Dicembre 2001

ECONOMIA

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Imprese pugliesi, luci
e ombre dello sviluppo
Vito Primiceri
Direttore Generale della Banca Popolare Pugliese
 
 

 

 

 

Il nostro sistema produttivo,
proprio per la perdita di “peso” delle imprese medio-grandi, è avviato a perdere competitività.

 

Le più recenti indagini sull’andamento dell’industria pugliese nel primo semestre dell’anno in corso (cfr., in particolare, i due “rapporti” dell’Osservatorio Regionale Banche-Imprese di Economia e Finanza) evidenziano ora un’interruzione della crescita (manifatturiero), ora un peggioramento dei risultati (costruzioni), confermando, così, le previsioni di incertezza formulate a fine 2000 dagli stessi imprenditori.
Per quanto riguarda il secondo semestre, gli analisti sono portati a ritenere, anche in considerazione degli effetti degli attacchi terroristici dell’11 settembre scorso, che, almeno in una prima fase, tale tendenza al rallentamento potrà perdurare.

Nonostante tutto, però, gli imprenditori, interpellati al riguardo, nutrono fondate speranze di ripresa, non mancando di sottolineare che, se non si dovesse superare in tempi ragionevolmente “brevi” l’attuale stato d’impasse, la situazione d’incertezza potrebbe aggravarsi.

Pur con i limiti insiti in ogni sforzo di sintesi, mi pare si possa dire che attualmente:
• le imprese pugliesi denotano crescenti difficoltà nel perseguire un posizionamento competitivo più efficace sui mercati interni e, soprattutto, di ampliare la loro presenza sui mercati internazionali in maniera sufficiente a compensare il calo della domanda interna;
• le imprese di media dimensione (tra i 51 e i 250 addetti) registrano risultati favorevoli e quelle di dimensioni maggiori (oltre 250 addetti) sono caratterizzate da andamenti ancora più positivi. Accusano, invece, un rallentamento le piccole imprese del manifatturiero, con l’eccezione rappresentata da quelle della provincia di Lecce che, sfruttando il posizionamento favorevole sui mercati esteri, confermano la tendenza alla crescita di produzione e di fatturato già riscontrata lo scorso anno.

Se questo è il panorama dell’industria pugliese del 2001, ritengo sia interessante evidenziare taluni aspetti del quadro evolutivo nazionale, che consentono di meglio inquadrare gli eventi regionali.
«Ci colpisce che, rispetto a dieci anni fa, i principali punti di forza e di debolezza del modello produttivo nazionale si siano estremizzati. E’ diminuita la dimensione media di impresa. E’ aumentata la specializzazione tecnologica e commerciale nei comparti tradizionali. Si è aggravata la debolezza dei settori dove prevalgono grandi dimensioni, economie di scala, contenuto tecnologico…
Il declino dell’industria grande e media è nocivo alla crescita e alla competitività, perché dimensione aziendale, innovazione e sviluppo economico tendono a muoversi insieme. La grande innovazione industriale nasce da un tipo di ricerca che è prerogativa della grande impresa, non della piccola: circa l’80% della ricerca industriale italiana si fa in imprese con oltre 500 addetti, mentre non si fa quasi nulla al di sotto dei 50 addetti…» (Padoa-Schioppa).
Il nodo è questo: il nostro sistema produttivo, proprio per la perdita di “peso” delle imprese medio-grandi, è avviato a perdere competitività. Esso da un lato va incentrandosi sempre più su industrie a bassa intensità tecnologica e dall’altro la diminuzione di ricerca non permette ricadute positive, se pur indirette, sulle piccole industrie, che sempre si sono distinte per la loro capacità di modificare e diffondere le innovazioni prodotte dalla grande impresa.
L’anomalia del presente è fin troppo evidente. Non so se un fattore di riequilibrio può essere individuato nell’aspetto dimensionale. In senso contrario andrebbero ricordati taluni “ostacoli” [nel rimanere piccoli si possono sfruttare alcuni vantaggi competitivi esterni (minori oneri fiscali e contributivi, minori vincoli normativi, rapporti di lavoro meno problematici) e interni (finanza e direzione d’azienda sono i due campi minati che spesso inducono a preferire la piccola dimensione)]. L’alternativa per la piccola e media impresa potrebbe essere rappresentata dalla strada dei consorzi e dei distretti industriali.
Credo che questi siano i nodi che sono chiamati a sciogliere gli industriali pugliesi; in particolare quelli piccoli e medi.
Personalmente sono convinto che sapranno dare risposte e trovare soluzioni adeguate e dico questo perché già in passato hanno dato prova in tal senso, se si considera il cammino da loro compiuto nell’arco di dieci anni, dal quale emergono luci e ombre.
Le prime: se dieci anni fa molti si dimostravano scettici sulle capacità effettive delle nostre piccole e medie imprese di poter “sopravvivere” agli effetti che sarebbero derivati dall’unificazione europea (1.1.1993), con l’abbattimento delle frontiere tra i dodici Paesi della comunità, la realtà odierna smentisce “a posteriori” i pessimisti di allora e ci fa prendere atto con soddisfazione che le aziende pugliesi, nonostante tutto, sono ancora vive e operanti, pur se non mancano, come si è visto, motivi di preoccupazione.

Come sottofondo di questa realtà, aleggia nei nostri imprenditori la convinzione, dieci anni fa quasi inesistente, di doversi rimboccare le maniche e “fare da sé”, andando al di là degli strumenti di sostegno o incentivo alle loro attività.
Un bravo dunque agli imprenditori pugliesi, che sono stati capaci di operare i rapidi cambiamenti imposti dalla nuova realtà, anche se, e qui veniamo alle ombre, vi sono molteplici criticità (mercato del lavoro più efficiente, miglioramento del grado di cultura d’impresa e dello stesso imprenditore, maggiori investimenti in formazione, spinta ai processi di internazionalizzazione, miglioramento di marketing e vendite, innovazione, carenza di infrastrutture, ecc.) che non ci possono fare indulgere nell’autocompiacimento, ma bisogna “andare oltre”.
Molto dipende dagli imprenditori stessi: se sino ad oggi sono stati bravi a cambiare, puntando soltanto sulle proprie forze, dovranno esserlo ancor di più domani, puntando a superare la logica degli orticelli, dell’egoismo cieco e della diffidenza.
Ci sono risorse e opportunità (ad esempio, per quanto riguarda l’innovazione, molto spesso riduciamo alla sola “posta elettronica” lo sfruttamento delle potenzialità offerte da Internet): si tratta di metterle a frutto!
Gli imprenditori pugliesi, ne sono convinto, sapranno fare il grande salto di qualità e di mentalità che i tempi richiedono.

   
   
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