Laumento della temperatura muoverà
la vegetazione mediterranea verso nord. Lacqua diventerà
anche in Europa un bene scarso. I rischi delle fasce costiere eccessivamente
industrializzate.
I trend ambientali che disegnano il nostro futuro: nellultimo
mezzo secolo leconomia globale è cresciuta di sei volte
e la produzione di energie (e di emissioni di anidride carbonica
conseguenti) si è quadruplicata.
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Proprio quando sembrava
che per laccordo sul Protocollo di Kyoto non ci fossero più
speranze, allalba di una mattina di luglio, dopo infiniti
rinvii e sconsolanti delusioni, si è trovata una compromissione.
«Kyoto è salvo», hanno detto in molti. «Ma
il prezzo pagato è molto alto», hanno commentato altri.
Il problema ambiente non è stato del tutto abbandonato.
Si ricomincerà da qui.
I negoziati si sono sbloccati quando i Paesi dellUnione europea
hanno deciso di alleggerire il sistema di compliance,
vale a dire il regolamento delle sanzioni da comminare a quei Paesi
che non dovessero rispettare i parametri del Protocollo. Si è
deciso infatti di rendere volontaria ladesione al sistema
delle sanzioni, anziché vincolante, come prevedeva la formulazione
originale della bozza di compromesso.
Il Giappone ha detto sì, e il negoziato è così
giunto a una conclusione.
La struttura giuridica del Protocollo, in sostanza, rimane in piedi:
la riduzione delle emissioni di anidride carbonica non sarà
basata esclusivamente su interventi di riconversione, ma verrà
integrata dai cosiddetti sinks (foreste e boschi che assorbono il
biossido di carbonio); i Paesi industrializzati potranno fare uso
del commercio (o baratto) di permessi di emissione e di meccanismi
di cooperazione internazionale con i Paesi più poveri. E
per aiutarli a investire in tecnologie pulite, i Paesi industrializzati
si sono impegnati a versare entro il 2005 appena 320 milioni di
dollari, molto meno di quanto ipotizzato nelle prime fasi della
trattativa.
Insomma, una mezza resa agli Stati Uniti, che di riduzione delle
emissioni e di riconversioni non vogliono neanche sentir parlare,
in nome del loro sviluppo industriale.
Ma per noi, per lEuropa, quali sono i dati di fatto, e quale
la situazione?
Immaginiamo una linea retta che tagli il Mediterraneo da Gibilterra
al Bosforo, allaltezza della Sicilia: noi che stiamo al di
sopra saremo sempre più bagnati, quelli che si trovano al
di sotto sempre più aridi. Ma non pioverà a misura
delle nostre necessità. Saranno piogge torrenziali: improvvise,
intense, devastanti. Più che altro, alluvioni. Perché
una delle conseguenze del riscaldamento dellatmosfera (previsione
per lItalia: +3° in un secolo) è labbreviazione
del ciclo dellacqua, che evaporerà e ricadrà
sulla terra in tempi sempre più stretti e in quantità
sempre più concentrate. Così copiose, che non ci sarà
terreno capace di assorbirle in tempo reale. Ne abbiamo già
avuto qualche assaggio, nel nostro Paese che è una frana
continua. Che il tempo sia cambiato, possiamo misurarlo tutti con
i ricordi personali. Quanto sia cambiato, lo dicono i climatologi.
Un primo dato, inoppugnabile: la temperatura sale in maniera costante
e limpennata verso lalto è cominciata nella seconda
metà del secolo scorso con la ricostruzione post-bellica
e con il boom economico. E stato allora che i combustibili
fossili (carbone, petrolio, gas) sono stati bruciati a ritmi sempre
più rapidi, per alimentare le centrali elettriche e i motori,
le fonderie e il riscaldamento domestico. E da allora che
è iniziata nellatmosfera quella concentrazione di un
gas naturalmente innocuo lanidride carbonica
che però, in dosi eccessive, forma una cappa: leffetto
serra. Perché cè un altro dato, che viene studiato
a sé, anche se strettamente intrecciato allambiente:
in un secolo, la popolazione mondiale è triplicata. Due miliardi
di uomini negli anni Trenta, sei miliardi alla fine del 1900. Divoratori
di energia, quando non nei fatti, almeno nelle speranze.
Il clima, ama ripetere il geochimico americano Ray F. Weiss, esperto
nellelaborazione dei modelli climatici, è come una
grossa nave: impiega molto tempo a partire, molto tempo a fermarsi.
Per questo ci sono voluti decenni per capire che eravamo proprio
noi, con le nostre attività, a cambiarlo. La prova provata
è nei modelli matematici, dove la variabile immissione
di anidride carbonica nellatmosfera è di gran
lunga più destabilizzante di variabili naturali come i cicli
solari o lattività vulcanica.
Che cosa ci aspetti, è stato simulato ai computer migliaia
di volte ed è in parte già visibile. Sulle Alpi, ad
esempio: dal 1850 questi monti hanno perso metà dei loro
ghiacci. Nei prossimi cinquantanni ne perderanno un altro
25 per cento, quasi tutto il resto se ne andrà entro la fine
del XXI secolo. Con due tremende conseguenze: linstabilità
dei pendii al di sopra della linea degli alberi, e un brusco cambiamento
nel regime dei fiumi. Le montagne riforniscono dacqua la maggior
parte dei corsi fluviali europei Reno, Rodano, Danubio, e
da noi Po, Arno, Tevere , la cui portata dipende da quanta
neve si è accumulata durante linverno. Se nevica più
tardi e disgela più presto, i fiumi gonfiano a primavera
e si svuotano destate. E allora ne soffrono lagricoltura
e le reti idriche delle città.
Cè poi lo scenario delle coste, con un innalzamento
medio del livello del mare di cinque millimetri lanno. In
realtà, è difficile calcolare anche con approssimazione
dati più precisi, dal momento che nel conto entrano, con
laumento della temperatura, anche i movimenti della crosta
terrestre, i venti, le tempeste dogni tipo, la circolazione
oceanica, i picchi di caldo.
Non sarebbe un ploblema, se le coste fossero libere da insediamenti
umani. Invece la popolazione, lattività economica e
la terra fertile sono spesso concentrate nelle fasce costiere.
Limpatto del clima sulla salute non è meno drammatico:
caldo e umidità moltiplicano i vettori di malattie
infettive, come le zanzare e gli acari, e aumentano la concentrazione
di tutte le sostanze che infastidiscono le vie respiratorie. Ci
saranno sempre più malattie respiratorie o legate ai colpi
di calore, e sempre meno malattie da raffreddamento.
Anche gli animali e le piante risentiranno dello stress climatico:
dellaumento diretto della temperatura e dei suoi effetti indiretti,
come lumidità del suolo, gli incendi, la presenza di
erbivori e di parassiti.
Ma non entrerà in azione levoluzione, selezionando
gli individui più adatti al nuovo habitat? No. Si è
già visto, con grande sorpresa, che gli adattamenti evolutivi
sono molto rari. Le piante non mutano caratteri, ma si distribuiscono
diversamente. Salgono verso il nord.
Arrivano le palme, ci abbandonano gli abeti. E Darwin va a cuccia.
Dieci anni di contrasti tra Europa e Stati Uniti
1992 - Rio de Janeiro. Si chiama Earth Summit
la prima conferenza sullambiente organizzata dallOnu.
Si parla di riscaldamento della Terra, si fissa un obiettivo: ridurre
le emissioni dei gas ad effetto serra ai livelli del 1990 entro
il 2000. Gli Stati Uniti si oppongono.
1997 - Kyoto. Cinque anni dopo, la concentrazione nellatmosfera
dei gas ad effetto serra è aumentata e la scadenza per riportarla
ai livelli 1990 è differita di dieci anni. Lemergenza
è evidente, limpegno indispensabile. 180 Paesi firmano
il Protocollo di Kyoto. Ma poi quasi nessuno lo ratifica.
1998 - Buenos Aires. Le emissioni di anidride carbonica
crescono. Nella conferenza argentina si discute del come
applicare laccordo di Kyoto. Nessuno vuol toccare il vero
nodo, cioè luso forsennato dei combustibili fossili,
così si discute di meccanismi flessibili e di
commercio di quote.
2000 - LAja. La rottura tra Stati Uniti ed Europa
si consuma a novembre: gli americani, i più grandi divoratori
di energia del pianeta, accettano soltanto meccanismi flessibili
e ne inventano di sempre nuovi. LUnione europea si irrigidisce.
Pochi mesi dopo, il neo-presidente Bush afferma: Kyoto è
morto.
2001 - Bonn. Un mini-accordo salva il Protocollo. LEuropa,
sebbene accusata di eccessive concessioni, vara le misure anche
senza gli Stati Uniti. Lappuntamento è per fine anno,
a Marrakech.
I punti chiave dellintesa di
Bonn
Riconversione industriale: la via maestra
alla riduzione delle emissioni di gas serra è lasciata
nel vago. Si torna a discutere di energia nucleare.
Meccanismi flessibili: nella contabilità
nazionale di inquinamento/disinquinamento entrano anche il
commercio delle quote di emissione di gas tra
chi brucia più e chi brucia meno combustibili fossili.
Entrano anche i progetti di cooperazione internazionale con
i Paesi in via di sviluppo, per fornire tecnologie pulite.
Sinks: le foreste, intese come serbatoi
di compensazione, (le piante inspirano biossido di carbonio
ed espirano ossigeno), diventano una delle colonne portanti
per la riduzione dellanidride carbonica nellatmosfera.
Nella prima versione del Protocollo di Kyoto, la riforestazione
contava come disinquinante in maniera limitata.
Nel nuovo accordo, il ricorso a nuovi boschi è più
largo. Anche se non si parla del vero rischio: abbattere le
vecchie foreste e piantarne di nuove, perché le piante
giovani assorbono più anidride carbonica. Magari con
monocolture a crescita rapida.
Finanziamenti: il Fondo aiuti ai Paesi
in via di sviluppo diventa a contribuzione volontaria. LUnione
europea si impegna a versare, entro il 2005, la somma di 700
miliardi.
Rispetto degli impegni: un altro dei
punti critici. Nel Protocollo di Kyoto si prevedevano sanzioni
legali per quei Paesi che non avessero rispettato gli impegni
assunti. Ora si parla di generiche azioni di monitoraggio,
con sanzioni non obbligatorie né automatiche.
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