Dicembre 2001

L’EUROPA UTILE - 4

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Altre ricchezze del mare
Mario Pinzauti
 
 

 

 

 

Non è lontano
il giorno in cui
quella stessa
bandiera annuncerà che altre ricchezze del mare sono state poste al servizio
dell’uomo.

 

E’ largo quattro metri e mezzo, alto dodici e da alcuni mesi si immerge ed emerge, seguendo il moto delle onde, al largo della costa meridionale della Gran Bretagna, nello Stretto di Plymouth. Occhi di scienziati, canocchiali, strumenti per la rilevazione dei movimenti sono costantemente puntati su di lui. Di che si tratta? Forse di una versione marina dell’ormai mitico mostro lacustre del non lontano Loch Ness? Niente affatto, è qualcosa di più prosaico ma anche – almeno per le persone con i piedi sulla terra – di più interessante. E’ uno strumento attraverso il quale l’uomo lavora per mettere al suo servizio l’energia contenuta dal mare. Ed è anche una delle ultime manifestazioni dell’Europa utile di cui, da qualche mese, ci occupiamo su questa rivista.
Come abbiamo visto nei nostri precedenti articoli, l’Europa utile (così abbiamo definito l’insieme di iniziative per migliorare la vita dei 377 milioni di cittadini dell’Unione) è al lavoro per garantirci alimenti sani e gustosi, per portare il benessere in zone fino a poco tempo fa economicamente arretrate (quali quelle delle regioni montagnose), per aiutare gli imprenditori a vendere i loro prodotti su nuovi mercati internazionali. E anche, aggiungiamo oggi, per molto altro.
Tra il molto altro, cioè tra gli aspetti dell’Europa utile di cui dobbiamo ancora parlarvi, c’è la voce “mare”. E’ una voce che occupa tanto spazio nella geografia europea (solo due dei quindici Paesi dell’Unione, cioè l’Austria e il minuscolo Lussemburgo sono privi di coste marine), ha un’influenza notevole sul modo di vita di tanti cittadini, conta, e sempre di più, sul piano economico. 200 miliardi di euro (pari a 387 mila 254 miliardi di lire) sono il contributo che ogni anno è dato al Prodotto nazionale lordo dell’Unione europea dalle industrie e dai servizi che si avvalgono delle risorse che i mari possono fornire. E’ una cifra degna del massimo rispetto. Ed è meritevole di grande attenzione: soprattutto perché essa costituisce solo una minima parte di quanto, economicamente, il mare può dare ai cittadini dell’Europa. Si può perciò dire, senza rischiare l’esagerazione, che le acque marine europee costituiscono una grande, enorme riserva di ricchezze. L’Europa utile è impegnata per ottenere che, in tempi non troppo lunghi, questa riserva sia posta al servizio dei cittadini.
Ecco, tra i risultati di tale impegno, l’oggetto misterioso nello Stretto di Plymouth; ed ecco molte altre importanti iniziative.

L’oggetto misterioso – una grande boa dotata di una serie di strumenti per la rilevazione del movimento delle onde e dell’energia che tale movimento genera – è la sede di un esperimento ideato da scienziati dell’università di Plymouth, realizzato con i contributi dell’Unione europea (nel quadro del programma Craft) e con la collaborazione di ricercatori di altri Paesi dell’Europa.
Con questo esperimento ci si propone di trasformare in energia elettrica la forza generata dall’acqua.
L’idea non è nuova: come dimostrano le tantissime centrali idroelettriche da tempo operanti in vari Paesi europei, tra cui l’Italia. Finora però era stata realizzata con acque di fiumi, torrenti, bacini. Mai si era ricorsi al mare. Ora dovrebbe avvenire: e abbastanza presto.
Si attendono risultati importanti. Dovrebbero consentire un regolare e poco costoso rifornimento di energia elettrica a isole difficilmente raggiungibili e a installazioni artificiali (quali le piattaforme petrolifere) poste in mezzo al mare. In un secondo tempo la luce prodotta con le acque marine dovrebbe servire anche un certo numero di città costiere.
Siamo, lo abbiamo detto, in fase di esperimento, dunque non è ancora cosa fatta. Tuttavia l’esito è dato per sicuro, anzi scontato. L’oggetto misterioso, la grande boa di Plymouth, ha già permesso di rilevare che il movimento delle onde provoca notevoli spostamenti d’aria: che basterà indirizzare verso una turbina per azionarla e generare energia elettrica. Semplice, anzi elementare. O almeno così dice, attraverso altri ricercatori di Plymouth, l’Europa utile.
E l’Europa utile ci dice, attraverso altri ricercatori, che il mare dei Paesi dell’Unione può darci molto ancora. Ad esempio, con il turismo. Ad esempio, con la pesca. Ad esempio, con tanto altro. A condizione di rispettare il mare e di arrivare a una maggiore conoscenza delle sue risorse per utilizzarle al meglio e al massimo.
Verso questi obiettivi – sotto le bandiere dell’Europa utile – si muove un progetto discusso qualche mese fa a Bruxelles nel corso di un forum europeo sulle ricerche e tecnologie marine. Il progetto ha richiamato governi nazionali e istituzioni europee all’esigenza di dar vita a uno spazio europeo per la ricerca marina da realizzare tra l’altro con una rete comunitaria per osservazioni da terra, dal mare e dal cielo (attraverso satelliti).
In attesa dei consensi ufficiali a questa proposta (di cui si tornerà a parlare nei prossimi mesi) la maxiboa di Plymouth continua il suo lavoro, mentre hanno preso o stanno per prendere corpo altre iniziative: tra cui, per dimensione e significato scientifici, spicca la ricerca ERMS.
ERMS è la sigla di European Register of Marine Species, Registro europeo delle Specie Marine ed è il titolo di un’indagine – ma forse è più appropriato definirlo censimento – sulla quantità e le caratteristiche di quelli che potremmo chiamare “i popoli marini”, cioè gli organismi che vivono nelle acque dei mari e degli oceani dell’Unione. Finanziato con le risorse messe a disposizione dal programma europeo MAST il Registro è il risultato di un lavoro che è durato due anni, ha impegnato 23 organizzazioni di 10 Paesi comunitari, 170 scienziati (tra i quali un certo numero extraeuropei) e 600 analisti. Alla fine del loro lavoro, cominciato con la rilettura e l’analisi delle ben 842 guide già esistenti sulle specie marine, proseguito con indagini dirette, i ricercatori si sono trovati davanti a risultati che essi stessi hanno trovato sorprendenti.
Il censimento ha accertato l’esistenza nei mari europei di 29.713 specie, molte di più di quelle precedentemente rilevate. Particolarmente notevoli, per numero e interesse, quelle scoperte per la prima volta nei mari dell’Europa meridionali. E il censimento, secondo gli autori della ricerca, è tutt’altro che concluso. A loro parere, le profondità marine dell’Europa ancora nascondono molte, forse moltissime “unità tassonomiche” (gruppi di specie). Il lavoro dello staff dell’ERMS dovrà essere quindi continuato, dotato di maggiori mezzi e rafforzato nello staff.

Di nuovo dovrà pensarci l’Europa utile: che lo farà probabilmente nel quadro dello spazio comunitario per la ricerca marina, cioè di quell’unione europea degli esploratori e degli scienziati del mare di cui, come si è accennato prima, è stata sollecitata la costituzione. I benefici per i cittadini europei saranno notevoli. Le decine e decine di migliaia di organismi che abitano nei mari arricchiranno la nostra alimentazione, forniranno preziose sostanze per curare molte malattie, creeranno – nell’attività della pesca, in quella industriale, nella stessa ricerca – nuove occasioni di lavoro. Il mare diventerà così sempre più amico degli europei. Oggi la bandiera blu con le dodici stelle è, su molte spiagge, la garanzia di acque pulite data a chi, per le sue vacanze, sceglie i mari dell’Unione. Non è lontano il giorno in cui quella stessa bandiera – sulla boa di Plymouth, all’ingresso di fabbriche, di laboratori, in tante altre sedi – annuncerà che altre ricchezze del mare sono state poste al servizio dell’uomo: grazie all’Europa utile.

   
   
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