più difficile
è passare dai cappelletti al brodo. Per produrre governance.
Oltre i riti del government, intrappolati in un arcipelago di tatticismi
politici imposti dalla frammentazione del potere. Facendo vivere
nei cittadini lillusione di non dovere sperare solo nella
extraterritorialità.
Nota bibliografica
Per saperne di più sul comportamento
amministrativo nel nuovo cosmopolitismo, sulle questioni culturali,
istituzionali, etiche prodotte dalla globalizzazione:
Herbert Simon, Il comportamento
amministrativo, Feltrinelli, 1999.
Sebastiano Maffettone, Etica pubblica, Il Saggiatore,
2001.
Amartya K. Sen, Lo sviluppo è libertà,
Feltrinelli, 2000.
Jürgen Habermas, La costellazione post-nazionale,
Feltrinelli, 2000.
Ulrich Beck, I rischi della libertà, Il Mulino,
2000.
Paul Hawken - Amory Lovins - L. Hunter Lovins, Natural
Capitalism, Fist Back Bay paperback edition, october 2000.
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