Il nostro sistema produttivo,
proprio per la perdita di peso delle imprese medio-grandi,
è avviato a perdere competitività.
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Le più recenti indagini sullandamento dellindustria
pugliese nel primo semestre dellanno in corso (cfr., in particolare,
i due rapporti dellOsservatorio Regionale Banche-Imprese
di Economia e Finanza) evidenziano ora uninterruzione della
crescita (manifatturiero), ora un peggioramento dei risultati (costruzioni),
confermando, così, le previsioni di incertezza formulate
a fine 2000 dagli stessi imprenditori.
Per quanto riguarda il secondo semestre, gli analisti sono portati
a ritenere, anche in considerazione degli effetti degli attacchi
terroristici dell11 settembre scorso, che, almeno in una prima
fase, tale tendenza al rallentamento potrà perdurare.
Nonostante tutto, però, gli imprenditori, interpellati al
riguardo, nutrono fondate speranze di ripresa, non mancando di sottolineare
che, se non si dovesse superare in tempi ragionevolmente brevi
lattuale stato dimpasse, la situazione dincertezza
potrebbe aggravarsi.
Pur con i limiti insiti in ogni sforzo di sintesi, mi pare si possa
dire che attualmente:
le imprese pugliesi denotano crescenti difficoltà
nel perseguire un posizionamento competitivo più efficace
sui mercati interni e, soprattutto, di ampliare la loro presenza
sui mercati internazionali in maniera sufficiente a compensare il
calo della domanda interna;
le imprese di media dimensione (tra i 51 e i 250 addetti)
registrano risultati favorevoli e quelle di dimensioni maggiori
(oltre 250 addetti) sono caratterizzate da andamenti ancora più
positivi. Accusano, invece, un rallentamento le piccole imprese
del manifatturiero, con leccezione rappresentata da quelle
della provincia di Lecce che, sfruttando il posizionamento favorevole
sui mercati esteri, confermano la tendenza alla crescita di produzione
e di fatturato già riscontrata lo scorso anno.
Se questo è il panorama dellindustria pugliese del
2001, ritengo sia interessante evidenziare taluni aspetti del quadro
evolutivo nazionale, che consentono di meglio inquadrare gli eventi
regionali.
«Ci colpisce che, rispetto a dieci anni fa, i principali punti
di forza e di debolezza del modello produttivo nazionale si siano
estremizzati. E diminuita la dimensione media di impresa.
E aumentata la specializzazione tecnologica e commerciale
nei comparti tradizionali. Si è aggravata la debolezza dei
settori dove prevalgono grandi dimensioni, economie di scala, contenuto
tecnologico
Il declino dellindustria grande e media è nocivo alla
crescita e alla competitività, perché dimensione aziendale,
innovazione e sviluppo economico tendono a muoversi insieme. La
grande innovazione industriale nasce da un tipo di ricerca che è
prerogativa della grande impresa, non della piccola: circa l80%
della ricerca industriale italiana si fa in imprese con oltre 500
addetti, mentre non si fa quasi nulla al di sotto dei 50 addetti
»
(Padoa-Schioppa).
Il nodo è questo: il nostro sistema produttivo, proprio per
la perdita di peso delle imprese medio-grandi, è
avviato a perdere competitività. Esso da un lato va incentrandosi
sempre più su industrie a bassa intensità tecnologica
e dallaltro la diminuzione di ricerca non permette ricadute
positive, se pur indirette, sulle piccole industrie, che sempre
si sono distinte per la loro capacità di modificare e diffondere
le innovazioni prodotte dalla grande impresa.
Lanomalia del presente è fin troppo evidente. Non so
se un fattore di riequilibrio può essere individuato nellaspetto
dimensionale. In senso contrario andrebbero ricordati taluni ostacoli
[nel rimanere piccoli si possono sfruttare alcuni vantaggi competitivi
esterni (minori oneri fiscali e contributivi, minori vincoli normativi,
rapporti di lavoro meno problematici) e interni (finanza e direzione
dazienda sono i due campi minati che spesso inducono a preferire
la piccola dimensione)]. Lalternativa per la piccola e media
impresa potrebbe essere rappresentata dalla strada dei consorzi
e dei distretti industriali.
Credo che questi siano i nodi che sono chiamati a sciogliere gli
industriali pugliesi; in particolare quelli piccoli e medi.
Personalmente sono convinto che sapranno dare risposte e trovare
soluzioni adeguate e dico questo perché già in passato
hanno dato prova in tal senso, se si considera il cammino da loro
compiuto nellarco di dieci anni, dal quale emergono luci e
ombre.
Le prime: se dieci anni fa molti si dimostravano scettici sulle
capacità effettive delle nostre piccole e medie imprese di
poter sopravvivere agli effetti che sarebbero derivati
dallunificazione europea (1.1.1993), con labbattimento
delle frontiere tra i dodici Paesi della comunità, la realtà
odierna smentisce a posteriori i pessimisti di allora
e ci fa prendere atto con soddisfazione che le aziende pugliesi,
nonostante tutto, sono ancora vive e operanti, pur se non mancano,
come si è visto, motivi di preoccupazione.
Come sottofondo di questa realtà, aleggia nei nostri imprenditori
la convinzione, dieci anni fa quasi inesistente, di doversi rimboccare
le maniche e fare da sé, andando al di là
degli strumenti di sostegno o incentivo alle loro attività.
Un bravo dunque agli imprenditori pugliesi, che sono stati capaci
di operare i rapidi cambiamenti imposti dalla nuova realtà,
anche se, e qui veniamo alle ombre, vi sono molteplici criticità
(mercato del lavoro più efficiente, miglioramento del grado
di cultura dimpresa e dello stesso imprenditore, maggiori
investimenti in formazione, spinta ai processi di internazionalizzazione,
miglioramento di marketing e vendite, innovazione, carenza di infrastrutture,
ecc.) che non ci possono fare indulgere nellautocompiacimento,
ma bisogna andare oltre.
Molto dipende dagli imprenditori stessi: se sino ad oggi sono stati
bravi a cambiare, puntando soltanto sulle proprie forze, dovranno
esserlo ancor di più domani, puntando a superare la logica
degli orticelli, dellegoismo cieco e della diffidenza.
Ci sono risorse e opportunità (ad esempio, per quanto riguarda
linnovazione, molto spesso riduciamo alla sola posta
elettronica lo sfruttamento delle potenzialità offerte
da Internet): si tratta di metterle a frutto!
Gli imprenditori pugliesi, ne sono convinto, sapranno fare il grande
salto di qualità e di mentalità che i tempi richiedono.
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